Ancora una tragedia sul lavoro nel porto di livorno

Il 5 settembre nel porto di Livorno è morto un giovane marittimo filippino mentre lavorava alla murata di una nave da crociera. Nella triste classifica dei morti sul lavoro, i marittimi non sono certamente l’ultima categoria. Il 25 giugno, in occasione della Giornata mondiale del marittimo, il segretario nazionale della Uil Trasporti diceva: “Negli ultimi anni si sta registrando una vera e propria strage di marittimi, che non conosce tregua”. I mesi successivi non hanno fatto che confermare questa affermazione. Di seguito riportiamo la presa di posizione di un delegato sindacale della Cgil del porto di Livorno con la quale concordiamo pienamente.


A poco più di quattro mesi dal tragico incidente a bordo del Moby Kiss, il Porto di Livorno conta oggi un altro infortunio mortale.

Un Marittimo filippino è morto a seguito di una caduta in mare.

L'incidente è avvenuto a bordo della"Vision of the Seas", nave da crociera della Royal Caribbean International.

Prima di poter parlare di sicurezza occorre fare un ampio monitoraggio di quelli che sono oggi i contesti lavorativi e operativi a bordo delle navi da crociera.

Quello delle crociere è un grandissimo business in costante crescita per le Compagnie armatoriali, i Tour operators, e per tutte quelle attività commerciali che gravitano intorno a questo "mondo".

Un "mondo" nel quale vengono venduti a prezzi abbordabili finto lusso, divertimento alienato e confort che di solito si trovano nella parte superiore delle gigantesche navi, mentre nei piani "bassi", di solito sotto il livello dell'acqua, si pratica uno sfruttamento selvaggio della manodopera, dell'equipaggio.

Profitti che vengono realizzati attraverso l'abbattimento del costo della manodopera e il mancato rispetto dei diritti e dei livelli minimi di tutela e di dignità dei lavoratori, impiegati spesso in lavori umili e rischiosi. Ecco di quale "mondo" stiamo parlando.

Eccoli i lavoratori invisibili, un "mondo" nel quale si lavora sette giorni su sette, spesso dodici o quattordici ore al giorno, con contratti a tempo determinato e salari da fame; situazioni che trasformano persone in automi obbedienti alla ferrea regola del "lavorare e tacere".

Filippini o indonesiani che per poter lavorare a bordo di queste navi sono costretti a pagare di tasca propria corsi di primo soccorso e antincendio.

Di controlli da parte delle Autorità competenti in questi contesti non se ne parla, e navigare per i mari del mondo con gli "schiavi" a bordo aiuta le Compagnie multinazionali del settore sempre e comunque a farla franca...

Solo la soppressione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo può evitare tragiche morti sul lavoro come quella di oggi.

E. B.