Acciaierie di piombino - Una proroga interminabile

A due mesi dalla manifestazione del 29 giugno e dalla successiva firma del cosiddetto “Addendum” - ennesima dilazione delle scadenze per la ripartenza delle acciaierie di Piombino - come volevasi dimostrare…niente di quanto pattuito è stato realizzato


Ancora una volta le attese si sono rivelate illusorie. I lavoratori di Piombino avevano provato a ridestare l’attenzione sulla loro situazione con il corteo del 29 giugno scorso, che aveva bloccato la statale 398 all’altezza del Gagno, fermando il traffico con code fino a Venturina, e stavolta senza acconsentire alle richieste della Polizia di rimuovere il blocco. Dalle 10 di mattina i lavoratori hanno insistito fino al primo pomeriggio, finché il sindaco Giuliani non ha assicurato di aver conferito con il Ministro del Lavoro Poletti, promettendo almeno altri 18 mesi di ammortizzatori sociali. Il giorno dopo, al Ministero dello Sviluppo economico, si è svolto l’incontro con Cevital e sindacati per fare il punto sulla situazione, in vista della scadenza del biennio di tutela concesso in virtù della legge Marzano dopo il subentro della proprietà Cevital. Il biennio comprendeva un periodo di vigilanza sotto il controllo del commissario Piero Nardi, e la sua scadenza autorizzava più di un dubbio sul comportamento futuro della proprietà, compresi i timori di licenziamento senza tutele economiche.

L’accordo scaturito dall’incontro, pomposamente battezzato “Addendum”, non ha fatto che rinviare ulteriormente la necessità di affrontare la realtà. Già le premesse non erano delle migliori. La situazione alle Acciaierie di Piombino, a due anni dall’intervento dell’impresa algerina, non si può dire migliorata, anzi. La produzione di barre e vergella è ferma da dicembre, quella di rotaie funziona soltanto quando c’è la disponibilità economica per pagare la materia prima da laminare, cioè a singhiozzo. Di forni – elettrici o no – non si è vista nemmeno l’ombra, inesistenti le altre attività promesse da Rebrab.

Con queste basi, non si poteva mettere insieme molto di concreto. Per quanto non si sappia cosa ci sia scritto esattamente in questo “Addendum”, si conosce quello che è stato fatto circolare sulla stampa: prolungamento fino al 30 giugno 2019 del periodo di sorveglianza da parte degli organi di amministrazione straordinaria, con le conseguenti tutele per i lavoratori. Quanto alla proprietà, nessuna risoluzione del contratto per inadempienza, ma la concessione di ulteriori proroghe, con una serie di impegni da parte di Cevital: ripresa della laminazione rotaie ad agosto, barre e vergella a ottobre; inizio delle bonifiche, con smantellamento degli impianti più piccoli entro settembre e assegnazione degli ordini per lo smantellamento di quelli più grandi entro ottobre, con fine lavori ottobre 2019. Inoltre: l’ennesimo impegno ad avviare le attività agroalimentari e di logistica entro sei mesi dall’approvazione del piano industriale per l’impianto siderurgico, e l’impegno a cercare entro ottobre i finanziamenti o un altro partner.

Viene da pensare che al Ministero abbiano confidato nell’estate, periodo di stanca in cui far dimenticare promesse e ritardi. Fatto sta che alla fine di agosto la fabbrica è completamente ferma, la ripartenza del treno rotaie già rimandata all’11 settembre, e probabilmente è un altro abbaglio… tutti gli altri interventi diventano di settimana in settimana sempre più improbabili. In più, è difficile pensare che sia proprio Rebrab a portare a Piombino un partner disposto a metterci i soldi di cui lui non dispone.

Ormai se ne sono convinti anche i Sindacati, e in particolare le RSU, rendendo pubblica la loro posizione e poi convocando il Consiglio di fabbrica per il 28 agosto. Di fatto però non sono andati più in là di una nuova richiesta di incontro urgente al Ministero dello Sviluppo Economico per la risoluzione per inadempienza del contratto con Cevital.

Che Rebrab non sia più (e d’altra parte non sia mai stato) “l’uomo dell’anno” è chiaro a tutti, anche se ci sono voluti oltre due anni. Più difficile dire se e da quale altro padrone verrà sostituito. Nel corso degli ultimi mesi si sono rincorse le voci che davano di volta in volta interessati gli indiani di Jindal o i britannici di British Steel. Di chiunque si tratti, comunque, è difficile che abbia intenzione di garantire la stessa produzione e di assicurare la medesima occupazione delle acciaierie prima dello spegnimento dell’altoforno. Il Governo stesso non sembra particolarmente interessato a garantire la produzione siderurgica a Piombino; tutt’al più a tacitare i lavoratori elargendo uno stillicidio di ammortizzatori sociali per impedire le punte più alte di malcontento. L’ironia della storia è che lo stia facendo proprio il Governo di ciò che resta del “gran partito”, per decenni autodefinitosi paladino degli interessi operai, e riferimento politico principale di queste zone. Nonché, al momento, titolare di un consistente bacino elettorale.

Ciò non impedisce il lento scivolamento in una fase di stallo che rischia di diventare irreparabile.

Ormai molti sono convinti che si tratti di una morte lenta.

Corrispondenza Piombino