Da "Lutte de Classe" n°236 – Dicembre 2023 – Gennaio 2024
Questo testo è stato scritto in conclusione del Congresso di Lutte ouvrière, il 3 dicembre 2023
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Nel novembre 2020, il nostro mensile Lutte de classe pubblicava un articolo intitolato "Oggi come ieri, socialismo o barbarie", poi votato come un testo di orientamento del nostro 50° Congresso nel mese di dicembre successivo. Ebbene oggi possiamo dire che, di fatto, stiamo cadendo nella barbarie!
Allora parlavamo dell'omicidio di Samuel Paty da parte di un giovane fanatico, ma anche della proliferazione dei movimenti cospirativi negli Stati Uniti. Qui "il capitalismo in putrefazione ha resuscitato il Ku Klux Klan e moltiplicato i movimenti cospirativi, varianti moderne della proliferazione di quelli mistici nel Medioevo di fronte alla pandemia di peste". Dicemmo: "Le idee oscurantiste che queste correnti stanno riprendendo, non sono un residuo del Medioevo. Non è il passato che si impadronisce del presente, è il prodotto di una società che è stata in grado di mandare uomini sulla Luna ma che è incapace di tenere sotto controllo la propria vita economica e sociale".
Questo era il quadro della situazione di tre anni fa, prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e riemergesse quella tra Israele e i palestinesi!
Negli ultimi mesi, la barbarie si è manifestata su una scala completamente diversa. Si è mostrata con i morti sepolti sotto gli edifici bombardati, da Kherson a Gaza. Nel terrorismo su larga scala dello Stato di Israele, in risposta al terrorismo di Hamas. Con l'uccisione di un'intera popolazione in fuga dalle bombe, affamata, priva di acqua e medicine. È una barbarie far evacuare tutti i malati dall'ospedale principale di Gaza, trasformato in un inferno, con le mani alzate sotto la minaccia dei carri armati.
La barbarie non è solo la guerra in Ucraina e in Medio Oriente, ma anche, e da molto tempo, la costante ondata di profughi africani che cercano di attraversare il Mediterraneo rischiando la vita, mentre i puliti e ben nutriti parlamentari francesi, tedeschi e italiani discutono di argomenti legali per rifiutare loro l'ingresso in Europa. La barbarie è la rotta balcanica irta di filo spinato, il muro eretto al confine con il Messico per tagliare la strada verso gli Stati Uniti ai poveri dell'America Latina.
La barbarie è in aumento ovunque, e si manifesta sotto molte forme. In Haiti, con la proliferazione delle bande armate. Ai confini del Sudan, dove decine di migliaia di persone in fuga dai combattimenti tra comandanti militari sono parcheggiati in quello che non si può certo definire un campo, considerate le condizioni delle persone ammassate senza alcun riparo: intere famiglie, adulti e bambini, dormono per terra e il loro unico cibo viene da alcuni sacchi di riso portati dalle organizzazioni umanitarie, che si contendono…
E di queste molteplici manifestazioni di barbarie abbiamo solo le immagini televisive, quando ce ne sono. Queste sono filtrate, selezionate e caricate di propaganda, in particolare sulla guerra in Medio Oriente, per suggerirci l'orrore del terrorismo di Hamas,. Ma, allo stesso tempo, servono a sminuire la mostruosità dei bombardamenti su questa prigione a cielo aperto che è sempre stata la Striscia di Gaza, trasformata con l'intervento dell'esercito israeliano in un cimitero…
Poi c'è la barbarie quotidiana, anche qui, in questo ricco Paese imperialista, privilegiato rispetto al resto del pianeta, presunto civile, una barbarie che per il momento si limita a una stucchevole retorica, a slogan e a un indurimento politico quando si tratta dei più poveri.
Per riportare un solo esempio tratto dalle notizie che ci vengono rifilate dalla televisione, fate riferimento a questa ignobile discussione sull'articolo 3 del disegno di legge del governo sui lavoratori immigrati. Non si tratta nemmeno dei più poveri, ma di quelli che hanno l'infinito privilegio di essere sfruttati da una parte della borghesia, nell'edilizia, nella ristorazione e in altri settori, una borghesia che è costretta ad ammettere di avere un bisogno vitale di questi lavoratori per i propri interessi. Ma constatate come sono stati mobilitati il meccanismo e il formalismo di questa cosiddetta democrazia parlamentare solo per la miserabile questione di decidere se il testo della futura legge doveva passare prima dall'Assemblea e poi dal Senato, o viceversa.
