Da "Lutte de Classe" n°238 – Marzo 2024
La sospensione dei dazi all'importazione dei prodotti ucraini nell'Unione Europea e l'istituzione di "corridoi di transito" per il grano ucraino destinato all'esportazione al di fuori dell'Europa stanno provocando la rabbia degli agricoltori europei, a partire dalla vicina Polonia, dalla Repubblica Ceca e dalla Romania. Gli agricoltori polacchi hanno svuotato i camion di grano sulle strade. Il governo polacco ha chiuso i valichi di frontiera in diverse occasioni. Il presidente francese Macron ha minacciato di reintrodurre i dazi doganali. Queste esportazioni ucraine - che sono diminuite del 50% a causa della guerra e dei blocchi doganali - hanno evidenziato il potere acquisito da una manciata di holding agricole, che riuniscono oligarchi ucraini e fondi di investimento occidentali. Garantire e consolidare questa associazione è una delle poste in gioco nell'attuale guerra.
Prima della guerra, l'Ucraina era il quarto esportatore mondiale di cereali, dopo Stati Uniti, Russia e Argentina. Esportava soprattutto in Egitto, Cina, India e Turchia, e relativamente poco in Europa. Gli accordi di libero scambio firmati con l'UE nel 2016, e soprattutto l'autorizzazione al transito delle esportazioni ucraine nell'UE dopo il blocco dei porti del Mar Nero, hanno cambiato la situazione, con la scomparsa di alcuni convogli tra i confini ucraini e i porti europei. L'arrivo di una piccola frazione di cereali ucraini sul mercato europeo sta contribuendo a far scendere il loro prezzo, facendo arrabbiare gli agricoltori polacchi. Dopo la Russia, l'Ucraina è il più grande Paese agricolo d'Europa, con 41,5 milioni di ettari di terreno agricolo utilizzabile. Possiede alcuni dei terreni coltivabili più fertili al mondo, la famosa "terra nera" (cernoziom), che copre un'area equivalente a un terzo dei terreni coltivabili dell'intera Unione Europea. Ma l'agricoltura ucraina è divisa in due mondi che sono agli antipodi.
Da un lato, ci sono circa 4 milioni di piccole aziende agricole di meno di un ettaro - il prodotto dello smantellamento dei kolchoz e dei sovchoz dell'era sovietica - ma che forniscono la metà della produzione agricola del Paese, tra cui il 98% delle patate, l'85% delle verdure e della frutta e l'80% del latte. Negli ultimi due anni, molti di questi abitanti delle campagne, soprattutto nella parte orientale del Paese dove i combattimenti sono più intensi, hanno perso le loro case, le loro terre e i loro mezzi di sussistenza. Gli abitanti delle campagne sono stati integrati nelle truppe combattenti più pesantemente degli abitanti delle città, per i quali è più facile nascondersi, essere esentati o fuggire all'estero. Il "piccolo popolo", e in particolare i piccoli contadini, ha combattuto ed è morto mentre gli oligarchi prosperavano nelle retrovie o all'estero.
D'altra parte, 35.000 aziende controllano l'80% dei terreni agricoli. Di queste, 4.500 sono imprese agricole di dimensioni superiori ai 1.000 ettari e solo 184 sono aziende agricole che operano tra i 10.000 e i 570.000 ettari. Queste due categorie controllano più della metà dei terreni agricoli utilizzabili dell'Ucraina e hanno il monopolio virtuale delle esportazioni (1). I loro ricchi proprietari sono tra gli approfittatori di una guerra che sta accelerando la concentrazione delle terre, le riforme della proprietà fondiaria e l'acquisizione dei mezzi di produzione del Paese da parte dei capitalisti occidentali.
Il potere delle holding agricole
Le agro-holding sono conglomerati che controllano un gran numero di aziende agricole concentrate verticalmente, dalla coltivazione della terra all'esportazione, passando per le attrezzature agricole, la lavorazione e lo stoccaggio, oppure orizzontalmente, estendendosi su vaste aree e talvolta su diversi settori produttivi. Spesso si specializzano in un settore: cereali, semi oleosi, pollame o suini, in cui detengono un monopolio virtuale. Dispongono di attrezzature e impianti agricoli recenti e efficienti, venduti dall'americana John Deere o da altri produttori occidentali. Utilizzano satelliti e droni per ottimizzare lo spargimento di fertilizzanti e monitorare le condizioni delle colture.
