Il grave infortunio del 3 Marzo scorso, accaduto alle porte di Pinerolo, dove hanno perso la vita due cantonieri, è stato presentato dai media e dalla stampa locale quasi come un ordinario incidente dovuto alla disattenzione dell’autista, a bordo di un compattatore, che li ha investiti e che di fatto è stato denunciato per omicidio stradale.
Il fatto però che mancassero altri cantonieri a segnalare i lavori in corso o il dettaglio che un operaio dello smaltimento rifiuti di 60 anni non dovrebbe stare alla guida di un compattatore da solo, non sono stati presi in considerazione, come se i cittadini non si accorgessero di quanto siano precarie le condizioni di lavoro tanto dei cantonieri (sempre in pochi, con barriere protettive spesso montate di fretta e insufficienti a tutelare le persone al lavoro dai veicoli che passano pericolosamente a fianco) quanto quelle degli operatori ecologici, esposti sempre di più al pericolo a causa della forte riduzione di organico degli ultimi decenni, all’aumento dell’età media dei lavoratori ((causata, come ovunque, dall’aumento dell’età pensionabile degli ultimi anni). La categoria dei cantonieri della città Metropolitana di Torino era già stata coinvolta in altri gravi incidenti di cui alcuni mortali (uno dei 2 lavoratori deceduti, anni fa era già rimasto gravemente ferito in un altro incidente analogo) ed erano già state fatte le dovute denunce e segnalazioni ma evidentemente non sono state prese le adeguate misure per prevenire le tragedie. Questo incidente, esattamente come le decine di morti (e migliaia di persone stremate) del settore socio-sanitario rimaste vittime dei pesanti turni di lavoro, per insufficienza del personale, durante la pandemia, sono fortemente indicative (si potrebbe dire che siano la punta dell’iceberg) di quanto siano peggiorate le condizioni di lavoro anche nel settore pubblico. Eppure rivediamo i signori dei tagli e delle privatizzazioni occupare le stesse posizioni di potere, come se niente fosse, e a riproporre le stesse soluzioni, addolcite qua e là dal miraggio del recovery fund, ma sempre con l’ottica che il settore pubblico (e chi ci lavora) deve restare subordinato agli interessi del settore privato……costi quel che costi. La reazione della dirigenza e dell’amministrazione della città metropolitana (che si è limitata alle promesse di rimborso delle spese funebri ai familiari delle vittime) è stata una triste fotocopia degli encomi fatti per i medici e gli infermieri morti in servizio, con richiami al grande spirito di squadra di questi uomini tragicamente morti nell’adempimento del loro lavoro che svolgevano con passione. Certo, nessuno nega che tantissimi lavoratori svolgano le loro mansioni con passione e dedizione, ma a maggior ragione non devono essere lasciati soli e poco tutelati di fronte a pericoli estremi. Gli encomi post-mortem non riportano in vita le persone e non risolvono la piaga sociale della mancanza di sicurezza nei posti di lavoro. E’ ora di pretendere, di dire “adesso basta”, di chiedere con forza il potenziamento delle misure preventive, l’aumento massiccio dell’organico nei servizi pubblici e una drastica riduzione dell’età pensionabile (in modo particolare per chi svolge attività usuranti). Soprattutto è ora di ricominciare a lottare, diffondendo come una mantra il fatto che vogliamo “lavorare meno, in sicurezza e lavorare tutti”.
Corrispondenza Torino