Quante chiacchiere, mercanteggiamenti e urla tra questi "rappresentanti della nazione" per una decisione che si limita a umiliare questa piccola frangia di lavoratori immigrati “sans papiers” che lavorano qui da anni, pagano le tasse e contribuiscono alla previdenza sociale, e a rendere la loro vita più difficile attraverso ulteriori vincoli amministrativi.
Il ristoratore Thierry Marx ha recentemente dichiarato alla radio che trova assurda tutta questa discussione, certamente non solo per un senso di umanità, ma semplicemente perché sa che il suo settore non può assolutamente funzionare senza il lavoro di cuochi, camerieri e lavapiatti immigrati. Qualche mese fa, un articolo di Le Monde Magazine ha ricordato un prestigioso ristorante vicino all'Assemblea Nazionale, dove molti parlamentari dei vari partiti politici erano clienti, anche se parte del personale era ancora privo di documenti…
Eccola, in tutto il suo splendore, questa "democrazia", la cui difesa di fronte al terrorismo è invocata dai portavoce dell'imperialismo per giustificare i bombardamenti indiscriminati su Gaza, le bombe a grappolo fornite a Zelinski e tutto il resto! Questo tipo di barbarie, sia esso repubblicano o democratico, non è certo uguale a quello delle bombe che schiacciano Gaza o Kherson in Ucraina, ma può portare a questo risultato! Perché queste sono le persone che dirigono il mondo, o più precisamente che personificano il decoro democratico del grande capitale. Sì, il mondo capitalista ci sta facendo precipitare nella barbarie, sia con i discorsi da "istituzioni democratiche" della Repubblica in Francia che con la violenza brutale in altre parti del mondo. È solo l'inizio perché lo sviluppo di un clima di guerra preannuncia la sua generalizzazione come caratteristica quasi permanente del capitalismo.
Il peggio è che ciò che accade sta diventando la normalità. Lo scoppio della guerra in Ucraina aveva provocato piccole reazioni e destato un po’ di preoccupazione. Ce ne siamo accorti e abbiamo concluso che dovevamo approfittare di questa situazione per concentrare le nostre discussioni su ciò che il capitalismo ha in serbo per noi, che non è solo il rinvio dell'età pensionabile o il solo sfruttamento.
Essendo aumentata la sensibilità delle persone, abbiamo potuto approfondire i nostri ragionamenti e spingerci un po' più in là, soprattutto durante le nostre carovane. Ma ci siamo anche accorti che, non appena la coscienza collettiva era sensibilizzata, l'interesse scemava, prima di arrivare alla conclusione che, per evitare la guerra, non bastava solo commuoversi guardando le immagini di Mariupol in televisione e, molto più tardi, quelle ancora più violente dei bombardamenti su Gaza... In fondo, nel privilegiato Paese imperialista in cui viviamo, anche tra i nostri sostegni molti pensavano: "tutto questo è triste, ma non può succedere da noi"…
È quanto è accaduto quando c’è stato l’attacco di Hamas. Il giorno successivo alla sua incursione in territorio israeliano, alcuni giornali hanno parlato dell’enorme shock in Israele. Ma che cosa può aver sorpreso a tal punto l'intera popolazione israeliana? Sarà che non si rendeva conto che il suo Stato stava schiacciando la popolazione palestinese, con la sua complicità. Eppure con i palestinesi la popolazione ebraica s’incontrava ogni giorno, non solo con quelli che vivevano in Cisgiordania, ma anche con quelli di Gaza, e ancor più con quelli che vivevano in Israele. Lo stato d’Israele credeva di essere così superiore, così invulnerabile perché protetto dalla coalizione di tutte le potenze imperialiste, a cominciare dagli Stati Uniti, da pensare che questo non potesse accadere? Ebbene, è successo. Ma siamo proprio più sicuri di non “sbalordirci” il giorno in cui la guerra colpirà qui?
Mentre resiste la leggenda dell'Europa occidentale che vive in pace dal 1945, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, quante generazioni, in quanti Paesi del Terzo Mondo, stanno già vivendo uno stato di guerra permanente? Lo abbiamo notato noi stessi qualche anno fa. Nel bel mezzo di quello che viene definito un periodo di pace, perché non c'è stata nessuna guerra mondiale dal 1945, il solo Congo Kinshasa, ora Zaire, ora di nuovo Congo Kinshasa, ha visto un numero di morti per conflitti armati pari a quello di una buona parte dei Paesi occidentali coinvolti nella Seconda guerra mondiale! Per molto tempo, la pace stessa è stata un privilegio dei Paesi ricchi. I poveri di molti Paesi africani hanno avuto sia la povertà che la guerra. E chi ci governa finge di non capire perché i poveri non restano nei loro paesi invece di rischiare la vita cercando di attraversare il Mediterraneo!