La struttura patrimoniale e legale di queste holding è complessa e molto fluida, con la società madre che supervisiona una moltitudine di filiali. L'azionista principale è di solito un oligarca ucraino, uno di quei miliardari della burocrazia che, con il crollo dell'Unione Sovietica, hanno messo le mani su intere porzioni dell'economia precedentemente gestita dallo Stato. Queste società madri hanno sede in Lussemburgo o a Cipro per evitare le tasse, ma anche ad Amsterdam o a New York per beneficiare della sicurezza dei diritti di proprietà privata nei Paesi occidentali, che in Ucraina sono tutt'altro che garantiti.
Kernel, la più grande holding, che coltiva 570.000 ettari (pari all'80% della superficie della provincia di Torino), specializzata in olio di girasole, è di proprietà di Andriy Verevskyi, il 16° uomo più ricco dell'Ucraina, ed è registrata in Lussemburgo. UkrLandFarming, 403.000 ettari, specializzata in cereali, uova e latte, è di proprietà di Oleh Bakhmatyuk, 28° uomo più ricco prima di una battuta d'arresto causata dalla guerra, ed è registrata a Cipro. Lo stesso vale per MHP, 370.000 ettari, terza sul podio, di proprietà di Yuriy Kosyuk, noto come "il re del pollo" perché esporta il 60% del pollame del Paese, di cui un terzo verso l’Europa nel 2022, rispetto a meno del 20% prima della guerra (2). Come i suoi omologhi, potrebbe essere definito il "mafioso del pollo", visti i metodi che ha utilizzato per costruire il suo impero, proteggere la sua fortuna e mettere a tacere i suoi critici e gli allevatori che ha derubato. Nel 2018, Kosyuk ha tentato di rilevare il gruppo avicolo francese Doux, in difficoltà. Decimo uomo più ricco del Paese, Kosyuk si è costruito una residenza alla periferia di Kiyev ispirata al Castello di Versailles, con feste sfarzose.
La crisi finanziaria internazionale del 2007-2008, che ha scatenato masse di capitali in cerca di investimenti redditizi e ha portato alla speculazione globale sulle materie prime agricole, facendo impennare i prezzi e diffondendo le carestie nel mondo, ha segnato un punto di svolta. L'agricoltura ucraina ha attirato enormi quantità di capitali occidentali. Gli oligarchi industriali hanno rivolto la loro attenzione all'agricoltura. Aziende agricole di dieci o ventimila ettari sono cresciute fino a diverse centinaia di migliaia di ettari. Lo Stato ucraino ha sostenuto la formazione di questi colossi in ogni modo possibile: agevolazioni creditizie, accesso alla valuta estera per i più grandi, rifiuto di finanziare l'ammodernamento dei più piccoli, pressioni sui proprietari nominali dei terreni per affittarli alle holding, complicità nel permettere a queste ultime di monopolizzare i terreni statali, autorizzazione a costruire giganteschi allevamenti o macelli nonostante l'opposizione dei residenti locali, privatizzazione delle aziende agroalimentari pubbliche, ecc. L'elezione alla presidenza nel 2014 dell'oligarca filo-occidentale Petro Poroshenko, noto come "il re del cioccolato", ha accelerato l'afflusso di questi capitali.
Banche e fondi di investimento europei, americani e del Golfo Persico sono diventati creditori e persino azionisti degli oligarchi ucraini. I fondi di investimento di Goldman Sachs, BNP, Norges Bank e del fondo americano Kopernik possiedono azioni di holding agricole ucraine. NCH Capital, la quinta più grande holding ucraina, con 290.000 ettari, è a maggioranza americana. NCH ha anche gestito diverse centinaia di migliaia di ettari di terreni agricoli in Russia fino al 2022. AgroGeneration, fondata nel 2007 dal francese Charles Beigbeder, ha coltivato fino a 100.000 ettari prima di subire battute d'arresto a causa della guerra nel 2014 e di nuovo nel 2022.
