In Grecia la crisi ha preso le forme più dure. I diktat della Banca europea si traducono in una politica ferocemente antioperaia. Il governo di unità nazionale, appoggiato in primo luogo dal partito socialista, moltiplica i provvedimenti contro i lavoratori, i pensionati, la massa della popolazione. Questo scatena manifestazioni sempre più dure. L’ordine vacilla. Le ragioni economiche si polarizzano in due campi e in due esigenze semplici: sopravvivenza per la maggioranza della popolazione o mantenimento dell’ordine economico-sociale, ovvero delle posizioni di privilegio delle classi possidenti.
La crisi economica ha prodotto una crisi politica i cui esiti non sono affatto scontati. L’ondata di malcontento può incontrare forze e correnti reazionarie e può divenire, paradossalmente, la base di massa di un governo ancora più antioperaio. Dirottare l’indignazione popolare verso un “nemico esterno” e risvegliare l’orgoglio nazionalista ecco la formula semplice con la quale, da sempre, le classi dirigenti di un paese in crisi cercano di salvarsi dal terremoto sociale. Quello che oggi servirebbe in Grecia è quello che servirebbe nel resto d’Europa: una forza politica, espressione in primo luogo della classe operaia, in grado di assumere la direzione del paese e di imprimere all’economia un carattere completamente nuovo, basato non sul profitto di pochi ma sulla pianificazione razionale delle risorse produttive a vantaggio di tutti.
Per quanto ci si affanni a ripetere che “noi” non siamo come la Grecia, la Grecia rappresenta un condensato e una probabile anticipazione di quanto potrebbe avvenire anche in Italia e nel resto dell’Europa.
Ovunque si stanno ponendo le stesse questioni: i sacrifici richiesti dai governi e dalle banche diventano sempre più insopportabili. E diventa sempre più evidente il contrasto tra lo spirito di sacrificio richiesto ai lavoratori, fino alla “riforma” del mercato del lavoro che si discute in questi giorni, e la sfrenata ricerca di profitti del sistema bancario e finanziario, ricerca che spinge di nuovo banche e gruppi finanziari – che hanno appena ottenuto dalla BCE ingenti quantità di liquidi a tassi dell’1% – a speculare sui mercati internazionali piuttosto che a investire in nuovi impianti industriali.
Il capitalismo sta dimostrandosi impotente a risolvere i problemi che lui stesso ha generato e genera continuamente. L’unica alternativa possibile è la liberazione dell’economia dal peso parassitario delle classi capitaliste. L’unico futuro è nel comunismo.
Conferenza pubblica
(Seduta pubblica della Conferenza d’organizzazione annuale)
sabato 3 marzo 2012, ore 16,30
Circoscrizione 4, via Menasci, 4 (zona ospedale)
17 febbraio 2012
Circolo operaio comunista
L’Internazionale