Non si tratta solo di chiedersi quale sia il periodo più barbaro: quello a cui si riferiva Victor Serge nel suo libro Se è Mezzanotte nel secolo, o quello che si sta aprendo davanti a noi. Solo tenendo presenti i danni militari si può intuire la risposta: la guerra che si avvia a diventare mondiale sarà ancora più micidiale e farà un numero di vittime dirette e indirette di gran lunga maggiore di quello della Prima guerra mondiale (20 milioni di morti: 10 milioni di soldati e 10 milioni di civili) e della Seconda guerra mondiale (60-90 milioni di morti: 20-30 milioni di soldati e 40-60 milioni di civili). Infatti, nel periodo intercorso, la scienza e la tecnologia hanno compiuto notevoli progressi, rendendo le armi molto più efficaci, molto più distruttive o, per usare il loro linguaggio, molto più competitive sul mercato globale delle armi.
Al di là della decisiva responsabilità politica dello stalinismo, su cui torneremo, questa tranquillità di fronte alle minacce poste dal mantenimento dell'ordine borghese ha una base sociale. E questa è l'influenza della piccola borghesia, compresa la sua intellighenzia, sull'opinione pubblica in generale e su quella che alcuni marxisti hanno definito la "frazione più imborghesita della classe operaia", in altre parole l'aristocrazia operaia.
In definitiva, lo stalinismo ha ripreso, in una versione ben rifinita, i cliché dell'aristocrazia operaia riformista. Non dobbiamo mai dimenticare che gli antagonismi di classe sono essenziali per comprendere la società e che le diverse classi non vivono separate da muraglie cinesi. E l'aristocrazia operaia, rifiutando la rivoluzione, ritenendosi estranea alla massa del proletariato, copia la mentalità, il comportamento e il ragionamento della piccola borghesia, che, a sua volta, riprende tutto ciò dalla grande borghesia. Proprio come fa la burocrazia ex-sovietica…
L'umanità pagherà un prezzo molto alto per un'organizzazione sociale che porta con sé sfruttamento, competizione, rivalità economica permanente e le guerre che ne conseguono.
Dal Manifesto comunista a oggi
Conosciamo tutti la prima frase del Manifesto del Partito comunista: "Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro del comunismo". Il Programma di transizione, che porta la stessa convinzione comunista rivoluzionaria del Manifesto comunista, ha un tono completamente diverso: "Le premesse oggettive della rivoluzione non solo sono mature, ma hanno anche cominciato a marcire. Senza la rivoluzione socialista, e nel prossimo periodo storico, l'intera civiltà umana rischia di essere spazzata via da una catastrofe".
Questi due testi costituiscono la base del nostro programma e, quindi, della nostra lotta. Se, dopo 175 anni, il Manifesto comunista è ancora il nostro punto di riferimento fondamentale, è perché, nonostante tutti i progressi compiuti dall'umanità in tanti campi - scienza, tecnologia - e nonostante il suo crescente dominio sull'ambiente naturale, la società capitalista non è fondamentalmente cambiata.
In un testo scritto nel marzo 1903, vent'anni dopo la morte di Marx, Rosa Luxemburg valutava così il principale contributo di Marx al movimento operaio: "Se dovessimo riassumere in poche parole ciò che Marx ha fatto per il movimento operaio di oggi, potremmo dire che Marx ha, per così dire, scoperto la classe operaia moderna come categoria storica, cioè come classe soggetta a specifiche condizioni di esistenza e il cui posto nella storia corrisponde a leggi precise. Prima di Marx, nei Paesi capitalisti esisteva indubbiamente una massa di salariati che, spinti alla solidarietà dalla somiglianza delle loro esistenze all'interno della società borghese, cercavano una via d'uscita dalla loro situazione e talvolta un ponte verso la terra promessa del socialismo. Marx li ha elevati al rango di classe solo collegandoli a un particolare compito storico: la conquista del potere politico in vista della trasformazione socialista della società". (Karl Marx, 14 marzo 1903).
Queste frasi riassumono la trasformazione del socialismo utopico in socialismo scientifico, ma c'è anche di più. Allo stesso tempo, c'è la differenza fondamentale tra un comunista rivoluzionario e un sindacalista. Il marxismo non è solo una scelta a favore della classe operaia e ancor meno, compassione per il suo destino. Il suddetto movimento vede nella classe operaia, qualunque sia il suo stato d'animo in un dato momento, la classe sociale capace di conquistare il potere politico e, scriveva Rosa Luxemburg, "in vista della trasformazione socialista della società".