L'arrivo dei finanziatori occidentali ha assunto principalmente la forma di prestiti massicci, sostenuti da istituzioni finanziarie come la Banca Mondiale e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS). A partire dal 2010, la BERS ha concesso decine di milioni di euro di prestiti al "re del pollo", l'MHP, per costruire impianti in grado di preparare fino a 1.000 tonnellate di carne al giorno. Tra il 2008 e il 2023, la BERS e la Banca Mondiale hanno concesso prestiti per 1,7 miliardi di dollari alle sei principali holding ucraine. Entro il 2020, il debito di UkrLandFarming è stato stimato a 1,65 miliardi di dollari, per lo più nei confronti di creditori stranieri, tra cui Gramercy Funds Management, l'agenzia statunitense per le esportazioni-importazioni, e Deutsche Bank. Tra i creditori di Kernel figurano la banca olandese ING Bank, la banca francese Natixis e la banca tedesca Landesbank Baden-Würtemberg, tre banche di Paesi che sono grandi esportatori di prodotti agricoli.
Il massiccio indebitamento delle holding agricole ucraine conferisce alle banche creditrici occidentali il controllo sulle società e sui loro beni. I loro investimenti nell'agricoltura segnano una tappa, se non un punto di svolta, nell'integrazione degli oligarchi ucraini nel capitalismo globale. Gli oligarchi non sono più solo predatori di risorse ucraine che investono le loro fortune in paradisi fiscali, o acquistano squadre di calcio o società immobiliari a Londra o altrove. Stanno diventando partner commerciali dei capitalisti occidentali.
Dai kolchoz alle aziende agricole, la questione della proprietà
Tra il 1991, data dell'indipendenza dell'Ucraina in seguito alla disgregazione dell'Unione Sovietica sotto l’impulso dei burocrati che governavano al suo vertice, e il 2021, data in cui Kiev ha approvato una legge fondiaria che rende possibile non solo l'affitto ma anche la vendita di terreni agricoli, sono passati trent'anni. Nel corso di questi trent'anni, non è stato tanto semplice, per gli ucraini privilegiati e per i capitalisti occidentali che avevano adocchiato le ricchezze del Paese, liquidare l'eredità economica, legale e sociale del periodo sovietico, distaccare l'Ucraina dalla Russia e integrare l'economia ucraina nell'economia capitalista mondiale. Si tratta di un processo che non è stato ancora completamente portato a termine.
I 20.000 kolchoz (fattorie collettive) e i 2.500 sovchoz (fattorie statali) che occupavano la maggior parte delle terre coltivate prima del 1991 - anche se una parte significativa della produzione alimentare del Paese proveniva dai singoli appezzamenti dei kolchoz - erano stati progettati, come l'intera economia sovietica, su base collettiva, dal lavoro nei campi e nelle stalle allo stoccaggio e alla consegna dei prodotti ai consumatori. Tutti gli aspetti della vita nei villaggi - abitazioni, scuole, assistenza sanitaria, negozi, fornitura di elettricità e persino pompe funebri - erano strutturati attorno ai kolchoz, a loro volta strettamente legati ai gruppi industriali statali. Inoltre, tutte le relazioni economiche, le infrastrutture, le reti di approvvigionamento e distribuzione dell'Ucraina erano intrecciate con quelle della Russia e della Bielorussia e in gran parte tagliate fuori dall'Europa occidentale.
In Ucraina, come in Russia, i primi tentativi di privatizzare la terra sono falliti. Formalmente, dalla Rivoluzione d'Ottobre del 1917, una delle cui principali forze trainanti era stata la questione agraria sollevata da milioni di contadini poveri, la proprietà privata della terra non esisteva più. Il decreto sula terra diceva: "Il diritto di possedere la terra è abolito per sempre e senza indennizzo. La terra diventa un bene nazionale di cui possono godere tutti coloro che la lavorano" (3). Dopo le terribili vicissitudini della guerra civile, della NEP, della collettivizzazione forzata staliniana, della Seconda guerra mondiale e poi delle riforme di Krusciov, tutti eventi che hanno colpito in modo particolare l'Ucraina, la terra è stata lasciata in abbandono, senza titolo, divisa tra i singoli appezzamenti dei contadini dei kolchoz - e più tardi di molti abitanti delle città per le loro dacie (4) -, i kolchoz, i sovchoz, le regioni e lo Stato. Non esisteva un registro fondiario per registrare e identificare la proprietà della terra. Trent'anni dopo tale catasto non esiste ancora, con la disperazione della Banca Mondiale e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), che nel 2013 ha versato 89 milioni di dollari "per organizzare la titolazione delle terre rurali e lo sviluppo del catasto" (War and Spoliation).
