Da “Lutte de classe” n° 144 – Maggio 2012
Questo è l'intervento di Jean-Pierre Mercier, operaio alla PSA di Aulnay-sous-Bois (periferia di Parigi) a proposito del progetto di chiusura della fabbrica, intervento fatto al comizio nazionale del 15 aprile.
Come ne avete avuto notizia dai mass media, giovedì scorso con una delega di 400 lavoratori della fabbrica di Aulnay-sous-Bois che appartiene al gruppo Peugeot – Citroën, cioè il gruppo PSA (Peugeot Società Anonima), abbiamo avuto un incontro con Sarkozy. Diciamo subito che ci sentiamo meglio qui oggi con voi, con migliaia di lavoratori, di giovani, di compagni di lotta, in mezzo ai nostri.
Ovviamente non rimpiangiamo quest’incontro con Sarkozy: sia solo perché l'essere riusciti ad imporlo è stato risentito dai lavoratori della fabbrica come un piccolo successo; ed è proprio quello che è. Ricordiamoci: nel piano segreto del direttore della PSA, Philippe Varin, che fu rivelato dalla CGT nel giugno scorso, era scritto nero su bianco che l’annuncio della chiusura della fabbrica sarebbe stato fatto dal settembre 2012 “per tenere conto del calendario elettorale francese”. I pezzi grossi della direzione della PSA avevano pensato che fosse meglio evitare che l’annuncio della chiusura della PSA di Aulnay potesse alimentare ancora di più il dibattito sulle chiusure di fabbriche durante la campagna elettorale, costringendo Hollande e Sarkozy a chiarire la loro posizione. Alla PSA non piace affatto essere alla ribalta di questo tipo di dibattito.
Ebbene, il loro piano è fallito ! E infatti è già un piccolo successo l'avere sventato questa prima parte del loro piano. E anche se sappiamo che tutto rimane da fare e che la vera lotta non è ancora cominciata, non abbiamo nessuna ragione di nascondere la nostra soddisfazione di avere segnato un primo punto.
La faccenda della chiusura programmata della fabbrica di Aulnay è un’illustrazione particolarmente rivoltante di tutto quello che la nostra compagna Nathalie Arthaud ha denunciato durante questa campagna elettorale. Il primo punto del programma di lotta portato avanti da Nathalie è il divieto dei licenziamenti e la ripartizione del lavoro tra tutti, senza perdita di salario. La PSA è un’impresa ricca a miliardi, il cui padrone si vantava poco tempo fa di poter disporre ad ogni momento di un fondo di più di 11 miliardi di euro presso le banche. E che cosa prevedono i dirigenti dell’impresa? Di chiudere Aulnay! Perché ci sono difficoltà economiche? No, certo che no! Si tratta semplicemente di guadagnare ancora più soldi
Il piano del padrone della PSA consiste nel chiudere Aulnay per trasferire la produzione a Poissy e Mulhouse, cioè da una parte mettere 3 500 lavoratori sul lastrico, e dall’altra sfruttare giorno e notte, compreso sabato e domenica, gli operai delle altre fabbriche. Quindi non saremo mai d’accordo! E noi lotteremo fino alla fine per farlo indietreggiare il più possibile.
L’unica soluzione di buon senso, che sia nell’interesse della società intera, è di opporsi a questo crimine sociale e di imporre alla PSA di spendere soldi per ripartire la produzione tra tutte le fabbriche.
Calano le vendite? Non è colpa nostra e a dire il vero, se i dirigenti della PSA non sono capaci di gestire l'impresa in modo corretto, se per loro questo è troppo complicato, allora lascino pure il posto e la gestione ai loro operai e, credetemi, faremo meglio di loro!
Ma intanto, non c’è nessuna ragione perché i lavoratori facciano le spese della loro politica. La produzione sia ripartita tra tutte le fabbriche del gruppo e, in ogni fabbrica, il lavoro sia ripartito tra tutte le braccia disponibili, compreso i lavoratori interinali. Questo proteggerà i nostri posti di lavoro e rallenterà il ritmo delle catene di montaggio. Non ci lamenteremo: finalmente, potremo tirare il fiato.