Marx ha portato il socialismo dall'utopia alla scienza scoprendo le dinamiche interne del capitalismo. Questo non ha mai smesso di basarsi sullo sfruttamento e sull'oppressione della maggioranza della società a vantaggio di una minoranza privilegiata. La corsa al profitto è sempre stata la sua forza motrice, con tutte le sue conseguenze: competizione, anarchia nella produzione, spreco, rivalità e guerra. Ma allo stesso tempo, durante il suo periodo di ascesa, ha contribuito al progresso dell'umanità, all'aumento delle forze produttive dell'uomo, all'unificazione del pianeta, al suo crescente dominio sulla natura. La competizione capitalistica è stata un formidabile motore di progresso contro altre forme precedenti di società di classe. Nelle parole del Manifesto comunista, "la borghesia ha creato ben altre meraviglie che le piramidi d'Egitto, gli acquedotti romani e le cattedrali gotiche...".
Ma lo sviluppo del capitalismo ha generato il suo opposto, i monopoli, l'imperialismo - quello stadio finale e senile del capitalismo - che è diventato il principale ostacolo al progresso umano oltre un secolo fa. I 140 anni trascorsi dalla morte di Marx hanno anche ampiamente confermato l'incapacità dell'organizzazione capitalistica della società di superare le proprie contraddizioni. Ma anche di non essere in grado di tracciare un percorso che desse ragione a coloro che, seguendo Bernstein e soci, prevedevano una crescente diminuzione delle contraddizioni capitalistiche a favore di un'evoluzione armonica verso una forma di socialismo.
"Innanzitutto la borghesia produce i propri becchini".
Sviluppando le forze produttive dell'umanità, tessendo legami tra tutte le regioni del pianeta, il capitalismo ha preparato i presupposti per riorganizzare la società su basi diverse da quelle della proprietà privata dei mezzi di produzione e della frammentazione statale. Ma la storia non è guidata da un meccanismo a orologeria. È opera di classi sociali fatte da uomini in carne e ossa. È solo su questa analisi della società, cioè sulla base del marxismo, che si può ricostituire una forza rivoluzionaria capace di rovesciare il capitalismo.
"L'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi" non è solo uno slogan. L'espressione esclude l'idea di un qualsiasi meccanismo automatico. È qui che l'espressione di Rosa Luxemburg, che parla della scoperta della "classe operaia moderna come categoria storica", si collega al Programma di transizione, in particolare all'idea che Trotsky ripete più volte in forme diverse: "La crisi storica dell'umanità si riduce alla crisi della direzione rivoluzionaria". Oppure: "La crisi attuale della civiltà umana è la crisi della direzione del proletariato".
Queste frasi sono una constatazione degli ultimi decenni ma, allo stesso tempo, riassumono ciò che dobbiamo fare. Non è necessario ripercorrere quegli anni che hanno trasformato la vittoriosa rivoluzione proletaria in Russia nel suo opposto. Hanno convertito, cioè, una delle forme più democratiche di potere, quella dei consigli operai - i soviet - in una delle peggiori forme di dittatura sulla classe operaia, che Trotsky ha spesso paragonato al fascismo, pur differenziandole tenendo presente le rispettive basi sociali.
Stalinismo e trotskismo
L'analisi della degenerazione burocratica fa parte del trotskismo. Ci contrappone a tutti coloro che, da Stalin a Mao Zedong e a una miriade di imitatori minori, hanno fatto riferimento a Marx e affermato di essere marxisti in qualche momento della loro esistenza politica.
Non ci si può chiedere quali siano i motivi di questa crisi nella direzione del proletariato senza prendere in considerazione la responsabilità dello stalinismo. La sua responsabilità diretta e immediata non c'è solo negli anni 1920-1930, per la completa eliminazione della direzione del partito bolscevico, i cui membri sono deceduti di morte violenta. La sua responsabilità non c'è solo nell’avere dato la caccia a tutti coloro che cercavano di rinnovare i legami con il passato rivoluzionario del proletariato. Non è solo responsabile di aver introdotto il gangsterismo nei rapporti tra le componenti del movimento operaio, negli assassinii, nelle torture e nei campi di concentramento.