Già nel 1992, i burocrati alla guida dell'Ucraina hanno cercato di smantellare le aziende agricole collettive e di privatizzare la terra per costringere le aziende private a esistere. Il governo ha distribuito certificati di proprietà (voucher) ai lavoratori dei kolchoz, per un'area di terreno che dipendeva dalle dimensioni dell'ex fattoria collettiva e dal numero di lavoratori. Ha dato la proprietà formale degli appezzamenti ai lavoratori rurali che li coltivavano e ha trasferito il 15% della terra dei kolchoz ai consigli comunali per costituire una "terra di riserva". La nuova Costituzione del 1996 affermava che "la terra è proprietà del popolo ucraino" e che "il diritto di possedere la terra è garantito. Questo diritto è acquisito e realizzato dai cittadini, dalle persone giuridiche e dallo Stato". Ma questi cambiamenti legali non hanno portato alla nascita di migliaia di aziende agricole private. La stragrande maggioranza dei sette milioni di titolari di certificati di proprietà di terre non registrate, impossibilitati a coltivare per mancanza di attrezzature e finanziamenti, hanno il più delle volte affittato le loro quote, o più raramente le hanno vendute, liberamente o sotto pressione, a ex dirigenti del kolchoz o a imprenditori locali o più lontani. Molti di questi milioni di nuovi, piccoli "proprietari" sono diventati lavoratori salariati su quella che doveva essere la "loro" terra.
Negli anni '90, una moltitudine di burocrati e nuovi ricchi vicini al potere erano assetati di profitti immediati. Hanno smembrato il vecchio apparato produttivo e saccheggiato le materie prime, causando un crollo generale dell'economia e un disastro per la popolazione, di cui il numero e l’aspettativa di vita sono diminuiti. Nelle campagne, la maggior parte dei kolchoz e dei sovchoz non redditizi furono abbandonati, le loro attrezzature lasciate arrugginire e il loro bestiame spesso macellato. La maggior parte del cibo consumato in Ucraina proveniva, come in passato e ancora oggi, da appezzamenti familiari coltivati in modo intensivo e da piccole aziende agricole indipendenti. Gli oligarchi hanno acquisito i terreni migliori, i porti, le strutture di trasporto e di stoccaggio. Altri hanno acquistato i titoli di proprietà sparsi e li hanno concentrati nelle proprie mani, senza sempre utilizzarli, aspettando che si presentassero occasioni migliori.
Di fronte alle conseguenze disastrose di questo saccheggio e all'opposizione dei piccoli agricoltori e degli ex lavoratori del kolchoz, nel 2001 il Parlamento ucraino ha votato una moratoria che vieta la vendita di terreni agricoli. Questa moratoria è stata revocata solo nel 2021 da Zelensky. Per anni, il FMI e la BERS hanno esercitato insistenti pressioni in questa direzione, ad esempio subordinando tutti i prestiti concessi all'Ucraina dal 2014 all'impegno di "revocare la moratoria" e di"stabilire un mercato trasparente per i terreni agricoli". Ma ogni volta che il Parlamento si preparava a revocare la moratoria, che due terzi degli ucraini rifiutavano, ben sapendo che ciò avrebbe aumentato l'accaparramento di terre da parte dei potenti in un Paese in cui regna la corruzione, le manifestazioni degli agricoltori lo impedivano.
Durante la campagna elettorale che lo avrebbe portato alla presidenza, Zelensky è stato il primo a impegnarsi in favore di una legge che autorizzasse la vendita di terreni, anche a stranieri. La legge approvata nel 2021 limitava inizialmente la vendita di terreni inferiori a 100 ettari ad acquirenti ucraini. Dal 1° gennaio 2024, i terreni fino a 10.000 ettari possono essere venduti o acquistati da qualsiasi persona fisica o giuridica.
