Non solo Fiat: in tutta Europa i padroni dell'automobile sono all'offensiva contro i lavoratori. In tutte le fabbriche la crisi e le minacce di licenziamenti sono il pretesto per ricattare i lavoratori e imporre più flessibilità e meno salario.
In Francia la PSA – Peugeot – Citroën prevede la soppressione di 8000 posti di lavoro e la chiusura della fabbrica di Aulnay, vicino a Parigi, che conta più di 3000 operai. Nel Belgio la Ford ha annunciato ai primi di novembre la chiusura della sua fabbrica di Genk con 4500 lavoratori.
In Spagna la Renault approfitta della forte disoccupazione per fare accettare un accordo capestro nelle sue fabbriche di Palencia, Valladolid e Siviglia, limitando l'aumento dei salari al 50% dell'indice dei prezzi, imponendo tre giorni supplementari di lavoro e turni di lavoro su sette giorni. In Francia la stessa Renault vorrebbe imporre la mobilità totale tra le sue fabbriche della zona ovest e della zona est del paese.
Così i lavoratori potranno essere mandati da una fabbrica ad un'altra a 400 km di distanza. La Renault dice che in cambio potrebbe impegnarsi a “non chiudere fabbriche in Francia nonostante un mercato europeo senza prospettiva di crescita all'orizzonte strategico 2016”.
Si direbbe che a scrivere sia stato Marchionne!
Così i ricatti imposti in un gruppo ispirano i padroni degli altri gruppi, sempre con lo stesso obiettivo: si tratta comunque di approfittare della crisi e della minaccia della disoccupazione per imporre ai lavoratori aumenti di produttività e salari al ribasso. Invece questi capitalisti ricchi a miliardi non parlano mai di diminuire i dividendi pagati agli azionisti.
La crisi la devono pagare quelli che l'hanno provocata: i capitalisti, e non i lavoratori che, se si uniscono, possono e devono imporre il divieto dei licenziamenti e la ripartizione del lavoro fra tutti a parità di stipendio.