La responsabilità storica dello stalinismo non si è limitata alla brutale lotta di classe condotta dalla burocrazia usurpatrice contro la classe operaia. Non ci si riferisce solo alle opportunità perse dalla classe operaia per mancanza di una valida direzione politica, dall'Inghilterra e dalla Germania alla Cina degli anni Venti; né si tratta solo delle rivoluzioni tradite, come quella in Spagna nel 1936. Non si parla solo delle rivoluzioni soffocate o represse direttamente nei Paesi dell'Europa orientale negli anni Cinquanta: Germania orientale, Polonia e Ungheria. Ci sono stati anche tutti i danni che lo stalinismo ha lasciato in eredità e che non dobbiamo dimenticare.
Lo stalinismo in quanto tale è morto, così come Stalin. Le leggi della biologia sono sufficienti a spiegare perché non ci sono più sopravvissuti di quell'epoca, alcuni dei quali erano esecutori o complici diretti dello stalinismo. Oggi non sono in molti a dichiararsi stalinisti, ma le loro conseguenze distruttive continuano ancora oggi. È stato lo stalinismo a creare un’enorme confusione tra la coscienza di classe del proletariato e l'ignobile magma che i partiti stalinisti hanno elaborato pur mantenendo l'etichetta comunista: è una specie di populismo, vagamente tinto di operaismo e di slogan antimperialisti. Questo magma è stato diffuso da tutti i Partiti comunisti sotto l'influenza della burocrazia sovietica, man mano che si evolvevano verso lo stalinismo. È stato trasformato in una religione di Stato in URSS e nelle democrazie popolari; propagato dalle autorità e da tutti i loro organi; diffuso dalla radio e, al momento opportuno, dalla televisione, insegnato nelle facoltà con il nome di marxismo-leninismo.
Con il passare del tempo e dopo le alleanze diplomatiche della burocrazia di Mosca con l'Etiopia di Mengistu, la Somalia di Siad Barre o la Repubblica Popolare del Congo-Brazzaville e molti altri, l'etichetta comunista o assorbita finì per identificare regimi che, non avendo nulla a che fare con la Rivoluzione d'Ottobre o con il proletariato, avevano in comune solo il loro carattere antioperaio. Per anni, nel viale principale di Brazzaville, i ritratti del dittatore dell'epoca, Ngouabi o Sassou N'Guesso, hanno affiancato quelli di Marx, Engels, Lenin e, almeno fino a un certo momento, di Stalin - ritratti che erano molto più numerosi che non nelle Democrazie Popolari, anche se esse erano direttamente dominate dalla burocrazia sovietica!
Fu lo stalinismo a dare a una moltitudine di correnti nazionaliste borghesi la possibilità di nascondersi inizialmente dietro una retorica antimperialista, prima di rivelare la loro vera identità politica, reazionaria e sempre più legata alla religione.
Il ruolo del proletariato
Marx ci ha lasciato un'analisi delle dinamiche del capitalismo che ha resistito alla prova del tempo, così come il ruolo insostituibile del proletariato, che egli aveva scoperto, secondo Rosa Luxemburg, ha resistito alla prova del tempo nonostante gli sconvolgimenti della lotta di classe che costituiscono la storia. Per l’importanza numerica della sua presenza su tutto il pianeta e per il suo ruolo in ogni aspetto del funzionamento dell’economia, il proletariato è infinitamente più forte oggi di quanto non fu ai tempi di Marx e anche molto più tardi, all'epoca della rivoluzione russa.
Ai tempi di Marx, il proletariato moderno era limitato ai Paesi che avevano già sperimentato la rivoluzione industriale o erano in procinto di farlo, essenzialmente l'Europa o almeno la sua parte occidentale, e gli Stati Uniti. Oggi il proletariato è presente ovunque perché il capitalismo è dappertutto. E non è diventato amorfo, è in lotta. Pensate al Bangladesh, che ci ricorda che, mentre l'industria tessile è decaduta in Francia, negli Stati Uniti e in una serie di Paesi diventati imperialisti, le fabbriche che erano a Manchester, Liverpool, ecc. oggi sono a Dacca!
Quando Rosa Luxemburg scriveva che "prima di Marx esisteva una massa di salariati che erano spinti alla solidarietà dalla somiglianza della loro esistenza all'interno della società borghese", faceva notare che i lavoratori erano consapevoli di far parte della stessa classe. Ma fu Marx a "elevarli al rango di classe solo collegandoli a un particolare compito storico: la conquista del potere politico in vista della trasformazione socialista della società".
