Chi è il nemico in casa nostra

Propaganda pesantissima a costo zero, una farsa ignobile sulla pelle degli immigrati, costretti assurdamente a prolungare a rischio della vita i loro viaggi alla ricerca di un futuro. Così il Governo “del cambiamento” cambia in peggio, trascinandosi dietro un Paese disorientato, pronto ad adottare il nuovo nazionalismo alla Salvini, come la soluzione più semplice dei propri problemi.


E’ un espediente vecchio come il mondo, adottato più volte nella storia – basti pensare ai vari capri espiatori, indicati via via dal potente di turno al volgo ignorante, per evitare che dirigesse le sue ire verso il vero colpevole della propria miseria. Da che mondo è mondo è la soluzione più semplice: così anche oggi i cialtroni che si sono ritrovati nelle mani la guida politica del Paese non trovano niente di meglio che indicare nei più deboli e impossibilitati a reagire i bersagli da colpire, riscuotendo un doppio, anzi un triplo risultato: convincere i più che il loro problema risiede nell’immigrazione dei più disgraziati della terra; fare la voce grossa dimostrando di avere i muscoli per risolverlo, il loro problema; rinfocolare il vecchio arnese del nazionalismo, un mezzo sempreverde buono soprattutto nei tempi difficili, per convincere la gente che il nemico non è in casa nostra, è fuori. Anzi, il nemico in questo caso è proprio chi sta ancora peggio. Finalmente - si sente dire spesso di questi tempi – finalmente abbiamo qualcuno che si fa valere, ci voleva qualcuno che facesse rispettare l’Italia in Europa! Respingere – o, più esattamente, provare a respingere i migranti – equivarrebbe quindi a costringere l’Europa a fare i conti con la forza dell’Italia… Se vogliamo, allora, il risultato diventa addirittura quadruplo: con spesa zero, la Lega di Salvini consola i più con qualche illusione e si appresta a surclassare gli alleati di Governo, i gonzi pentastellati, che si erano allargati a elargire promesse mirabolanti molto difficili da mantenere…difatti ci sta riuscendo, come hanno dimostrato i recenti risultati delle elezioni amministrative.

E quindi, adesso, cosa ci dovremmo aspettare? Basterà forse dirottare qualche nave con poche centinaia di persone in qualche altro porto d’Europa, per innalzare oltre la soglia di povertà gli oltre 5 milioni di persone in povertà assoluta in Italia? Nonostante il lieve accenno di ripresa registrato negli ultimi anni, si tratta del dato più alto registrato dall’ISTAT dall’inizio della registrazione delle serie storiche, nel 2005. L’incidenza della povertà assoluta nel 2017 è stata del 6,9% per le famiglie e dell’8,4% per gli individui: entrambi i dati in aumento rispetto al 2016. Sono poveri assoluti coloro che non possono affrontare la spesa mensile sufficiente ad acquistare beni e servizi considerati essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile, cioè a dire abitazione adeguata all’ampiezza del nucleo familiare, riscaldata, dotata dei servizi essenziali, alimentazione adeguata, minimo necessario per vestirsi, per i trasporti, per l’istruzione, per la salute. In poche parole, secondo l’ISTAT un adulto dai 18 ai 59 anni che vive solo dovrebbe disporre almeno di una cifra che va dai 560,82 euro se vive nel Mezzogiorno agli 826,73 euro se vive in un’area metropolitana del Nord, e dato che si tratta di una cifra infima è facile immaginare cosa significhi non disporre nemmeno di una cifra simile. Ancora più grave è la constatazione che l’incidenza della povertà assoluta è maggiore quanto più è bassa l’età della persona di riferimento in famiglia. Sotto i 35 anni si arriva al 9,6% di famiglie in povertà assoluta. Ma l’incidenza della povertà assoluta tra gli individui stranieri si attesta addirittura al 32,3%, e tra le famiglie di soli stranieri arriva al 29,2%, con una drammatica punta del 40% nel Sud.

Il fatto è che se il PIL si è alzato dello 0,9% nel 2016 e dell’1,5% nel 2017, ma la povertà assoluta è aumentata, questo aumento di ricchezza da qualche parte deve essere andato...e come abbiamo visto, non certo nelle tasche degli immigrati stranieri. Nemmeno nelle tasche dei lavoratori, si potrebbe aggiungere, né stranieri né italiani, dato che l’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie con persona di riferimento operaia è quasi tripla rispetto ai nuclei con persona di riferimento in pensione, e questo la dice lunga sulle condizioni di lavoro. Come chiosa con cattolica saggezza il quotidiano della Santa Sede “L’Avvenire” del 27 giugno: “Nelle società moderne la crescita del PIL non è di per sé sufficiente a far emergere dalla miseria chi si ritrova ai margini (…) La marea, quando anche si alza, non fa automaticamente galleggiare meglio tutte le barche”. E’ vero: né quelle dei migranti, né quelle della classe operaia. Quelle dei padroni, sicuramente sì.

Aemme