Il Mali è uno di quei paesi di cui il 90% dei “nostri” politici stenterebbe a lungo a indicare l’ubicazione su un mappamondo. Eppure, “bisogna intervenire!”. Perché? Ma per fermare l’orribile offensiva dei fondamentalisti islamici, diavolo!
Ci saremo, dicono i ministri della Difesa e degli Esteri perché non possiamo lasciare soli i francesi e i loro alleati africani. Ci saremo con qualche aereo e una ventina di istruttori, ma ci saremo. Poi tranquillizzano i soliti pacifisti sputasentenze e guastafeste: non si tratta di riportare il colonialismo in quella regione disgraziata, si tratta, al più, di collaborare ad un’operazione di “polizia internazionale”, proteggendo le popolazioni locali dagli energumeni jiahdisti. Le fisime anti-interventiste fanno solo perdere tempo. A quest’ora i terroristi islamici sarebbero già a festeggiare nelle piazze della capitale Bamako, riempiendosi la pancia di coca-cola, se l’esercito francese non fosse già intervenuto, dunque poche chiacchiere.
Quello che non riescono a farci capire, forse perché si spiegano male, è perché, una volta ancora, l’urgenza si riconosce solo sul piano militare. Perché per una popolazione che è fra le più povere al mondo nessun governo abbia avvertito l’urgenza di far qualcosa. Prima.
Com’è noto le spedizioni militari hanno un costo altissimo, ma ai governi , italiano compreso, sembra che l’urgenza giustifichi tutto. Se un anno fa qualcuno si fosse azzardato a proporre la costruzione di ospedali e scuole gratuitamente, nelle principali città del Mali, lo avrebbero mangiato vivo. Avrebbe avuto voglia di agitare l’urgenza di una miseria che sbarra alla maggioranza della gente di quel paese ogni speranza di un futuro migliore. Non si può, gli avrebbero spiegato con commiserazione, sarebbe bello, certo,ma non si può. Ci sono ragioni di budget.
Sarebbe costato molto di meno di qualsiasi intervento militare e avrebbe, con il miglioramento delle condizioni di vita, tolto il terreno sotto i piedi ai movimenti islamisti. Già, ma vuoi mettere andare laggiù con gli stivaloni e rimettere a nuovo un esercito sbrindellato che domani potrebbe comprarci qualche cacciabombardiere?
Tutti i gruppi parlamentari, presi dal ben più impegnativo fronte elettorale, si sono detti d’accordo per l’appoggio logistico alle operazioni militari. Siamo di nuovo in guerra, ma se si domanda in giro non lo sa nessuno.