110 anni fa: Settembre 1915 Zimmerwald: l’internazionalismo contro il massacro imperialista

La conferenza di Zimmerwald, nel settembre 1915, fu la prima espressione internazionale degli oppositori alla guerra scoppiata nell’agosto 1914, un anno prima.

Questo primo macello mondiale era stato preceduto da un decennio di corsa agli armamenti. Le tensioni e i conflitti locali tra le potenze capitaliste europee si erano moltiplicati in Africa, nel Vicino Oriente, nell’Estremo Oriente e nei Balcani, per il controllo dei territori e delle risorse. Il potente movimento socialista internazionale aveva già nel 1907, al Congresso di Stoccarda, preso chiaramente posizione contro la guerra imminente: “Se una guerra minaccia di scoppiare, è dovere della classe operaia dei paesi interessati [...] compiere ogni sforzo per impedirla con tutti i mezzi che riterrà più appropriati e che saranno naturalmente diversi a seconda dell’acutezza della lotta di classe e della situazione politica generale. Nel caso in cui la guerra dovesse comunque scoppiare, è loro dovere intervenire per porvi fine rapidamente e utilizzare con tutte le loro forze la crisi economica e politica creata dalla guerra per agitare gli strati popolari più profondi e accelerare la caduta del dominio capitalista”.

Questa dichiarazione fu ripresa al Congresso di Basilea del 1912, che ricordava anche: “Le guerre sono attualmente causate solo dal capitalismo e in particolare dalla concorrenza economica internazionale degli Stati capitalisti sul mercato mondiale”.

Rovina politica della Seconda Internazionale

Ma, allo scoppio della guerra nell’agosto 1914, la maggior parte dei partiti socialdemocratici rinnegò tutti i propri impegni e si schierò dietro la propria borghesia e i propri generali. Votarono i crediti di guerra e ripresero la propaganda nazionalista più spudorata. In diversi paesi, i loro leader entrarono a far parte del governo, come Jules Guesde e Marcel Sembat in Francia. Mentre questi dirigenti accedevano per la prima volta alle poltrone ministeriali, i loro oppositori venivano condannati al carcere.

Tutte le relazioni internazionali del movimento operaio furono interrotte. La Seconda Internazionale, che nel 1914 contava più di tre milioni di membri nelle sue diverse sezioni, firmò la propria rovina politica e organizzativa. La maggior parte dei leader sindacalisti, socialdemocratici o anarchici affondarono allo stesso modo e misero il loro apparato al servizio dello sforzo bellico.

Le cause del fallimento

Questo fallimento totale mise in luce la profonda degenerazione delle organizzazioni operaie nei paesi imperialisti. Lenin ne definì così la causa: “Il periodo dell’imperialismo è quello della spartizione del mondo tra le “grandi” nazioni privilegiate che opprimono tutte le altre. Le briciole del bottino derivante da questi privilegi e da questa oppressione vanno senza dubbio a beneficio di alcuni strati della piccola borghesia, nonché dell’aristocrazia e della burocrazia della classe operaia”. Era questo il terreno fertile su cui si erano sviluppate le idee opportunistiche e riformiste che avevano infettato gli ambienti dirigenti. Questi ultimi si erano integrati ogni giorno di più nella società borghese, pur conservando una retorica socialista. Messi alle strette nell’agosto 1914, scelsero di capitolare per salvare i loro posti e i loro apparati. Fu un colpo alle spalle dei lavoratori e dei militanti nel momento in cui dovevano affrontare l’ordine di mobilitazione e la militarizzazione del lavoro nelle fabbriche.

Gli oppositori all’Unione sacra

Ma non tutti i partiti e i loro militanti persero la loro bussola di classe. In Russia, il partito bolscevico rifiutò di votare i crediti di guerra, così come i partiti serbo e bulgaro. Furono seguiti nel 1915 dal Partito socialista italiano, quando l’Italia entrò in guerra. La linea dei dirigenti socialisti italiani non si spinse fino a un vero appello contro il proprio governo e il proprio stato maggiore, ma si limitò a un più opportunistico “né aderire, né sabotare”.

In Germania, Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg e Klara Zetkin incarnarono fin dall’inizio l’opposizione alla guerra. In Francia, l’opposizione si organizzò nella CGT (Confederazione Generale del Lavoro), attorno a Monatte, Rosmer e Merrheim. Questi militanti entrarono in contatto con Trotsky, che, allora rifugiato a Parigi, vi pubblicavail quotidiano Naše Slovo (La nostra parola). Il rivoluzionario russo in esilio scriveva il 9 agosto: “Gli anni a venire vedranno l’epoca della rivoluzione sociale. Solo l’ascesa rivoluzionaria del proletariato può fermare questa guerra”.

Il primo imperativo per questi militanti era quello di ristabilire legami oltre i confini. Zimmerwald fu una tappa fondamentale nella costruzione di una nuova internazionale.

La conferenza di Zimmerwald

L’ incontro fu organizzato dal 5 all’8 settembre 1915, su iniziativa dei militanti svizzeri e italiani contrari alla guerra. Riunì in questo villaggio di montagna svizzero 38 delegati. Angelica Balabanoff, Oddino Morgari, Giuseppe Emanuele Modigliani, Costantino Lazzari e Giacinto Menotti Serrati rappresentavano il Partito Socialista Italiano. Mentre alcuni delegati erano piuttosto pacifisti, una corrente rivoluzionaria, la Sinistra di Zimmerwald, guidata da Lenin, sosteneva il disfattismo rivoluzionario e invitava a trasformare la guerra imperialista in guerra civile.

Nonostante queste divergenze, un manifesto redatto da Trotsky fu votato all’unanimità. Di fronte alle menzogne dei dirigenti borghesi e dei capi socialisti che si erano uniti all’Unione sacra in nome della difesa della patria, affermava: “Chiunque siano i responsabili immediati dello scoppio di questa guerra, una cosa è certa: la guerra che ha provocato tutto questo caos è il prodotto dell’imperialismo”.

Il manifesto denunciava l’Unione sacra, il voto dei crediti di guerra e concludeva con questo appello: “Operai e operaie, madri e padri, vedove e orfani, feriti e mutilati, a tutti voi che soffrite per la guerra e a causa della guerra, gridiamo: Al di là dei confini, al di là dei campi di battaglia, al di là delle campagne e delle città devastate: proletari di tutti i paesi, unitevi!”.

Nonostante la censura e la repressione, questo manifesto si diffuse nelle trincee, nelle fabbriche e nelle prigioni. Sventolava la bandiera dell’internazionalismo in mezzo al massacro imperialista.

Di fronte all’orrore dei combattimenti, l’opposizione alla guerra continuò a crescere tra le masse. Fu proprio la rivoluzione operaia, prima in Russia nel 1917 e poi in Germania e nell’Europa centrale nel 1918, a porre fine al massacro mondiale. La trasformazione della guerra imperialista in guerra civile, in rivoluzione, divenne allora una realtà. Il piccolo gruppo di militanti di Zimmerwald, isolati e in controtendenza nel 1915, si ritrovò alla guida di una rivoluzione operaia vittoriosa e di una nuova Internazionale tre anni dopo.

Oggi, mentre l’imperialismo trascina nuovamente l’umanità verso una guerra mondiale, i partiti rivoluzionari che raccolgono il testimone delle idee comuniste internazionaliste sono più che mai necessari. Come diceva un canto rivoluzionario: “Tu guiderai i nostri passi, Zimmerwald!”.

C B