E ai nostri padroni che ci ripetono sempre: “Ma è impossibile, questo ci costerebbe soldi!”, noi rispondiamo nello stesso modo: “Capita a proposito, perché soldi, ne avete e ne avete tanto che nemmeno sapete nemmeno cosa farne! Quindi, invece di dedicarlo alla speculazione, vi imporremo di dedicarlo alla salvaguardia dei posti di lavoro. Almeno questa volta, i vostri soldi che avete guadagnati alle nostre spalle, serviranno a qualcosa di socialmente utile”.
C’è un altro terreno sul quale la campagna di Nathalie corrisponde particolarmente a ciò che viviamo: è l’obiettivo che lei difende, che difendiamo da anni a Lutte Ouvrière, e si tratta della soppressione di tutte le leggi che proteggono il segreto degli affari.
Come tutti i padroni, la direzione della PSA pratica molto il segreto. Ha immaginato nei suoi uffici, da anni, un piano ultra confidenziale per la chiusura di Aulnay – e non solo di Aulnay ma anche della fabbrica di Madrid e della Sevelnord di Valenciennes, nel nord della Francia. Tutto si sarebbe svolto secondo i suoi piani, tutto sarebbe rimasto segreto fino alla fine e al momento in cui lei, la direzione, avrebbe deciso di dare il colpo di grazia ai lavoratori.
Bene, il suo piano è fallito. C’è qualcuno che ha scelto coraggiosamente di comunicare questo piano segreto ai sindacati e c’è ne stato poi uno che ha pubblicato questo piano. Purtroppo, forse non si saprà mai chi ha fatto questa rivelazione. Perché in questa società capitalista matta, ad essere trattati da delinquenti non sono quelli che commettono i crimini sociali, bensì quelli che li svelano.
Chi ha denunciato la cosa? Un dirigente scioccato dai metodi della direzione della PSA? Una segretaria che ha battuto il documento? Un ragioniere incaricato di verificare l'ammontare dei profitti annunciata nel piano? Un informatico che ha trovato questa notizia sulla rete interna? O perfino un lavoratore delle pulizie, incaricato di svuotare i cestini? No, non lo sapremo mai. Ma questo dà mille volte ragione a Nathalie quando ripete, giorno dopo giorno: collettivamente, i lavoratori possono sapere tutto – semplicemente perché sono loro che fanno funzionare tutto, in tutti i campi della società, in tutti i campi dell’economia!
La lotta che abbiamo iniziata nella fabbrica va ben oltre i limiti della PSA. Perché lottare per salvare il posto di lavoro non è solo la lotta di un'impresa dopo un altra, di un lavoratore dopo un altro. È anche, ad un livello più alto, una battaglia contro la disoccupazione; è anche resistere alla politica generale dei padroni.
I più anziani si ricordano degli anni '70, quando non esisteva la disoccupazione di massa e quando, in tante professioni, si poteva lasciare un padrone la mattina e ritrovare un altro posto già il pomeriggio. Ovviamente, in queste condizioni, i lavoratori erano in una posizione migliore per lottare, per rivendicare, e perfino per scioperare, perché non avevano la spada di Damocle della disoccupazione sospesa sopra la testa.
Nella fabbrica, per molto tempo ci sono stati compagni di lavoro che cercavano di convincersi che non ci sarebbe stata la chiusura e dicevano: «non lo faranno»… E invece si, osano tutto! Perché hanno il potere, perché dirigono il mondo e pensano di non avere nessun conto da rendere a chiunque, tranne loro stessi.
