Il 20 agosto 1940, Lev Trotskij veniva assassinato da un agente di Stalin in Messico, il paese che dal 1937 gli aveva dato asilo.
Stalin cercava in quegli anni di eliminare i comunisti rivoluzionari, innanzitutto in Unione sovietica ma anche al di fuori dei suoi confini. Stalin agiva come rappresentante politico di una burocrazia che si era accaparrata il potere conquistato dai lavoratori russi durante la rivoluzione del 1917. La guerra civile imposta al giovane potere dei Soviet da parte dei contro-rivoluzionari tra il 1918 ed il 1920 aveva esaurito la classe operaia al punto di renderla incapace di esercitare il potere. Da gran parte dell'apparato sovietico nacque una burocrazia sempre più autonoma. Quest'ultima finì coll'esercitare una dittatura, tanto più selvaggia in quanto temeva che la classe operaia ritrovasse un giorno la sua energia rivoluzionaria e potesse porre fine a questo dominio dei burocrati.
Lenin aveva tentato di opporsi a tale evoluzione e, dopo la sua morte nel 1924, Lev Trotskij rappresentò il campo dei comunisti rivoluzionari che lottavano perché i lavoratori esercitassero democraticamente il potere in URSS e continuassero a battersi per conquistarlo nel mondo.
In quanto dirigente dell'opposizione di sinistra alla burocrazia, Trotskij fu allontanato dal potere a metà degli anni ‘20, come molti altri militanti bolscevichi. Fu escluso dal partito comunista russo nel 1927, deportato l'anno successivo come molti, ed espulso dall'URSS nel 1929. Dal 1936, Stalin fece fucilare nel corso di grandi purghe quei militanti rimasti fedeli alla rivoluzione d'ottobre ed al leninismo, veterani di prima del 1917, combattenti della guerra civile o giovani rivoluzionari della nuova generazione.
In esilio in Turchia, poi in Francia, in Norvegia e alla fine in Messico, Trotskij cercò di far vivere la minoranza del movimento comunista che non si rassegnava allo stalinismo e di darle una politica.
Trotskij criticava non soltanto la dittatura della burocrazia staliniana che soffocava i lavoratori in URSS, ma anche la politica che Stalin faceva adottare all'Internazionale comunista, la Terza internazionale, fuori dell'URSS. In situazioni diverse, ma in cui il proletariato poteva assumere un ruolo politico decisivo, gli apparati staliniani sabotarono le possibilità rivoluzionarie. Inviarono la classe operaia cinese al macello nel 1925-1927, tradirono lo sciopero generale inglese del 1926, disarmarono il proletariato tedesco di fronte al pericolo nazista all'inizio degli anni ‘30. E poi fecero di tutto per fare abortire l'ondata di scioperi del maggio-giugno 1936 in Francia e misero i lavoratori al rimorchio dei democratici borghesi durante la rivoluzione spagnola.
In tutte queste situazioni, Trotskij propose una politica rivoluzionaria alla classe operaia e cercò di preparare una nuova direzione. Ma il riflusso continuò ad approfondirsi.
All'avvicinarsi della guerra, Stalin non poteva lasciare sopravvivere la bandiera vivente rappresentata da Trotskij. Vent'anni dopo il 1917, quello che era stato il dirigente di due rivoluzioni, l'organizzatore ed il capo dell'Armata rossa conservava un grande credito. Quindi Stalin lo fece assassinare.
In riferimento a ciò che Trotskij rappresentò, alla sua battaglia di comunista rivoluzionario contro lo stalinismo, al suo ruolo di continuatore della tradizione rivoluzionaria del movimento operaio, ci appelliamo sempre al trotskismo e facciamo nostra la prospettiva di ricostruzione di un'Internazionale comunista, la Quarta Internazionale di cui Trotskij stesso aveva piantato la bandiera poco prima del suo assassinio.
L.D.