Per quanto un giorno gli studenti di storia si stupiranno divertiti di come un tipo come Marchionne sia stato preso sul serio da tanta gente, questo è accaduto veramente. In particolare, a suo tempo, fu presa sul serio “Fabbrica Italia”, ovvero un’insalatona di buone intenzioni patriottiche condite con aria fritta che quasi tutto il mondo politico e sindacale prese per oro colato. Nessun serio impegno, niente di scritto, niente di vincolante. Ma tanto bastò. Il Marchionne divenne il campione della modernità contro l’arretratezza rappresentata da quella parte dei lavoratori sindacalizzati che continuavano a difendere dei diritti minimi. I diritti furono triturati e, in cambio, si è avuta cassa integrazione e chiusura di impianti.
Ora il manager con il maglioncino rivela candidamente che “Fabbrica Italia” è obsoleta, vecchia, superata. Perché? Perché c’è la crisi. Ma il mirabolante “fabbrica Italia” era stato lanciato in piena crisi, nell’estate del 2010, ed era stato presentato proprio come un miracolo di genialità proprio perché c’era la crisi.
La Fiat-Chrysler è una multinazionale e ragiona come tale, spiega Marchionne. Di fronte al terremoto di polemiche seguito alle sue esternazioni, in realtà più da esponenti dell’imprenditoria che da quelli del sindacato, il “salvatore della Fiat” si è affrettato a promettere che, in ogni caso, terrà conto dell’Italia. C’è da scommettere che qualche grullo ci crederà ancora.