Le pressioni delle banche internazionali hanno finalmente dato i loro frutti: la legge apre le porte all'acquisizione della piena proprietà di terreni agricoli da parte di società con capitale straniero. Naturalmente, gli imprenditori stranieri non hanno aspettato fino al momento di potere possedere legalmente le terre per cominciare a disporne. Gli azionisti stranieri di potenti aziende agricole hanno a disposizione un'ampia gamma di strumenti legali per aumentare la superficie coltivata, affittando o acquistando i diritti d'uso dei terreni agricoli dei piccoli proprietari o partecipando al capitale delle società ucraine che possiedono tali terreni. Anche i capitalisti più piccoli, come alcuni agricoltori francesi del dipartimento dell'Alta Marna che dal 2006 si sono associati in Agro KMR per coltivare 20.000 ettari nel villaggio di Pavlohrad, nell'Ucraina orientale, controllano aziende agricole in Ucraina.
Ma fin dalla loro comparsa, i capitalisti hanno sempre voluto che la loro proprietà fosse sicura, anche quando questa era stata acquisita attraverso la spoliazione, la tratta o la schiavitù. Come ha affermato la BERS nel 2014: "L'Ucraina non sarà in grado di sbloccare il suo potenziale agricolo e industriale senza affrontare una serie di sfide, tra cui [...] l' incertezza legata alla proprietà e ai diritti d'uso della terra" (5). La riforma agraria e l'accesso alla piena proprietà, garantita dallo Stato ucraino, aprono nuove prospettive per i capitalisti occidentali.
Guerra e latifondo
Naturalmente la guerra, che sta entrando nel suo terzo anno e ha già fatto centinaia di migliaia di vittime ucraine e russe, sta ritardando e complicando l'effettiva attuazione della legge sulla proprietà della terra. Nella parte orientale del Paese, un decimo della superficie dei terreni agricoli è stato trasformato in campi minati, segnati da trincee. Villaggi e fattorie sono stati distrutti. Le infrastrutture - silos, strade, ferrovie, porti - sono state bombardate, e ben oltre la linea del fronte: Odessa, il più grande porto dell'Ucraina, in particolare per i cereali, è un esempio. Le vie di approvvigionamento di fertilizzanti e sementi sono state interrotte e gli impianti di lavorazione sono stati distrutti. Alcune aziende agricole hanno perso gran parte dei loro terreni. Il gruppo UkrLandFarming, di proprietà dell'oligarca Oleh Bakhmatyuk, ha annunciato di aver perso il 40% dei suoi terreni nelle regioni di Kherson e Mariupol. Il gruppo AgroGeneration, fondato dal francese Beigbeder, ha subito battute d'arresto simili.
Nelle regioni occupate dall'esercito russo, i concorrenti russi degli oligarchi ucraini si sono impossessati delle loro terre. La holding russa Agrocomplex, che appartiene all'ex ministro dell'Agricoltura Alexandr Tkacev e controlla 800.000 ettari di terreno in Russia, si è impossessata dei terreni dell'ucraina HarvEast nella regione di Donetsk. La guerra sta accelerando la separazione tra gli oligarchi russi e ucraini, che hanno metodi mafiosi simili, permettendo allo stesso tempo di regolare i conti. Ad esempio, Oleksi Vadatursky, boss del gruppo cerealicolo Nibulon, la decima azienda agricola ucraina, che controlla l'infrastruttura portuale di Mykolaïv attraverso la quale passava un terzo delle esportazioni di grano prima della guerra, è stato deliberatamente ucciso dalle bombe russe nell'agosto 2022.
Una delle ragioni della guerra è stata la crescente competizione tra gli oligarchi agricoli russi, grandi esportatori di grano con stretti legami con l'apparato statale di Putin, e le loro controparti ucraine, sempre più associate ai capitalisti occidentali. L'entrata in vigore, il 1° gennaio 2016, di un accordo di libero scambio tra l'Ucraina e l'Unione Europea, e l'aumento delle aziende agroalimentari ucraine sui mercati internazionali dei cereali e dei semi oleosi hanno avuto un impatto diretto sugli interessi dei loro concorrenti russi.
Stéphane Séjourné, il nuovo ministro francese per l'Europa e gli Affari esteri, formula apertamente la posta in gioco agricola nella guerra per le potenze imperialiste: "Permettere alla Russia di impadronirsi delle terre nere ucraine, tra le più fertili del mondo, significherebbe abdicare a una parte della sovranità alimentare, accettare un'inflazione sfrenata e offrire alla Russia mezzi di pressione ed estorsione senza precedenti". (Le Monde - 17 febbraio 2024). Si fa il portavoce dei finanziatori occidentali che hanno investito nell'agricoltura ucraina.
