Poste di fronte all’urgenza di agire, di muoversi, di mettersi in gioco, le masse popolari non sono il gregge passivo che sociologi e politologi sono abituati a dipingere. L’anno appena trascorso è iniziato con le grandi manifestazioni antifasciste e antimilitariste a Berlino e ha visto movimenti di tipo insurrezionale in Asia, come nel caso del Nepal, dove masse di giovani si sono ribellate al governo, incendiando il parlamento e inseguendo i ministri corrotti anche in casa loro.
L’abbiamo vista, questa disponibilità a mettersi in gioco in prima persona, con le proteste contro il genocidio dei palestinesi di Gaza, culminate in Italia con le grandi manifestazioni e gli scioperi tra settembre e ottobre. Lo abbiamo visto in Francia con le mobilitazioni contro la “riforma” delle pensioni e di nuovo in Italia con la lotta, tuttora in corso, dei siderurgici.
Quella che è mancata è la diffusione di un orientamento rivoluzionario, cioè profondamente e radicalmente anticapitalista, in questi movimenti. Senza questo orientamento, tutte le proteste vengono inevitabilmente riassorbite nell’ambito dell’ordine capitalistico. Oppure diventano lo strumento di una delle correnti della borghesia in lotta tra loro per contendersi il potere.
Questo rimane il problema numero uno per il progresso dell’umanità e si traduce operativamente nella necessità di costruire partiti operai realmente comunisti e rivoluzionari e una nuova Internazionale proletaria.
Questi partiti e questa Internazionale non ci sono ancora, e questo fatto, da solo, definisce il compito principale dei militanti rivoluzionari in tutto il mondo: concentrare la propria azione nei tentativi per costruire questi partiti, che non dovranno essere apparati burocratici più o meno grandi, né copie in piccolo dei vecchi partiti stalinisti che hanno a lungo avvelenato il movimento operaio. Occorrono invece organizzazioni, che basino la propria tattica sulle acquisizioni più importanti dell’elaborazione marxista, con una forte presenza nella classe lavoratrice e in grado di essere riconosciute da questa come loro espressione politica.
I portavoce “intellettuali” del capitale continuano a ripetere da generazioni che il marxismo è morto e che il comunismo è un’idea del passato. Eppure, generazione dopo generazione, intorno alle idee comuniste si radunano giovani, lavoratori, si formano raggruppamenti e correnti politiche.
Ci sono persone che non ci stanno a dare per scontato e “naturale” il sistema capitalistico e a considerarlo l’ultima e definitiva tappa dello sviluppo umano. Ci sono persone per cui il comunismo rimane, con le parole di Marx, una causa di tutta l’umanità. Questo insieme di militanti e attivisti, impegnati o meno in organizzazioni politicamente ben definite, rappresenta uno dei pochi punti di forza che la rivoluzione di domani mantiene nel tempo di oggi.
I disastri che l’organizzazione capitalistica della società continua a produrre generano naturalmente nelle masse una richiesta di spiegazioni, una voglia di comprendere che non possono essere soddisfatte dagli esponenti politici e intellettuali asserviti al capitale. Il ritorno delle forme più aperte e violente del dominio capitalistico, anche nell’ambito dei paesi tradizionalmente liberali e “democratici”, contribuisce d’altro canto al venire meno di molte illusioni su chi realmente detenga il potere in questi paesi.
Le guerre, le repressioni, le sopraffazioni che si moltiplicano in tutto il pianeta mostrano che tutto un sistema di potere, condiviso e replicato in ogni Stato, è nemico dell’umanità. Al vertice di questo potere c’è la grande borghesia industriale e finanziaria, affiancata e talvolta fusa con la grande burocrazia e i grandi manager di Stato. Questo ordine sociale lascia al grosso della popolazione, e specialmente ai lavoratori la “libertà” di farsi sfruttare, mentre prepara loro il terreno alla “libertà” di farsi macellare – dove questo già non accade – per difendere in ogni paese il diritto di un manipolo di ricconi a perpetuare o aumentare i propri privilegi.
I comunisti, da Marx in poi, non credono di poter fare rivoluzioni a loro piacimento perché sanno che queste possono avvenire solo grazie a determinate circostanze storiche. Ma una politica comunista è possibile sempre, purché esista una voce organizzata che la porti avanti.
R. Corsini