I dirigenti della Fiat, o meglio della Fiat Chrysler Automotive (FCA) sono noti per avere fatto del ricorso alla cassa integrazione e ai contratti di solidarietà una pratica abituale. Così a dicembre è stata firmata la proroga del contratto di solidarietà per il reparto carrozzeria della Fiat Mirafiori a Torino, che coinvolge circa 2700 lavoratori. Vi si è aggiunta a gennaio la proroga del contratto di solidarietà per 1453 lavoratori dello stabilimento Maserati di Grugliasco, nella periferia torinese, anche lui parte della FCA. Anche alla Fiat di Termoli nel Molise, un contratto di solidarietà sarà in vigore per 1676 lavoratori per il periodo dal 27 gennaio al 2 agosto.
Tale contratto significa che l'azienda s'impegna a mantenere l'occupazione dei lavoratori teoricamente almeno al 40% dell'orario contrattuale, mentre l'INPS compensa all'80% la retribuzione persa. Si dice che si fa "lavorare meno per lavorare tutti" per evitare licenziamenti e consentire all'azienda, per un tempo limitato, di attraversare un periodo di crisi, anche questo teoricamente.
In realtà, da tempo per la Fiat parlare di crisi aziendale è diventato un procedimento normale, che permette di fare pagare all'Inps una parte dei salari. Invece di spartire i carichi di lavoro tra i vari stabilimenti, in funzione delle capacità di produzione e della forza lavoro, fa pagare l'INPS. Infatti, sia quell'istituto che i poteri pubblici sono pronti ad accettare tutti i ricatti della Fiat. Se non li accettassero, sarebbero probabilmente accusati di essere responsabili dei licenziamenti e di un'eventuale crisi sociale.
Al tempo stesso questo serve a fare pesare sui lavoratori la minaccia permanente del licenziamento, un ricatto per fargli accettare le condizioni di lavoro e d'orario e un salario diminuito. Il loro unico torto è di non essere degli azionisti, ma di essere dei lavoratori, cioè quelli che hanno fatto e continuano di fare la ricchezza del gruppo FCA. Infatti, gli azionisti per incassare parte di questa ricchezza non hanno bisogno di fare niente. Per il 2019 e nel contesto della fusione di FCA con il gruppo PSA Peugeot-Citroën, a loro sarà distribuito un dividendo speciale di 5,5 miliardi di euro, più un dividendo ordinario di 1,1 miliardo. Vi si aggiungono ancora 2 miliardi di dividendi che sono la "remunerazione" della cessione della Magneti Marelli, un'operazione che ha fruttato complessivamente 6,2 miliardi. Totale, gli azionisti per il 2019 incassano 8,6 miliardi. Exor, la holding della famiglia Agnelli che conta per il 29% nel capitale FCA dovrebbe quindi incassare 2,5 miliardi, quasi il terzo di questa ricchezza che non è prodotta dal nulla, ma dal lavoro dei dipendenti del gruppo nel 2019 e in precedenza.
Per i lavoratori si alternano periodi di disoccupazione e periodi di lavoro. A Torino Mirafiori alcune centinaia di loro, probabilmente considerati indesiderati per non avere mai chinato la testa, sono rinchiusi in un reparto confino, senza possibilità di contatto con i lavoratori degli altri reparti, a cui si chiede più produttività e di accettare ritmi insostenibili e condizioni pericolose.
Queste condizioni possono avere gravi conseguenze come è avvenuto a Grugliasco a fine novembre, dove un'operaia si è sentita male ed è morta poco dopo in ospedale. Alla Mopar di None, vicino a Torino, che gestisce i ricambi dei marchi Fiat, un operaio è morto mentre lavorava in magazzino. Alla Sevel di Atessa il 3 gennaio un operaio è morto schiacciato da un supporto di ferro mentre eseguiva una manutenzione: nel gruppo FCA la serie dei morti sul lavoro non si ferma.
La FCA incassa i profitti, ed anche le sovvenzioni dello Stato e dell'INPS. Può e deve assicurare un salario completo e dignitoso a tutti i suoi dipendenti, e condizioni di lavoro sostenibili e non pericolose. I lavoratori e le loro condizioni devono passare prima degli azionisti!
Corrispondenza Torino