C’e chi lucra e chi paga

Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti, Cariferrara …ancora non sono cessati i rumori sui fallimenti degli istituti finanziari e sulle conseguenze piovute in testa ai malcapitati risparmiatori, che giungono le novità sulle cosiddette Good Bank, o meglio su quanto rimane delle banche, opportunamente ripulite dai crediti fasulli


E’ di questi giorni l’inchiesta dell’ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore Ferruccio De Bortoli, circa le presunte pressioni esercitate dall’ex Ministro (oggi sottosegretario alla presidenza) Maria Elena Boschi affinché Unicredit acquistasse Banca Etruria, salvandola dal fallimento. Come si sa, manager dell’istituto bancario in questione era il padre dell’onorevole piddina.

I particolari ovviamente ci sfuggono, e con ogni probabilità ci sfuggiranno anche in futuro. Quel che è certo è che per anni furono impunemente appioppati a incauti risparmiatori prodotti finanziari a rischio, senza che fosse chiarito quanto a rischio fossero, e senza che il rischio fosse compensato – dato che i presunti investimenti rendevano né più né meno dei titoli ordinari. Di più: spesso furono taroccati i profili di investimento dei clienti, facendo di semplici pensionati gente in condizione di rischiare in tutto o in parte il proprio capitale.

Per la prima volta in Italia, il Governo ha disposto che a salvare le banche coinvolte sarebbe intervenuto in parte il sistema bancario, e in parte sarebbero stati direttamente i clienti con i loro risparmi. Il risultato sono stati gruppi di gente invelenita per essere stata imbrogliata e disperata per aver perso i propri soldi, un caso di suicidio, cause giudiziarie per rientrare in possesso almeno di parte del maltolto, richieste di indennizzo allo Stato, etc.

Naturalmente nessuno, nemmeno Consob (l’organismo di controllo delle Banche) o la Banca d’Italia aveva rilevato alcunché di irregolare nei lunghi anni in cui gli amministratori delle banche fallite sottraevano con destrezza i loro beni a chi si fidava di loro. Non parliamo qui degli speculatori di professione, che in definitiva hanno perso solo una piccola parte del loro capitale, ma di quel migliaio di piccoli risparmiatori che hanno visto davvero il loro gruzzolo andare in fumo.

In ogni caso, dopo il fallimento, le società sono state depurate dai loro crediti in sofferenza costituendo delle “bad company”, cattive cioè, e rimettendo in piedi le parti “sane”. Ubibanca si è aggiudicata di recente proprio la cosiddetta parte sana, “good”, di tre delle Banche (Etruria, Marche, Carichieti). E immediatamente dopo ha aggiornato il piano industriale, chiarendo in pratica a chi avrebbe indirizzato il conto dei costi. Così lo descrive La Repubblica Economia dell’11.5.17: “Ubi Banca prevede di tagliare di circa un terzo il personale delle tre good bank acquistate definitivamente ieri per la cifra simbolica di un euro: entro il 2020 la banca vuole ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti attraverso una contrazione dell’organico di 1569 risorse [sì, proprio così: risorse] (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative […] Un insieme di informazioni che piace al mercato, che acquista a piene mani l’azione”.

La Borsa festeggia e incassa, mentre per 1569 “risorse”, spersonalizzate come se non si trattasse nemmeno di esseri umani, si apre un futuro pieno di incertezze. E’ una rappresentazione plastica di ciò che è avvenuto e avviene sui circuiti finanziari mondiali. Manager, amministratori e speculatori lucrano mettendo in piedi il disastro. Il conto arriva direttamente alla classe lavoratrice, in termini di perdita delle proprie sostanze o del proprio lavoro.

Aemme