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Periodico comunista

Quale modello sociale è responsabile dei morti e delle distruzioni in Romagna ?

L’alluvione che ha colpito la Romagna ha causato almeno 14 morti e distruzioni che si aggireranno, a conti ultimati, sul miliardo di euro.

Come avviene puntualmente, in occasione delle sempre più frequenti alluvioni ed esondazioni, saltano fuori tutte le carenze, le incompetenze, la corruzione, le truffe, le criminali negligenze dei vari governi, centrali e regionali, che si sono succeduti fino ad oggi.

Una scorsa ai quotidiani ci dice, per esempio, che l’Emilia Romagna è una delle regioni più cementificate d’Italia, con il 9% del suolo impermeabilizzato. Una situazione che non è soltanto un’eredità del passato se, come si può leggere sul Fatto del 19 maggio, questa regione, nel 2021, si è collocata al terzo posto per incremento del consumo di suolo “con oltre 658 ettari ricoperti, pari al 10,4% del consumo nazionale dello stesso anno”.

In un’intervista pubblicata dalla Stampa del 18 maggio, il noto meteorologo Luca Mercalli parla di “ignoranza voluta”, perché nonostante le montagne di articoli, rapporti, pubblicazioni che documentano il cambiamento climatico e gli esiti catastrofici del surriscaldamento dell’atmosfera, non si fa nulla o quasi. Posto che devono essere limitate le emissioni dei vari gas serra, rimane il problema, di un’urgenza più immediata, di rendere l’ambiente in cui viviamo il più possibile resiliente, come si usa dire, agli eventi atmosferici estremi. Che cosa suggerisce Mercalli? “Occorre studiare caso per caso, a dimensione di bacino, con tutte le competenze attorno a un tavolo, dagli ingegneri agli agronomi, ai forestali. Poi bisogna abbattere e ricostruire, ma lontano dai fiumi, per carità”. Ma proprio questo è il nodo. Riunire le “competenze”, cioè le competenze scientifiche e tecniche già acquisite dalla società, ha senso solo se queste possono determinare delle decisioni pratiche e concrete. Diversamente sono al massimo un paravento dietro al quale nascondere il nodo vero del problema.

Dall’inizio della rivoluzione industriale a oggi, l’umanità ha conosciuto una straordinaria crescita delle forze produttive. L’uomo, che nei secoli precedenti all’avvento del capitalismo riusciva a produrre solo quanto gli serviva per sopravvivere o poco più, ha moltiplicato per 10, 100, 1000, la propria capacità produttiva. Il problema è che questa capacità è orientata e spinta in avanti dal profitto di una minoranza di proprietari di mezzi di produzione. Ne risulta una società nella quale l’uomo esplica le sue capacità produttive prevalentemente attraverso il sistema delle imprese capitalistiche, le quali, naturalmente, operano solo in vista di un profitto.

Quindi, quando si riuniscono “tutte le competenze”, lo si fa solo nella misura in cui servono direttamente o indirettamente alla macchina economica capitalistica o al controllo sociale delle popolazioni. Così tutte le decisioni che riguardano, come in questo caso, la messa in sicurezza del territorio, nascono già monche o gravemente menomate, dagli interessi dei costruttori che lucrano sui materiali utilizzati, dai poteri centrali e locali che mirano molto più al consenso elettorale immediato che all’efficacia durevole degli interventi, dal sistema delle imprese che rapidamente si dimentica dei danni da queste stesse subiti e punta a succhiare per sé, anche per l’avvenire, il massimo della spesa pubblica possibile.

L’umanità possiede tutte le conoscenze scientifiche e tutte le competenze tecniche per costruire edifici, strade e agglomerati urbani resistenti alle catastrofi naturali e ubicati lontano dai letti dei fiumi e in generale per mettere veramente in sicurezza il territorio dove abita. Naturalmente, anche il mutamento climatico – che oramai tutta la comunità scientifica riconosce, attribuendone la responsabilità all’attività umana – può essere contrastato in tempi non biblici solo se la società tutta intera avrà il diritto e il potere di regolare la produzione seguendo un criterio di interesse collettivo.

Il problema fondamentale è rompere la gabbia dei rapporti capitalistici di produzione che incatenano le forze produttive sociali e quindi impediscono all’umanità di affrontare le conseguenze degli eventi naturali e meno naturali che rischiano di distruggerla.

Anche in questo senso, il comunismo è una causa di tutta l’umanità.

22 Maggio 2023


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