La manovra finanziaria firmata dal ministro dell’economia, Giulio Tremonti, finalizzata al pareggio di bilancio entro il 2014, è stata approvata in quattro giorni. Un vero miracolo. Non era mai successo.
Il fatto è che, sfruttando il clima di allarme e gli strilli dei mezzi di informazione sulla speculazione ai danni dei titoli di debito pubblico italiano, il governo è riuscito a ottenere il via libera perfino dall’opposizione. I titoli dei giornali del 12 luglio erano allarmanti: “L’Italia sotto tiro”, “Crollo della Borsa”, “Bruciati 16 miliardi”. È ben vero che avere un paio di ministri sotto inchiesta e il capo del governo sotto processo non è esattamente quello che si può definire una bella immagine. Anche il goffo tentativo di infilare nel testo della Finanziaria una norma pensata per consentire alla Mondadori, azienda editoriale di cui è proprietario Berlusconi , di non pagare i 560 milioni di risarcimento alla Cir di De Benedetti , non deve aver contribuito a rafforzare la fiducia degli “investitori” nel governo italiano.
Ma queste e mille altre piccole e grandi porcherie commesse dai rappresentanti della coalizione di governo, cominciando da Berlusconi, sono passate improvvisamente in second’ordine. Di fronte all’attacco della “speculazione internazionale” e di fronte alla telefonata del cancelliere tedesco Angela Merkel al Cavaliere, il senso di responsabilità dei nostri politici di opposizione ha avuto la meglio. La Merkel, in poche parole, ha approvato il testo di Tremonti e ha sollecitato una sua rapida approvazione.
Così, Pierluigi Bersani, segretario del maggior partito di centrosinistra, il PD, ha rinunciato ad ogni forma di ostruzionismo parlamentare, consentendo in pratica la rapida approvazione della manovra finanziaria tanto alla Camera quanto al Senato. Una “straordinaria prova di coesione nazionale”, ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Probabilmente, Bersani e gli altri leader dell’opposizione hanno cercato di fare di necessità virtù, segnalandosi agli ambienti della finanza europea come uomini politici che mettono gli “interessi nazionali” sopra le convenienze di partito. Pagatori seri e affidabili, in poche parole, dai quali i briganti della grande finanza possono avere la garanzia di un puntuale pagamento dei loro crediti. La cosa non è di poco conto anche perché un terzo del debito pubblico italiano si trova nei forzieri delle banche europee.
Inutile dire che il conto di questa manovra da 70 miliardi sarà pagato prevalentemente dai lavoratori e dai ceti popolari: introduzione di nuovi ticket per le visite specialistiche e per i “codici bianchi” del pronto soccorso, tagli indiscriminati alla spesa sociale, allungamento dell’età pensionabile per le donne, eliminazione di una serie di sgravi fiscali per le famiglie, aumento del prezzo della benzina e del gasolio, ecc.
Con la più grande faccia di bronzo, come riportavano le agenzie del 15 luglio, Bersani ha detto: “Questa è una manovra spudoratamente classista, colpisce i deboli e la povera gente, non produce riforme e non fa niente per la crescita. E non ci metterà al riparo dalla tempesta ed infatti oggi gli spread sono tornati alti”. Vero, come è vero che né lui né i suoi colleghi dell’opposizione hanno mosso un dito per ostacolare l’approvazione della manovra. Bisogna anche aggiungere che la cortina fumogena della concordia nazionale ha consentito di eliminare dal testo quei pochi provvedimenti che andavano a intaccare i compensi inverosimili dei professionisti della politica, provvedimenti strombazzati nei giorni precedenti come prova di serietà e coerenza e che sono poi finiti nel nulla di fatto.
I sindacati preannunciano una mobilitazione unitaria immediata…a settembre. Nel frattempo l’Istat ci informa che nel 2010 la condizione di povertà riguardava più di otto milioni di persone. Forse, per tranquillizzare i banchieri che possiedono gran parte del debito pubblico italiano, bisognerà arrivare a quota dieci milioni o forse neanche questo basterà. La zona nera della miseria si allarga sempre di più. Con le chiacchiere sugli spread, sui listini, sugli investitori internazionali, con i progetti per “coniugare rigore e sviluppo”non si mangia. Bisogna conquistarsi il diritto a vivere e a non piombare nella miseria, bisogna imporre un salario minimo vitale per tutte le categorie e adeguate indennità di disoccupazione. Il resto è aria fritta.
19 luglio 2011