Da quando Hamas ha attaccato Israele il 7 ottobre 2023, i dirigenti israeliani pensano di potere fare tutto quello che gli pare. I loro bombardamenti hanno ridotto la Striscia di Gaza a un campo di rovine, uccidendo più di 40.000 uomini, donne e bambini e infliggendo infinite sofferenze ai sopravvissuti. In Cisgiordania, le incursioni dell'esercito israeliano e delle milizie di estrema destra hanno causato più di 600 morti. L'esercito israeliano si è permesso di colpire e uccidere in Siria, Yemen e Iran. E da fine settembre ha lanciato una guerra totale contro Hezbollah, bombardando senza sosta il Libano e trasformando quartieri, villaggi e intere regioni in montagne di macerie.
Dunque, i dirigenti israeliani non conoscono limiti. Netanyahu ha perfino avuto il “coraggio” di dare il via all'operazione che ha ucciso Hassan Nasrallah dalla sede dell'ONU a New York! Ma perché dovrebbero esitare quando gli Stati Uniti e, dietro di loro, le principali potenze europee li sostengono incondizionatamente? Parlano di moderazione e anche delle necessità di un cessate il fuoco, ma non hanno mai smesso di fornire armi all’esercito israeliano e di giustificare le sue azioni dicendo che Israele “ha il diritto di difendersi”. Sia Biden che Kamala Harris si sono congratulati con Netanyahu per l'assassinio di Hassan Nasrallah, dichiarando che si tratta di “una misura di giustizia”. Come si può parlare di “giustizia” quando una bomba di una tonnellata esplode nel mezzo di un'area residenziale, uccidendo centinaia di uomini, donne e bambini?
C'è un'espressione e una sola per descrivere le azioni di Israele in Libano e a Gaza: terrorismo di Stato. E questo terrorismo si differenzia da quello di Hamas o di Hezbollah solo per le maggiori risorse a sua disposizione, quelle di uno Stato iperarmato che ha la benedizione aperta o tacita delle grandi potenze.
Quando i dirigenti sionisti hanno deciso di costruire uno Stato confessionale ebraico sulla terra abitata dai palestinesi, hanno condannato a una guerra senza fine gli israeliani, che sono usciti dalla condizione di oppressi per trasformarsi in una forza di oppressione. Con il passare del tempo, lo Stato di Israele è diventato il braccio armato più affidabile e più resistente dell'imperialismo, utilizzato per tenere a bada i regimi che gli Stati Uniti considerano troppo indipendenti, come l'Iran.
Oggi l'ordine imperialista in Medio Oriente si confonde con il terrorismo di Stato israeliano e la sua politica di espansione, colonizzazione e annessione. Ma è lo stesso ordine imperialista che ha distrutto l'Iraq e smembrato la Siria. È questo ordine imperialista che ha gettato i popoli dell'intera regione in crisi sociali e politiche senza fine.
I libanesi lo sanno bene! I confini del loro Paese sono stati tracciati dalla Francia coloniale, che lo ha artificialmente separato dalla Siria. Anche il suo sistema politico, basato sulle divisioni comunitarie, è stato progettato dalle potenze coloniali per indebolire il futuro Stato e mantenerlo dipendente da loro.
La popolazione libanese, in parte costituita da rifugiati palestinesi, ha pagato questi calcoli con quindici anni di guerra civile tra il 1975 e il 1990. Il Libano è infatti diventato un'arena in cui si scontrano tutte le potenze della regione, ognuna delle quali sostiene una milizia o un'altra. I libanesi sono diventati gli eterni ostaggi di guerre che non sono le loro, ma in realtà, questo è il caso di tutti i popoli della regione.
La posta in gioco in questi scontri, e ciò che contrappone Israele ai palestinesi, non è l’opposizione tra ebrei e musulmani. Si tratta per le grandi potenze imperialiste di continuare a controllare la regione e il suo petrolio, e il commercio marittimo che passa attraverso lo Stretto di Hormuz e il Canale di Suez. D’altra parte, per partiti nazionalisti come Hamas e Hezbollah, o per i dirigenti iraniani, l’obiettivo non è far uscire il loro popolo dalla povertà. Partecipando alla spirale della guerra e difendendo il loro potere, vogliono anche loro avere una parte maggiore del bottino e trarre profitto dallo stesso sistema di sfruttamento e saccheggio.
Per uscire da questi scontri sanguinosi, i popoli del Medio Oriente dovranno cercare di costruirsi un futuro comune. Questo obiettivo potrà essere raggiunto solo attraverso la volontà dei lavoratori e degli oppressi di tutti i Paesi di unirsi al di là delle frontiere e delle nazionalità per porre fine al dominio dell’imperialismo e delle classi dominanti che lo servono o lo vogliono servire; una federazione socialista dei popoli del Medio Oriente, nella quale nessuno sarà l’oppressore dell’altro, questo è l’unico programma che può garantire una pace e uno sviluppo autentici in questa regione e tra la sua gente.
Ma se è l’imperialismo, come sistema mondiale, che produce guerre incessanti, il suo abbattimento è interesse collettivo dell’umanità. E sono i lavoratori dei paesi più ricchi, la cui borghesia trae il massimo vantaggio dal soggiogare le regioni più povere del pianeta, che devono giocare un ruolo decisivo in questa lotta.
30 settembre 2024 - Da "Lutte ouvrière”