15 ottobre, l’Europa (e oltre) in piazza

Centinaia di migliaia di persone, in tutta Europa e perfino oltreoceano, a New York davanti a Wall Street, manifestano contro quello che cominciano a individuare come il loro “nemico”: banche, sistema finanziario, sistema di sfruttamento capitalistico. Anche se, per ora, non è chiaro con quanta consapevolezza e con quali obiettivi per il futuro.

Molto attesa, si è tenuta la prima giornata europea degli “indignati”, che ha visto una grande partecipazione nelle piazze di tutta Europa, e dovunque un bisogno diffuso di dimostrare insofferenza, frustrazione e spesso rabbia nei confronti di un sistema che condanna all’insicurezza e alla povertà innanzi tutto le giovani generazioni. Giovane era infatti la maggioranza dei partecipanti anche al corteo di Roma, moltissimi gli studenti e i lavoratori precari. Per una gran parte di loro era la prima volta, per quasi tutti il sentimento comune che si percepiva era lo sdegno e la ribellione a un sistema riconosciuto come ingiusto e disumano.

Ma provando ad approfondire un po’ il discorso, non era difficile rendersi conto che il tratto più caratteristico della manifestazione, l’indignazione appunto, priva di orientamento e di obiettivi, è una caratteristica che da sola rischia di costituire non una forza, ma una debolezza per il movimento. Molti ragazzi sembravano fieri di non appartenere a nessuno schieramento politico, e di non avere in testa nessuna idea precisa né del modello di società che vorrebbero raggiungere, né di una qualsiasi forma organizzativa possibile per farlo, anzi di non avere idea del futuro, a parte un vago ideale di giustizia sociale, di pace e lavoro. La forma stessa del corteo, una fiumana indistinta con pochi spezzoni organizzati, senza bandiere e con pochi striscioni, era quasi la rappresentazione plastica di questo disorientamento, di una rabbia forte e profonda che non trova sbocco in una forma cosciente e organizzata.

Questo vuoto, l’assenza di partiti politici che molti ragazzi rivendicano con orgoglio, in realtà esiste solo nella fantasia di qualcuno. Ci sarà sicuramente chi provvederà a riempire questo vuoto immaginario con parole interessate, che possono far ripiegare il movimento su se stesso, privarlo di contenuto, ridurlo a semplice sfogo. Farne, ad esempio, interminabile argomento di talk show, dove si dibatte per settimane della violenza di giovani facinorosi anziché delle ragioni dei manifestanti.

Proprio l’illusione di non essere strumentalizzati, può rendere più facilmente vulnerabili. Prendere in mano il proprio destino non è la stessa cosa che regalarlo - senza neanche rendersene conto - a chi ci sfrutta. Dar fuoco a un’auto o a un cassonetto può avere come risultato un tizio senza macchina, un quartiere che non saprà dove buttare la spazzatura, qualche ragazzo in galera, ma non avvicinerà di un minuto la fine di questa organizzazione sociale. Se c’è una sola possibilità, non è nella protesta generica, e questo ovviamente vale per tutti, a maggior ragione per l’immensa maggioranza che ha semplicemente sfilato in corteo.

Infine, c’è anche un risvolto grottesco. L’ironia della storia, anche se di una storia dalle dimensioni piccole come i suoi personaggi, ha rispolverato le prodezze di alcuni autorevoli rappresentanti della stampa e della scena politica nazionale, che hanno presidiato gli organi mediatici gonfi di vibrante sdegno morale. C’è stato chi si è preso la briga di riproporre, sui giornali e in tivvù, una serie di revivals dei tempi passati: si sono rivisti Giuliano Ferrara alle prese con picconi e bastoni in piazza, Luca Liguori che maneggiava con disinvoltura una molotov casalinga; si è ricordato che l’attuale Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, era a Milano quando, durante una manifestazione non autorizzata dei neo-fascisti del MSI, una molotov uccise l’agente di Polizia Antonio Marino; e molto più di recente, nel 1989, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno insieme a Gasparri arringava la folla durante una manifestazione non autorizzata contro l’arrivo in Italia di Bush padre, impresa che gli valse all’epoca l’inseguimento e l’arresto; infine, si è sentito rammentare che anche l’attuale Ministro dell’Interno Maroni rischiò grosso nel 1996, quando aggredì due rappresentanti delle forze dell’ordine giunti a perquisire la sede milanese della Lega.

Nell’insieme, si ha un’idea abbastanza chiara di quanto siano attendibili per questi personaggi l’accorato sdegno e la ferma condanna “di ogni azione di violenza”: sicuramente sono un buon pretesto per ostacolare la protesta imponendo di versare, prima di ogni manifestazione, una somma a garanzia di ipotetici danni. Per una manifestazione di 100.00 persone farebbero 215.000 euro: una bella sommetta per permettersi il lusso di protestare. Certo, disponendo di un patrimonio consistente non ci sarebbero preoccupazioni. La proposta è del Ministro Maroni, e una volta approvata tradurrebbe nei fatti il concetto di libertà di manifestazione, e più in generale quello dei diritti borghesi, mai conquistati una volta per tutte: se mai qualcuno dovesse scordarselo.

Aemme