Le eccezionali mobilitazioni dei giorni scorsi, contro lo sterminio del popolo palestinese, hanno incontrato l’ostilità aperta del governo Meloni. Sia la prima ministra, sia i vari esponenti della sua coalizione, si sono espressi con odio, con sarcasmo, con insulti. Questo trattamento è stato poi esteso agli attivisti della Global Sumud Flotilla. Sul loro arresto in acque internazionali Tajani non ha avuto niente da dire.
Cortei e mobilitazioni di massa, per il governo, sono il risultato dell’attività di “mestatori”, di orditori di trame, oppure…direttamente di Hamas.
È normale che sia così: la formazione politica dei gruppi dirigenti di destra è un impasto di fascismo, di nazionalismo becero e di spirito poliziesco, con una buona dose di furbizia democristiana.
Lasciando da parte le farneticazioni dei truci esponenti del governo, tutti hanno potuto constatare, ognuno nella propria città, l’importanza della componente spontanea nelle manifestazioni. Qualcosa si è mosso. In piazza non c’era soltanto chi ci si aspetta di vedere: c’erano molti giovani che manifestavano per la prima volta, c’erano donne e uomini di tutte le età e c’erano i lavoratori.
Ma che cosa ha mosso queste centinaia di migliaia di persone? Prima di tutto lo schifo. Schifo per il massacro di un popolo, che è continuato quotidianamente per due anni. Sempre meno una guerra tra due eserciti e sempre di più un genocidio, nel quale il governo israeliano ha commesso tutti i crimini contro l’umanità che è possibile compiere. Schifo per il contegno rivoltante che i governi “amici d’Israele”, con quello italiano in prima fila, hanno tenuto nei confronti di questo bagno di sangue. Non c’è giorno che non abbiano ripetuto che, anche con qualche eccesso, “Israele ha diritto a difendersi” e che bisogna stare dalla parte dell’ “unica democrazia del Medio Oriente”. Alla fine lo schifo era troppo e la gente ha sentito il bisogno di esprimere la sua protesta, scendendo in piazza in prima persona.
Questo movimento è stato spontaneo, in misura prevalente. Non si può pretendere che, nella sua totalità, superi la sfera dell’emotività nella quale è nato. Ma il dovere dei gruppi e dei militanti marxisti è di mostrare, per così dire, il “film completo” e di ricavarne gli obiettivi per una pace duratura e uno sviluppo sociale che interessi tutta la regione mediorientale.
Quello che definiamo “ordine imperialista” è il precario equilibrio che le grandi potenze riescono a imporre al mondo, schiacciando con la violenza, quando è necessario, chi mette in discussione questo equilibrio. I movimenti nazionalisti come Hamas possono essere messi in riga con relativa facilità perché non rappresentano un serio pericolo sul piano militare. Uccidendo il più grande numero possibile di palestinesi, distruggendo la quasi totalità degli edifici, scuole e ospedali compresi, Israele ha voluto dare una dimostrazione di forza valida per tutto il Medio Oriente. Il messaggio è che nessuno deve sognarsi di mettere in discussione la gerarchia di potenze stabilita dall’asse Stati Uniti-Israele, perché il governo israeliano, con alle spalle Washington, non arretrerà di fronte a nessun crimine per difenderla.
Il cosiddetto “Piano di pace” di Trump, a quanto pare accettato tanto da Hamas quanto da Israele, sarà al massimo una piccola boccata d’ossigeno per la popolazione di Gaza, mentre servirà agli Stati Uniti per stabilire una specie di governatorato su un territorio palestinese.
È difficile che queste siano le premesse per una pace stabile.
La pace si avrà quando il diritto ad una vita senza oppressioni e senza amputazioni di diritti, sarà unanimemente riconosciuta da tutti i popoli della regione a quello palestinese e quando i dirigenti israeliani e quelli palestinesi saranno mandati a casa per costruire una nuova federazione di popoli, sulla base di un’economia socializzata ed escludendo qualsiasi intromissione di organismi, leggi, e tradizioni religiosi nella regolazione della vita pubblica. Solo una grande ondata rivoluzionaria potrà condurre a questo traguardo. Solo l’unità della classe lavoratrice di tutti i paesi mediorientali, compreso Israele, avrà la forza per farlo, se si muoverà sul solco del socialismo marxista.
Per quanto difficile e accidentata, questa è l’unica via.
8 ottobre 2025
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