Qualche settimana fa, all’inizio del mese di marzo, il barone Ernest-Antoine Seillière, ex dirigente del sindacato dei padroni, il Medef, diceva così alla radio: «Non c'è un rapporto, in una società capitalista, tra morale e efficacia. E non credo che nel campo morale, il povero abbia sempre ragione». E precisava per il giornalista che lo interrogava che la morale di ciò che fanno i padroni, «non tocca a voi giudicarla, tocca a chi giudicherà il nostro destino altrove, nella vita eterna».
Ecco con chi abbiamo a che fare: gente che sa che «l’efficacia», parola educata per parlare di profitti, deve essere realizzata ad ogni costo e che poi, insomma sarà Dio a riconoscere i suoi…
Si, quando chiudono una fabbrica che fa vivere una città, un dipartimento, a volte un’intera regione, dicono a tutti i lavoratori che non hanno paura di nulla e che nessuno è al riparo. Ed è proprio a questo che i lavoratori devono rispondere. Non solo nelle fabbriche che chiudono, ma dappertutto.
Per rovesciare il rapporto delle forze, occorrerà che la lotta per vietare i licenziamenti diventi il programma di tutti i lavoratori, che la loro fabbrica stia chiudendo o meno…
Per riprendere l’esempio della PSA, direi che il futuro della fabbrica di Aulnay dipende non solo dagli operai della fabbrica stessa, ma dagli operai di tutte le altre fabbriche del gruppo – di quelli di Sochaux, di quelli di Rennes, di Poissy o di Mulhouse – perché loro hanno, ancora molto più di noi a Aulnay, la possibilità di colpire, di colpire molto la Peugeot, se scioperano.
Ovviamente non è semplice convincerli, perché chi ha ancora un lavoro ha voglia di conservarlo e preferisce chinare la testa per non superare il vicino di un centimetro e stringere i denti per non dire quel che ne pensa...
Ma è proprio la reazione che aspettano i padroni! A questo gli serve la disoccupazione di massa!
Perciò, noi militanti operai comunisti dobbiamo continuare senza tregua a dire ai lavoratori: siamo coinvolti tutti noi. Quando un padrone chiude una fabbrica, siamo tutti colpiti. E se il padrone ci riuscirà, lo pagheremo tutti. Non cediamo al sollievo di chi ha sentito il soffio del canone e pensa: «meno male che ha colpito gli altri». Non colpisce mai solo gli altri! Anche se la bomba non cade direttamente sulla nostra impresa, il soffio dell’esplosione colpisce tutti i lavoratori.
Quando i lavoratori che lottano con le spalle al muro per difendere il posto di lavoro contro un padrone che li vuole licenziare saranno raggiunti da battaglioni di lavoratori, che avranno capito che col difendere gli altri difendono se stessi, quando i lavoratori avranno capito questo, allora il vento cambierà.
Tutte le lotte sono importanti, tutte le battaglie vanno condotte fino alla fine, perché anche una lotta fatta con le spalle al muro sarà forse quella che, un domani, provocherà l’esplosione generale, in tutto il paese, ed è questo che ci auguriamo.
Noi di Lutte Ouvrière siamo profondamente convinti che il mondo del lavoro non rimarrà sempre disarmato. Il giorno in cui gli tornerà la coscienza della sua gigantesca forza, in cui si sveglierà e capirà che gli basta alzarsi per essere in condizioni di cambiare tutto, quel giorno, credetemi, i Bettencourt, Peugeot, Dassault e tutti i baroni Seillière del mondo dovranno ingoiare la loro arroganza, il loro disprezzo per «i poveri» e pagare i conti dei loro crimini, non «nella vita eterna» ma oggi e davanti a tutta la società!
Quindi compagni, se credete in questa prospettiva, fatela condividere intorno a voi, ditelo anche tramite il voto a Nathalie, è l’unico gesto utile che potete fare in questa elezione. E dopo, ci ritroveremo nelle piazze, ci ritroveremo nelle lotte, negli scioperi !
Evviva la lotta dei lavoratori e, come lo gridiamo spesso alla PSA di Aulnay: “la forza dei lavoratori sta nello sciopero!”