Chi sono i veri garantiti

Tra gli argomenti tornati di moda per dividere i lavoratori c’è quello della divisione tra garantiti e non garantiti. Una campagna giornalistica e “culturale” strisciante accomuna imprenditori e operai del settore privato, tutti egualmente esposti, si dice, alle tempeste del mercato. Dall'altro lato della barricata starebbero i dipendenti pubblici. Senza dirlo esplicitamente, si fa passare il messaggio che gli operai del settore privato non hanno niente in comune con i lavoratori statali o delle aziende pubbliche, e che, di conseguenza, chi lavora in un’impresa privata dovrebbe scodinzolare dietro al proprio datore di lavoro, magari appoggiandone le rivendicazioni di ulteriori agevolazioni fiscali, esenzioni e provvidenze varie. La rappresentazione della società così dipinta vede nel garantito una specie di zavorra parassitaria che ostacolerebbe lo zampillare dell’energia creatrice dei nostri eroi dell’imprenditoria.

Ma le cose non stanno così: nell’insieme degli uomini e delle donne che hanno come principale o unica fonte di reddito quella che ottengono da una prestazione di lavoro subordinato, alcuni possono aver avuto la relativa “fortuna” di un impiego in un ufficio statale o in un’azienda municipalizzata, ma di fronte all’organizzazione capitalistica della società sono dei “venditori di forza-lavoro", né più né meno come i loro compagni delle imprese private. Non solo: il peggioramento delle condizioni contrattuali di lavoro colpisce tutte le categorie, spesso trasformandone le caratteristiche. Oggi, un numero enorme di operatori di enti pubblici, ospedali, scuole, comuni, è assunto con contratti a tempo determinato quando non è alle dipendenze di ditte e cooperative. Il precariato, quindi, si è allargato a tutti i settori e si allarga sempre di più.

Ecco che la rivendicazione di tutele di fronte al pericolo della disoccupazione, del lavoro precario e della miseria diventa un interesse collettivo di tutto il mondo del lavoro salariato. I garantiti veri sono quel 3% degli italiani adulti, che detiene il 34% della ricchezza nazionale. Sono quelli che possono anche chiudere la fabbrica di famiglia, mandando a spasso i propri dipendenti, perché i profitti accumulati per decenni si sono trasformati in patrimoni ingenti che consentiranno loro una vita agiata anche in vecchiaia e ai loro figli di bighellonare e sperperare senza nemmeno far finta di cercarsi un’occupazione. I veri parassiti e le vere zavorre sociali bisogna saperli riconoscere. Senza farsi fuorviare dalla sociologia da quattro soldi di giornalisti e intellettuali altrettanto parassitari e altrettanto garantiti.

R. Corsini