Quindi la differenza con l'epoca di Marx e quella di Lenin e Trotsky non sta nelle possibilità o nella forza del proletariato, ma nell'incapacità dell'intellighenzia di far emergere dalle sue file anche solo una minoranza di intellettuali in grado di trasmettere le idee di Marx ai lavoratori in lotta. “Il ponte che Marx ha gettato tra il movimento proletario, così come è sorto in modo elementare dal suolo della società attuale, e il socialismo è quindi la lotta di classe per la conquista del potere politico”. ha scritto Rosa Luxemburg nello stesso testo.
L'intellighenzia, la rivoluzione e lo stalinismo
L'intellighenzia ha sempre fatto parte della borghesia. Nel periodo di ascesa di quest’ultima, era all'avanguardia nelle lotte della sua classe ancora progressista. Ma una frazione di questa intellighenzia seppe andare oltre, rompere con i predecessori e spingere il desiderio di trasformazione sociale della società ben oltre i limiti di quella borghese. Questa categoria di intellettuali era una minoranza, ma trasmise ai lavoratori le idee del futuro. A quelle di Marx ed Engels seguirono le epoche di Guesde, Lafargue e molti altri che svolsero un ruolo fondamentale nella trasmissione del socialismo rivoluzionario al proletariato al tempo della Seconda Internazionale.
Lo stesso accadde all'intellighenzia russa un po' più tardi, ancor prima del bolscevismo. Essa cercò la via della trasformazione politica e sociale dello zarismo attraverso tutta una serie di errori: "l’andare al popolo", alfabetizzare i contadini poveri, varie forme di populismo, il terrorismo. Ma questo processo politico, con tutti i suoi errori, ha fertilizzato il terreno su cui è cresciuto il bolscevismo. Questa generazione ha prodotto Plekhanov, che ha riconosciuto che il marxismo era uno strumento molto più efficace degli attentati terroristici. Ha generato Lenin, che ha saputo aggiungere all'impegno della generazione precedente, la professionalità che gli ha permesso di esprimersi nel modo adeguato per metterlo in condizione di avere successo.
È tutta questa continuità che è stata interrotta dallo stalinismo. E non solo interrotta, ma anche contaminata. Quella dello stalinismo in URSS è stata la vittoria di una controrivoluzione che ha prodotto la burocrazia sovietica. Nella morsa dello stalinismo sul movimento operaio in altri stati oltre che nel Paese della rivoluzione proletaria sconfitta, il ruolo dell'intellighenzia è stato importante. Qui in Francia, abbiamo motivo di ricordare Aragon, Kanapa, Politzer, Roger Garaudy e centinaia di altri che si misero al servizio della burocrazia e si vendettero letteralmente per cantare le più basse lodi di Stalin e dei suoi successori. Ma oltre a questo, quanti artisti del calibro di Picasso, scienziati come Joliot-Curie, attori come Yves Montand o Simone Signoret, hanno dato il loro sostegno e credito allo stalinismo, equiparandolo al comunismo?
Non stiamo parlando di quella frazione dell'intellighenzia, la stragrande maggioranza, che non ha mai lasciato il campo della borghesia e che quest'ultima tiene in pugno con il denaro, con l'ambizione, garantendole condizioni di vita invidiabili rispetto a quelle del proletariato. Stiamo considerando questa fazione minoritaria che, pur affermando di scegliere il campo dei lavoratori, ha aiutato lo stalinismo soprattutto a corrompere la loro coscienza politica di classe. Ha svolto un ruolo fondamentale nell'aiutare la burocrazia stalinista ad affermarsi come continuatrice del comunismo. Invece di fare da ponte tra le idee di Marx e la classe operaia, ha collegato, direttamente o indirettamente, il movimento operaio con gli interessi della burocrazia stalinista e, allo stesso modo, ha gettato un ponte verso il nazionalismo borghese travestito da comunismo di Mao, Ho Chi Minh, Kim Il-sung e molti altri.
Questi dirigenti nazionalisti, che hanno assunto l'etichetta comunista abbandonandone le prospettive, hanno dato una soluzione globale alle borghesie nazionaliste dei Paesi poveri, per ingannare le loro masse popolari e incastrarle al servizio della creazione di uno Stato borghese in grado di resistere al controllo politico dell'imperialismo.
Una volta che lo stalinismo ha terminato il suo lavoro di demolizione della coscienza politica di classe, ha lasciato il posto ad altre forze politiche molto più apertamente reazionarie.
