Beko Europe: Ristrutturazione e licenziamenti

La Beko Europe, lo scorso 21 novembre, ha prospettato un piano industriale che prevede l’eliminazione di quasi duemila posti di lavoro nei suoi vari stabilimenti in Italia. Questa multinazionale turca è un vero e proprio colosso nella produzione di elettrodomestici e appartiene alla holding Arcelik, controllata per più della metà delle sue azioni dalla famiglia Koç.

Lo scorso aprile, dopo un accordo con l’americana Whirlpool e rilevandone l’attività, la Arcelik fondò la Beko Europe, con stabilimenti in tutta Europa. In quei giorni, il governo e i suoi reggicoda gridarono al successo del ministro dell’industria, Urso, che aveva finalmente risolto una vertenza, quella appunto della Whirlpool che si trascinava da anni.

Ma il successo del ministro è durato poco. A novembre, la direzione della Beko, in un primo tavolo di confronto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (questo è il nome pomposo con cui il governo Meloni ha ribattezzato il ministero dello sviluppo economico) ha presentato il suo piano industriale, che prevedeva la chiusura di due stabilimenti e l’eliminazione di quasi duemila posti di lavoro su 4400 dipendenti.

La direzione aziendale ha assunto da subito un atteggiamento “collaborativo” concordando di stabilire, assieme ai sindacati e al governo le prossime tappe di questa vicenda.

Di “tavolo” in “tavolo” al ministero delle imprese, dopo scioperi e manifestazioni, l’azienda è arrivata ad approntare un nuovo piano, un po’ meno duro ma altrettanto inaccettabile, per i sindacati e i lavoratori. La vertenza continua.

La vicenda della Beko si avvia a somigliare a tante altre, in un quadro generale che vede, a inizio anno, 106.000 posti di lavoro in pericolo per la varie crisi aziendali.

I sindacati, in fin dei conti, per quanto facciano dichiarazioni incendiarie, non hanno nessuna vera strategia di lotta. Si limitano, come sempre, a recitare la parte dell’ala sinistra del governo, con proposte che sono l’eco delle posizioni ministeriali. Sembra che le lezioni del passato non insegnino niente e che le direzioni sindacali si ostinino a reclamare “piani industriali”, investimenti, ecc.

Né la dimensione internazionale della ristrutturazione Beko (tre stabilimenti già chiusi tra Polonia e Gran Bretagna) li smuove dal loro localismo, giunto al ridicolo per lo stabilimento di Siena, con 300 dipendenti minacciati dalla chiusura dell’impianto, i cui operai sono stati fatti sfilare con le pettorine marchiate con lo stemma della città.

Quando un’azienda manifesta l’intenzione di “razionalizzare” la produzione, una volta accertato che non si tratta soltanto di un espediente per prendere soldi dallo Stato e continuare tutto come prima, i lavoratori possono soltanto lottare per ridurre al minimo i danni, tenendo bene presente che la cosa fondamentale da salvaguardare è il salario, perché non si vive di discorsi. Da questo discende tutto il resto: occupare, mantenere e presidiare tutti gli stabilimenti del gruppo impedendo in tutte le maniere all’azienda di portare via i macchinari. Rivendicare una riduzione dell’orario a parità di salario proporzionata alla riduzione del carico di lavoro. Puntare sull’impegno scritto da parte dell’azienda di mantenere il rapporto di lavoro per il più lungo tempo possibile. Ottenere, con impegni scritti e come ultima soluzione, la ricollocazione in aziende analoghe della zona e mantenendo lo stesso trattamento economico.

È certo che enunciare degli obiettivi è una cosa e ottenerli è un’altra, molto dipende da quanto gli stessi lavoratori sono disposti a lottare. Ma è sicuro che affidarsi al ministero, al comune, alla regione e magari anche al vescovo, è una posizione rinunciataria in partenza sul piano ideale e fallimentare sul piano dei risultati pratici.

Gli operai di Siena e degli altri siti non sono solo “una parte importante del territorio”, sono soprattutto una parte della classe operaia. Un successo della loro lotta sarà molto più probabile se riusciranno a coordinarsi con gli altri lavoratori del gruppo Beko.

Corrispondenza Toscana