La guerra ha rafforzato in modo massiccio la morsa dei finanzieri occidentali sull'economia ucraina. Il debito pubblico dello Stato è cresciuto in maniera vertiginosa per finanziare la guerra, perché le decine di miliardi di dollari o di euro versati all'Ucraina dagli Stati Uniti e dai Paesi europei con il pretesto di aiutarla a resistere all'invasione russa sono in realtà prestiti, che la popolazione ucraina dovrà restituire a caro prezzo per i decenni a venire.
Questo debito pubblico ammontava a 135 miliardi di dollari (75% del PIL) all'inizio del 2023 e continua a crescere. Il debito privato delle imprese ucraine, comprese le aziende agricole, è stato stimato a 50 miliardi di dollari. Questi debiti danno ai creditori occidentali un potere quasi assoluto per mettere le mani sulle imprese e sulle miniere del Paese, e in particolare sulla proprietà dei suoi ricchi terreni agricoli.
Le conferenze internazionali sul futuro dell'Ucraina, i vertici europei e le risoluzioni pubblicate sotto l'egida del FMI e della Banca Mondiale ripetono tutti la stessa cosa: le aziende non essenziali devono essere privatizzate; i servizi sociali devono essere riformati; l'economia deve essere deregolamentata. Nel campo dell'agricoltura, la Banca Mondiale afferma: "La ricostruzione dell'Ucraina richiederà un'ulteriore liberalizzazione del mercato dei terreni agricoli e l'espansione del programma di reddito agricolo per attrarre capitali privati" (War and Spoliation). Morire per l'agrobusiness
La guerra tra Russia e Ucraina, iniziata dieci anni fa in seguito alla vittoria filo-occidentale a Kiev e alla successiva secessione della regione del Donbass, e rimasta a bassa intensità fino alla brutale invasione dell'Ucraina da parte di Putin due anni fa, è anche una guerra per il controllo delle risorse e dei mercati. Lanciata da Putin in risposta al crescente allineamento dell'Ucraina dietro gli Stati Uniti e i suoi alleati europei e al controllo che i capitalisti di questi Paesi hanno sull'economia ucraina, questa guerra, che si sta impantanando, sta accelerando questo processo. Da un lato, le relazioni con la Russia vengono interrotte; dall'altro, i creditori occidentali e i fornitori di armi di Zelensky si preparano a prendere il controllo del Paese, integrando forse definitivamente gli oligarchi ucraini nella borghesia internazionale.
Le classi lavoratrici ucraine, i giovani mobilitati nell'esercito, a partire dalle decine di migliaia di contadini, piccoli agricoltori o braccianti delle grandi aziende agricole, gli abitanti delle zone di combattimento e delle città assediate e distrutte, stanno pagando la maggior parte del costo di questa guerra. In molti villaggi non ci sono quasi più uomini in età lavorativa, perché sono tutti in guerra. Non avendo più manodopera, molti agricoltori hanno macellato il loro bestiame, facendo salire il prezzo del latte. Quasi un abitante delle campagne su due vive oggi al di sotto della soglia di povertà, alcuni soffrono addirittura di malnutrizione. I piccoli agricoltori che nutrono il Paese non ricevono alcun aiuto dallo Stato, che lo riserva alle aziende agricole giganti.
Le classi lavoratrici stanno pagando tutto questo con il loro sangue. Stanno soffrendo di privazioni. Domani dovranno pagare un debito impressionante. Tutti questi sacrifici per perpetuare l'alleanza tra i finanzieri occidentali e gli oligarchi ucraini. Si pensa di morire per il proprio Paese, ma si muore per gli azionisti del settore agroalimentare.
21 febbraio 2024
(1) Cifre fornite da Sandrine Levasseur, "L'agriculture ukrainienne sous tension", Sciences Po OFCE Working Paper, n° 10/2022.
(2) Cifre riportate nel rapporto War and Spoliation pubblicato da The Oakland Institute, 2023.
(3) Decreto sulla terra adottato dal Congresso dei Soviet l'8 novembre 1917 (26 ottobre nel vecchio calendario), cioè appena dopo la presa del potere.
(4) Spesso una semplice capanna su un minuscolo appezzamento di terreno.
(5) Citato in War and Spoliation, pagina 17.