Ad esempio, lo scrittore Arthur Koestler (1905-1983) era il prototipo di un rappresentante dell'intellighenzia ebraica che avrebbe potuto cercare di fare da ponte verso i palestinesi poveri, oppressi e sfruttati della regione. Fin da giovane fu attratto dal sionismo, anche se la sua scelta non fu definitiva, ma anche dal comunismo, un comunismo contaminato dallo stalinismo. Tuttavia, Koestler capì molte cose che lo spinsero ad allontanarsi dallo stalinismo, come si può notare in uno dei suoi romanzi più noti, Buio a Mezzanotte (1945). Poteva essere una persona che facesse da ponte tra le idee di Marx e il proletariato ebraico e palestinese. Tuttavia, dalla lettura del suo interessante romanzo Thieves in the night (La Torre di Ezra in francese) si evince come, pur comprendendo molte cose in politica, Koestler avesse già quel disprezzo per i contadini, i palestinesi poveri e incolti che soffrivano e tolleravano l'oppressione dei loro signori feudali, che lo avrebbe reso insensibile alla necessità di conquistare i poveri palestinesi. Koestler non era solo un caso esemplare, ma il prototipo sociale di un'intellighenzia austro-ungarica dello stesso tipo di quella emersa nella Russia zarista. Gli mancava la volontà di attirare l'attenzione e l'interesse dei proletari e dei poveri palestinesi e lui, intellettuale con la cultura di un Paese relativamente ricco e che faceva parte delle élite colte dell'Europa centrale, finì per aderire al sionismo. Nella Russia zarista esisteva anche una tradizione di sinistra, in particolare del Bund e della sua prima direzione, tendenzialmente socialdemocratica; inoltre, l'idea del kibbutz non era l' illustrazione del socialismo in un singolo paese, ma di istituire dei kolkhoz con in più la democrazia in un'unica fattoria .
Se esiste una conclusione sociale da trarre da tutto questo, certamente non è quella del fallimento del proletariato come classe “con un compito storico particolare, quello di conquistare il potere politico in vista della trasformazione socialista della società". È l'intellighenzia che non è riuscita a far emergere dal suo seno nemmeno una piccola minoranza capace di ritrovare le idee della rivoluzione sociale e, soprattutto, di trasmetterle alla classe sociale che è l'unica in grado di realizzarle.
I nostri compiti
Non si tratta di rimpiangere le occasioni mancate del passato. Dobbiamo riconoscere che questo compito non è stato assolto e che deve esserlo. Spetta alle generazioni future, proletari e intellettuali, portarlo a termine. I 140 anni che ci separano dalla morte di Karl Marx sono un lungo periodo, ma ci furono ai suoi tempi la Comune di Parigi, e poi la rivoluzione russa e altre, anche se sconfitte, dimostrarono che la classe operaia era in grado di lottare per il potere.
Nella storia della lotta di classe, anche i fallimenti sono spesso un insegnamento per il futuro. La cultura politica marxista non è fatta solo di episodi vincenti, ma anche di fallimenti. Alcuni sono così gravi da riportare indietro una classe oppressa che sta lottando. È stato il caso del fascismo e anche, su una base sociale diversa, dello stalinismo. Altri sono disillusioni, come quelle che hanno seguito tutti gli episodi del Fronte Popolare e i loro tradimenti.
La borghesia, una classe sociale un tempo oppressa dalle classi feudali, ha impiegato circa 800 anni per arrivare al potere, dopo molte battaglie ma anche molti fallimenti! E poi, la storia è fatta dagli uomini stessi, e non c'è un arbitro supremo che tenga il cronometro.
Come tutti i rivoluzionari, Marx ed Engels agirono come se la rivoluzione dovesse succedere presto. Tutto il lavoro svolto durante e sulla scia dell'ondata rivoluzionaria europea del 1848-1849 dimostra che essi prevedevano e ovviamente speravano che questa ondata rivoluzionaria non si sarebbe fermata ai limiti della rivoluzione borghese.,Anzi avrebbero voluto che fosse diventata permanente (la parola e il concetto risalgono a quel periodo) e che si potesse trasformare in una rivoluzione proletaria.
Tanti altri, molto più grandi di noi, hanno sostenuto che, se il proletariato avesse preso il potere quando l'imperialismo, il potere dei monopoli, ha sostituito il capitalismo di libero mercato, l'umanità si sarebbe risparmiata molte sofferenze, a cominciare dalla prima e dalla seconda guerra mondiale. Ma l’unica conclusione che possiamo trarre è che ciò che non è ancora stato fatto, deve essere portato a termine.
