Al secondo turno delle elezioni presidenziali cilene, il 14 dicembre, José Antonio Kast con 7,2 milioni di voti, pari al 58%, ha largamente superato Jeannette Jara, ex ministro del Lavoro del governo di sinistra uscente, che ha ottenuto solo 5,2 milioni di voti (42%) .
Il presidente statunitense Trump e il presidente argentino Milei hanno immediatamente salutato l'elezione di una figura vicina alle loro idee. Kast è di estrema destra, figlio di un ex soldato della Wehrmacht membro del partito nazista, e tutta la sua famiglia è stata legata al regime di Pinochet. Nel 2017, al suo primo tentativo elettorale, si era schierato a favore della continuità di quel regime, parlando addirittura di graziare i torturatori della dittatura incarcerati. Poi ha denunciato l'esplosione sociale del 2019 come "criminale". Legato al movimento di estrema destra Vox in Spagna e all'argentino Milei, ha preso posizione contro l'aborto, la "teoria del genere" e i diritti delle donne in generale.
Per questa campagna, Kast ha voluto mettere da parte la sua simpatia per l'ex dittatura e ha incentrato la sua campagna sulla lotta alla criminalità e all'immigrazione. È andato ad ammirare la mega prigione di Nayib Bukele, l'autoritario presidente del Salvador, dove 40.000 detenuti sono rinchiusi in gabbie come animali. Ha promesso espulsioni di massa dei migranti, ha parlato di installare recinzioni e fossati al confine settentrionale. Ha avvertito che avrebbe tagliato drasticamente i bilanci pubblici.
Come purtroppo in molti paesi, anche in Cile le idee reazionarie stanno guadagnando terreno. Ma la causa della sconfitta della sinistra va ricercata soprattutto nella sinistra stessa. La sua candidata, Jeannette Jara, è membro del Partito Comunista. La destra ha sfruttato questo fatto per alimentare la paura del rosso, anche se la borghesia non aveva davvero niente da temere da Jeannette Jara. A capo di una coalizione che arrivava fino al centro, ha persino dichiarato in un'intervista che, se fosse stata eletta, avrebbe sospeso la sua adesione al partito. Dall'altra parte, agli occhi delle classi popolari, incarnava soprattutto la continuità con il governo precedente che, eletto sulla scia della rivolta sociale del 2019, aveva deluso tutte le aspettative. Infatti, sotto questo governo nulla è realmente cambiato: la povertà non è diminuita e la crisi degli alloggi si è aggravata. Anche il sistema pensionistico a capitalizzazione individuale, odiato dalla popolazione e di cui i manifestanti chiedevano l'abolizione, è ancora in vigore. Questo sistema, che avvantaggia i gruppi finanziari, era stato istituito dalla dittatura di Pinochet.
In queste elezioni, la sinistra ha accettato che il dibattito politico si concentrasse principalmente sui temi sollevati dai grandi media e dall'estrema destra: l'immigrazione, soprattutto di origine venezuelana, e la criminalità. Jeannette Jara ha accusato i media di aver "inventato una paura collettiva, controllato la mente delle persone", ma ha seguito questa tendenza. Durante l'ultimo grande dibattito televisivo con Kast, la candidata "comunista" si è schierata sulla stessa posizione, proponendo, se eletta, di organizzare cento operazioni di polizia su larga scala nei primi cento giorni del suo mandato e di costruire cinque nuove prigioni. Per quanto riguarda la crisi degli alloggi, drammatica per tutta una parte della classe operaia, i due candidati hanno trovato un accordo sulla "soluzione" consistente nel porre fine con la forza alle occupazioni illegali.
La rivolta sociale del 2019 era proseguita con un movimento massiccio di occupazione di grandi proprietà terriere da parte di famiglie senza soluzione. Oggi in Cile si contano circa 1.500 luoghi di occupazione "illegale" di terreni, il 50% in più rispetto al dicembre 2019. Su questa questione, pochi giorni prima delle elezioni, il governo di sinistra ha mostrato da che parte stava. Su richiesta dei proprietari terrieri, un tribunale ha deciso lo sfratto di 4.000 famiglie che occupavano 215 ettari di terreni privati su una collina vicino alla città di San Antonio, a sud di Valparaiso, e il governo di sinistra ha accettato questa decisione. Queste famiglie, arrivate dopo il 2019, si erano organizzate in una quarantina di cooperative e la baraccopoli originaria aveva assunto poco a poco l'aspetto di una vera e propria città di 14.000 abitanti. Come risposta, il governo si è limitato a espropriare – con un indennizzo ai proprietari – un centinaio di ettari per costruire, in seguito, alloggi destinati a una parte delle famiglie sfrattate.
Così, dopo il movimento di massa del 2019 che aveva portato all'insediamento del governo Boric, questa sinistra al potere ha portato le aspirazioni popolari in un vicolo cieco e, di fatto, ha aperto la strada alla destra e ai nostalgici della dittatura. Oggi bisogna constatare che se questa lotta popolare riprende fiato, i lavoratori e tutti i militanti coscienti dovranno diffidare come della peste di questo tipo di falsi amici e darsi i mezzi per opporsi ai veri padroni del Paese e contendere loro il potere.
A F