Le guerre vengono fatte per i profitti della grande borghesia

La maggioranza di governo ha concluso l’anno 2025 con la solita baruffa interna sulla legge finanziaria. Bisognava dare qualche boccone dello scarso budget a disposizione a ogni categoria che i tre principali partiti al governo considerano proprio terreno di caccia elettorale e propria clientela. In primo luogo però si è cercato di placare le lamentele degli industriali, dei banchieri e dei grandi gruppi assicurativi.

L’opposizione ha soprattutto insistito sulle “divisioni” della maggioranza, come se non ci fossero argomenti molto più seri su cui impegnare una battaglia politica. Lo scorso 19 novembre il Corriere della sera ha pubblicato un editoriale di Antonio Polito che descrive in questi termini la contrapposizione tra partiti in parlamento: “La battaglia per la Finanziaria, che sembra campale, è in realtà una scaramuccia. Si combatte sul campo dello status quo. Piccole fette di una torta già piccola e destinata a rimpicciolirsi ancor di più nei prossimi anni di «crescita zerovirgola», eppur contese fino all’ultima briciola da partiti famelici”. Crescita asfittica confermata peraltro qualche settimana dopo dal rapporto della Banca d’Italia, che prevede un aumento del Pil dello 0,6% per il 2026.

Le condizioni economiche della classe lavoratrice sono tali che perfino molti economisti “ufficiali” si fanno portatori di una richiesta di aumenti salariali generalizzati, sia per dare ossigeno al mercato interno, sia per mettere un freno al fenomeno dell’emigrazione che ormai riguarda centinaia di migliaia di giovani, sia infine, come ha ricordato il giurista Pietro Ichino, certo non famoso per essere tenero con le rivendicazioni dei lavoratori, per fare in modo che il sistema pensionistico non collassi.

Ovviamente, né il governo, né l’opposizione hanno intenzione di affrontare il nodo dell’enorme disparità di ricchezze che anche nell’anno appena concluso si è allargata. La proprietà privata è sacra! Tra l’altro, negli ultimi anni, sta aumentando la quota di ricchi che hanno ricevuto il loro patrimonio come eredità. Viene così a cadere anche il mito del ricco che “si è guadagnato” il suo posto di privilegiato nella società.

Una recente stima di Forbes ha aggiornato i dati forniti ad aprile: ci sono ora 79 miliardari in Italia, cinque in più. Complessivamente dispongono di un patrimonio di 357,2 miliardi di dollari contro 339 miliardi in aprile.

Queste cifre parlano da sole. La retorica nazionalista dei governanti con i loro sospiri per l’amor di patria, ci vorrebbe tutti uniti dietro al tricolore, come una sola “comunità nazionale”. Quale comunità? Nel nostro, come negli altri paesi, c’è una piccola minoranza di grandi borghesi, che siano padroni di industrie o di banche oppure semplici rentier o speculatori di borsa, ai quali i partiti politici presenti in parlamento e tutta una schiera di giornalisti, professori, intellettuali fanno il favore di presentare questa ributtante ingiustizia sociale come l’ordine normale delle cose. Tutto il resto della popolazione, e soprattutto quella che vive del proprio salario, non può fare altro che subire e arrangiarsi per non scivolare nella povertà. Quando nella povertà non è già caduta, come i più di due milioni di working poor, cioè lavoratori poveri.

Mentre il mondo si va armando sempre di più, Italia compresa, i richiami alla “identità nazionale” assumono anche un significato particolarmente sinistro. Come in altri momenti della storia, la “difesa della nazione” è il pretesto per una corsa agli armamenti. Un autore inglese, Norman Angell, scrisse di questa corsa nell’approssimarsi della Prima guerra mondiale: “Ogni nazione pretende che i suoi armamenti siano puramente difensivi”. Una storia che oggi si ripete; le spese per gli armamenti “sono impopolari ma necessarie” in questo momento come mai prima, ha detto il presidente Mattarella alla cerimonia dello scambio degli auguri di fine anno.

Mettere insieme l’impopolarità, cioè il fatto che la maggioranza del “popolo” non approva l’aumento delle spese militari, con la democrazia, cioè un regime dove dovrebbe comandare questo stesso “popolo”, è un po’ come la quadratura del cerchio. Problemi loro.

Il problema nostro e dei nostri figli invece è quello di non farsi inquadrare e indottrinare da qualsiasi governo voglia renderci vittime o carnefici in una prossima guerra, solamente per consentire a un pugno di ricconi di rimpinzarsi ancora di più di rendite e profitti.