L'attacco nel maggio 1937 alla Telefonica, la centrale telefonica di Barcellona, tenuta dagli anarchici della CNT (Confederazione nazionale del lavoro – sindacato rivoluzionario anarchico) e dai i militanti del POUM (Partito operaio d'unificazione marxista), segnò una svolta tragica della rivoluzione in Spagna. Questa era cominciata un po' meno di un anno prima, nel luglio 1936, sulla scia della reazione congiunta dei lavoratori delle città e dei contadini poveri contro il colpo di Stato militare di Franco sostenuto dalla quasi-totalità dello Stato maggiore.
Da un anno, milioni di donne e di uomini avevano reagito, prendendo le armi, occupando le imprese, gli edifici amministrativi. All’avanguardia del processo rivoluzionario fu la Catalogna, una delle regioni più industriali del paese, e la sua capitale: Barcellona. Con alla loro testa le organizzazioni operaie maggioritarie, principalmente i militanti anarchici della CNT, i lavoratori organizzavano la vita della loro zona, della loro regione.
Ma i dirigenti del cosiddetto campo repubblicano, nazionalisti catalani, socialisti del PSOE e Partito comunista stalinista, non volevano saperne di un potere derivato da un sollevamento rivoluzionario della classe operaia. Si prefissero di schiacciarlo militarmente, senza tante esitazioni. In questo inizio di maggio 1937, i dirigenti del governo catalano, con tutte le sue componenti politiche, scelsero di disarmare i gruppi di lavoratori organizzati che avevano preso nelle mani il potere nella città e nella regione.
I repubblicani, i socialdemocratici e gli stalinisti avevano in comune la volontà di imporre una battuta d'arresto allo slancio rivoluzionario. Il loro compito fu facilitato dall'atteggiamento dei dirigenti anarchici della CNT. Non osando opporsi a quelli che incarnavano il partito dell'ordine, ossia il partito repubblicano, si inchinarono col pretesto di “non rompere l'unità”. I dirigenti del POUM, un'organizzazione marxista che faceva riferimento al bolscevismo e ai suoi legami passati con Trosky, fecero la stessa cosa. Con questo cedimento, aiutarono la sconfitta di una rivoluzione che avevano contribuito ad organizzare.
L'attacco fu una dimostrazione di forza, come volevano coloro che ne avevano preso l'iniziativa. La Telefonica, nelle mani dei lavoratori, era un simbolo che i sostenitori del cosiddetto ordine repubblicano volevano abbattere. Il commissario all'ordine pubblico, il capo delle forze di polizia della città, era uno stalinista. Alla testa di un gruppo di guardie, tentò prima di impadronirsi della centrale telefonica, ma gli occupanti si difesero. A quel punto tutti i lavoratori di Barcellona scesero in sciopero e si raccolsero attorno alla Telefonica. Barricate furono alzate e gli operai diventarono padroni della città. I ministri anarchici Garcia Oliver e Federica Montseny arrivarono allora in fretta da Valencia, in aereo, per chiedere ai lavoratori di cessare lo scontro e di arrestare una guerra fratricida. I dirigenti della CNT di Barcellona accettarono di arrendersi in nome della riconciliazione tra lavoratori e governo. “Che imperi l'armonia tra noi”, dissero.
Il campo repubblicano ed il governo catalano avevano raggiunto il loro traguardo. Il governo repubblicano di Valencia inviò allora 5.000 guardie civili per ristabilire l'ordine a Barcellona. Contemporaneamente eliminarono i comitati, disarmarono operai e contadini, chiusero i locali delle organizzazioni operaie.
Il governo di Fronte popolare mostrava così la sua vera natura. Voleva ristabilire il suo ordine, un ordine che non era altro che l'ordine borghese. Allo stesso tempo, con l'appoggio di Stalin e degli stalinisti, pugnalava la rivoluzione disarmando la classe operaia fisicamente, ma soprattutto moralmente e politicamente, in nome della priorità data alla lotta militare contro le truppe di Franco. In realtà apriva la strada che avrebbe consentito al Caudillo di imporre per quasi quarant'anni la sua sanguinante dittatura.
H. M.