ELEZIONI REGIONALI IN FRANCIA
I risultati delle elezioni regionali in Francia sono stati uno schiaffo per Sarkozy e il suo governo. I voti della sinistra hanno dato la vittoria al Partito socialista in 21 regioni su 22, tanto più facilmente che, da parte loro, molti elettori della destra si sono astenuti per esprimere il loro malcontento verso questo governo. Ma quali saranno le conseguenze di questa "vittoria della sinistra"?
I rappresentanti della destra, costretti di riconoscere che queste elezioni sono state un biasimo del governo e della la sua politica, ripetono che "hanno recepito il messaggio" ma aggiungono subito che proseguiranno la cosiddetta "politica di riforme". Il che significa che il governo continuerà di prendere i soldi nelle tasche di chi ne ha pochi -salariati, disoccupati, pensionati- per darli a chi ne ha già molti.
Allora, a parte la breve soddisfazione di vedere il governo così sconfessato, che cosa cambierà nella sorte dei lavoratori di Francia dopo il risultato di queste elezioni?
Certo, pressoché tutti i consigli regionali saranno diretti dalla sinistra, ma lo erano già prima. E i consigli regionali non sono stati questi "bersagli" che, secondo i dirigenti del Partito Socialista, avrebbero protetto i ceti più poveri delle conseguenze della crisi. Nessun consiglio regionale li ha protetti contro i licenziamenti, l'aumento della disoccupazione e i provvedimenti del governo contro i diritti dei lavoratori.
I partiti della sinistra parlamentare gridano vittoria e già preparano le prossime scadenze elettorali che sono l'elezione presidenziale e le elezioni politiche del 2012. Una cosiddetta "sinistra solidale"
sta emergendo, raggruppando il Partito socialista, gli ecologisti e il Fronte di sinistra, che è una coalizione del Partito comunista francese con dei socialisti dissidenti, e già viene evocata la prospettiva di una vittoria della sinistra nel 2012. Ma c'è davvero qualcosa da aspettarsene ?
Il ricordo del periodo del governo di Mitterrand o del governo di "sinistra plurale" del socialista Jospin non è così lontano da avere dimenticato che, dopo la soddisfazione di avere mandato a casa l'odiato governo della destra, era venuta la delusione di vedere la sinistra riprendere al proprio conto la stessa politica della destra. E il disorientamento dell'elettorato di sinistra aveva poi alimentato la crescita dell'estrema destra xenofoba e anti-operaia del Fronte Nazionale di Le Pen, che oggi riprende un po' di forze.
Passate le elezioni, la crisi continua e si aggrava, come negli altri paesi. La grande borghesia sa che, in un tale periodo, potrà mantenere l'alto livello dei profitti solo con l'aggravare lo sfruttamento nelle imprese e a patto di ottenere dal governo di togliere sempre più soldi dai servizi pubblici, dalle pensioni, dalla previdenza sociale, per darli ai capitalisti. Questo promette più licenziamenti, più disoccupazione, meno salario e condizioni di lavoro peggiorate.
Lo Stato continuerà a sopprimere posti di lavoro con la mancata sostituzione di quelli che vanno in pensione, anche a costo di aggravare sia la disoccupazione che il degrado della sanità, dei trasporti pubblici e della pubblica istruzione.
Il prossimo colpo sarà per le pensioni. Progettando di aumentare l'età della pensione, il governo aggrava una situazione già aberrante in cui si costringono i lavoratori anziani a rovinarsi al lavoro sempre di più, mentre il loro figli rimangono disoccupati.
Ciò che sarà determinante nell'avvenire non sarà il nome o l'appartenenza politica del futuro presidente, sarà l'evolversi della crisi e il rapporto di forze tra il padronato e i lavoratori. La borghesia non lascerà che i suoi profitti e redditi siano compromessi da un cambiamento della maggioranza elettorale. E la "sinistra solidale" non affronterà il gran padronato più di quanto hanno osato in passato l'Unione delle sinistre o la Sinistra plurale.
Più che mai, il saluto per le classi popolari non verrà dalle scadenze elettorali ma dalla loro capacità di reagire ai colpi che ricevono. Il malcontento è importante ed è stato testimoniato, tra le altre cose, dall'importanza delle manifestazioni della giornata sindacale del 23 marzo. Ma è chiaro che questo tipo di giornata di protesta non sarà sufficiente per cambiare il rapporto delle forze con il grande padronato. Per questo ci vorrà una mobilitazione crescente, trascinando sempre più lavoratori, una mobilitazione abbastanza esplosiva da ispirare alle classi possidenti un timore salutare per i loro profitti e anche per i loro capitali.
Questa mobilitazione sarà necessaria, in Francia come negli altri paesi, per rovesciare il rapporto di forze e costringere i capitalisti a pagare loro stessi le spese della crisi che hanno provocata.
I RISULTATI DI LUTTE OUVRIÈRE (LOTTA OPERAIA)
Le liste di Lutte Ouvrière (Lotta Operaia) hanno raccolto 204370 voti e l'1,09% su scala nazionale. Anche se questi risultati sono deboli, comunque è importante che la corrente comunista partecipi a tutte le elezioni che sono alla sua portata, fosse solo per non lasciare il monopolio della politica ai partiti della borghesia. Ma è altrettanto importante sottolineare che la rinascita di una corrente autenticamente comunista non passerà tramite le urne. Il credito non si conquista nelle elezioni ma nelle lotte sociali.
Lutte Ouvrière aveva scelto di intervenire in queste elezioni per esprimere una politica e per difendere obiettivi che corrispondano alle interessi dei lavoratori in una situazione segnata dalla crisi e dagli attacchi della borghesia contro i lavoratori. Si trattava di propagandare l'idea della lotta per il divieto dei licenziamenti, la ripartizione del lavoro tra tutti senza diminuzione di salario, e della necessità per i lavoratori di imporre il loro controllo sui conti e i soldi dei padroni. Un programma che dovrà essere quello delle lotte future.
E oltre questa elezione particolare, appena fatta e appena dimenticata, si trattava di cogliere questa occasione politica per affermare la presenza delle idee comuniste e così contribuire a fare rinascere un partito che riprenda la bandiera che il partito socialista e il partito comunista, uno dopo l'altro, hanno abbandonata da tanto tempo.