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Periodico comunista

L’ordine capitalistico gronda del sangue del popolo di Gaza

Qualcosa è cambiato, nelle ultime settimane, nel sentimento comune sul dramma di Gaza. Le manifestazioni si sono fatte più fitte e più partecipate. Gente di solito poco disposta a manifestare in prima persona, ha sfilato nelle vie di tutte le città d’Italia. Lo sciopero generale proclamato dal Sindacato di base (USB) il 22 settembre, non è stato ignorato o denigrato dalla grande stampa come accade di solito, ma addirittura ha avuto più rilievo di quello promosso tre giorni prima dalla CGIL. Sulle pagine de La Repubblica, per esempio, un articolo di Concita De Gregorio si augurava il miglior successo delle manifestazioni organizzate dall’USB. Tutta una parte della borghesia, delle istituzioni, dei ceti solitamente tranquilli e “moderati” si è schierata a favore della popolazione palestinese.

L’indifferenza di massa, coltivata dai partiti di governo, non l’ha avuta vinta. E quando, di fronte all’immane bagno di sangue palestinese, l’indignazione generale ha cominciato a montare, l’esistenza di un movimento favorevole alla popolazione di Gaza, formato prevalentemente di giovani, già attivo e che si era fatto sentire fin dall’inizio delle operazioni di guerra di Israele, ha offerto a questa indignazione l’esempio di una possibile espressione collettiva.

Il governo, da parte sua, nonostante qualche timida presa di distanza da Netanyhau esplicitata dalla Meloni all’assemblea dell’ONU, sembra persistere nel seguire fedelmente la politica americana sulla questione palestinese e sull’appoggio a Israele. Il ministro Crosetto ha inviato una fregata a “scortare” la flottiglia di volontari diretta a Gaza con aiuti alimentari e sanitari, pur mettendo in guardia sulla impossibilità a difenderli in caso di attacco israeliano. Ha parlato di “acque territoriali israeliane”, ma se sono di fronte a Gaza, secondo il diritto internazionale, non sono o non dovrebbero essere israeliane ma palestinesi. Ma questo è un argomento che la diplomazia italiana non ha neanche provato ad utilizzare: ipocrisie, falsità, piccole e grandi viltà che il governo italiano manifesta inevitabilmente dal momento che ostenta orgogliosamente la sua “amicizia” con un criminale patentato e col suo regime.

Detto che il governo italiano e i suoi compari “atlantici” sono complici di Netanyahu, detto che bisogna opporsi allo sterminio di un popolo, c’è bisogno di qualche cosa in più. Bisogna che all’interno del movimento di solidarietà col popolo palestinese si faccia sentire una voce che spieghi, che chiarisca e che indichi una prospettiva. Le organizzazioni che dicono di riferirsi alla tradizione socialista e comunista del movimento operaio hanno il dovere di non accodarsi alle correnti borghesi e piccolo-borghesi che attualmente hanno l’egemonia politica e culturale del movimento pro-palestinese.

La crisi palestinese è figlia della maniera in cui nel sistema capitalistico mondiale, un sistema che da più di un secolo è degenerato in imperialismo, si regolano i rapporti tra Stati e nazionalità diverse. La natura capitalistica di tutti gli Stati rende i contrasti, i conflitti, le crisi militari tutti riconducibili ai profitti. Per meglio dire: al come ogni Stato può garantire le migliori condizioni, il miglior “ambiente” in cui la frazione di borghesia capitalistica nazionale di cui è strumento possa accumulare profitti. Il tentativo di Israele di rafforzare la propria posizione egemonica in Medio Oriente, annichilendo ogni forza che possa contrastarla, corrisponde agli interessi dei banchieri, finanzieri e grandi industriali di quel paese.

Il diritto del popolo palestinese ad avere una propria esistenza nazionale, cioè a non subire discriminazioni di alcun genere e di godere di tutte le libertà democratiche non può essere messo in discussione. Ma il problema fondamentale, posto che l’alternativa è una guerra eterna tra due popoli, è capire che la coabitazione pacifica tra questi popoli potrà risultare solo dall’eliminazione dalla scena di tutte le forze economiche, politiche e religiose che attualmente presidiano il potere in Israele e di quelle che ancora controllano in gran parte il popolo palestinese. La tragedia palestinese non mette in secondo piano la lotta di classe, al contrario ne sottolinea la necessità di sviluppo fino alle conseguenze più rivoluzionarie.
A chi si mobilita, in questi giorni, a fianco della popolazione palestinese, le organizzazioni marxiste devono prospettare la necessità di una lotta contro i governi imperialisti di casa propria, complici dello Stato oppressore di Israele e la prospettiva di una federazione socialista di popoli in Medio Oriente alla quale sono ugualmente interessati il proletariato palestinese e quello israeliano.

28 Settembre 2025

 

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