Cosa possiamo aspettarci nel periodo a venire? L'anno scorso ci ha mostrato la rapidità con cui le fiamme della guerra si sono propagate dall'Ucraina al Medio Oriente, senza dimenticare i molteplici focolai di guerra dal Caucaso al Sudan. Ha anche mostrato l'interdipendenza degli eventi e della crisi, in particolare attraverso le sanzioni. I numerosi legami creatisi tra le economie di diversi Paesi, che potrebbero e dovrebbero dare all'umanità una formidabile capacità di controllo della vita economica e dell'organizzazione sociale, sono invece fonte di caos.
Il fuoco può provenire dall'interno dell'economia stessa, con conseguenze sulle relazioni sia tra le nazioni che tra le classi. Per fare un solo esempio: l'attuale fase della crisi economica non ne ha visto, o non ne ha ancora visto, una borsistica della portata del giovedì nero del 24 ottobre 1929. Nemmeno una crisi finanziaria come quella che ha quasi inghiottito il sistema bancario globale nel 2008-2009... Ma il sistema finanziario ha lasciato ticchettare così tante bombe a orologeria che tutti i dirigenti della borghesia internazionale temono un nuovo cataclisma. Come reagiranno le diverse classi sociali a una brutale crisi finanziaria, in cui la speculazione giocherà inevitabilmente un ruolo distruttivo?
Dietro le bombe a orologeria della sfera finanziaria, ci sono quelle della sfera sociale, le rispettive reazioni delle due principali classi popolari, quella operaia e la piccola borghesia, e i loro rispettivi rapporti in una società dominata dalla grande borghesia. Riusciranno a trovare un accordo contro il loro comune sfruttatore e oppressore, la grande borghesia? O questa riuscirà a ingannare entrambi attraverso le politiche di fronte popolare? O metterà la piccola borghesia contro la classe operaia? L'evoluzione della politica verso la destra e l'estrema destra dimostra che gli elementi umani di un'evoluzione verso il fascismo sono sempre presenti. Questo non è solo discorsi d'odio e demagogia razzista antiaraba o antisemita. È soprattutto rabbia capace di mobilitare la piccola borghesia, di metterla contro la classe operaia e di fornire alla borghesia lo strumento di repressione per sostenere il suo apparato statale ufficiale.
L'unica cosa di cui possiamo essere certi è che tutti gli ammortizzatori messi in atto per attenuare gli sconvolgimenti sociali, anche - e soprattutto - nei Paesi imperialisti, non basteranno. Anche solo la durata della crisi, intervallata da conflitti armati, metterà la borghesia in condizione di non fare alcuna concessione alle classi lavoratrici, nemmeno nel senso del macronista "allo stesso tempo". Il periodo che ci attende darà nuova rilevanza alle rivendicazioni di transizione. In quale ordine? Con quali priorità? La risposta ce la darà la stessa lotta di classe, a patto di essere pronti. La nostra presenza nelle aziende è limitata. Anche se si estende un po' di più con le carovane e le attività locali, dobbiamo valerci della preoccupazione che spinge un po' più persone a cercare soluzioni, per stabilire più legami.
Negli ultimi due o tre anni abbiamo detto più volte che è stata la ripresa dell'inflazione a dare un impulso improvviso a richieste come la scala mobile dei salari e l'indicizzazione dei salari ai prezzi. E l'attualità delle guerre sta già aggiornando i capitoli del Programma di transizione che trattano dell'esproprio delle industrie belliche. D'altra parte, dobbiamo essere consapevoli che la tendenza alla militarizzazione di tutti i regimi si accelererà inevitabilmente. Dobbiamo essere pronti ad affrontarla.
E dobbiamo reclutare, come diciamo ogni anno. Sopravvivere significa continuare ad esistere come marxisti, senza abbandonare le nostre idee, senza smorzarle. Gli orrori della situazione spingono i giovani a provare un certo interesse per la trasformazione sociale. Dobbiamo trovarli e conquistarli. Ma soprattutto, che siano di origine proletaria o intellettuale, devono diventare quadri, capaci di trasmettere le idee comuniste rivoluzionarie, e quindi di acquisirle e radicarle nel proletariato.
Nel 2024 ci saranno le elezioni europee. Data la rapidità con cui gli eventi si susseguono, discuteremo le nostre formulazioni in modo più dettagliato man mano che ci avvicineremo alle scadenze. Per quanto riguarda il nostro asse politico, sarà quello della nostra proposta di mozione: l'affermazione della nostra identità comunista rivoluzionaria. Denunceremo il capitalismo, le sue crisi, le sue guerre e l'impasse in cui il grande capitale sta intrappolando la società.