Il 22 maggio è stata siglata, da parte di 6 sigle sindacali, una “ipotesi di rinnovo” del contratto nazionale degli addetti alle attività ferroviarie. I firmatari rivendicano che si tratta “non di un accordo difensivo ma di un avanzamento reale”. Ma, come rileva un primo commento dell’Assemblea nazionale dei macchinisti e dei capitreno, l’ipotesi di accordo non risponde, in modo particolare, alle richieste formulate da questo organismo con una precisa piattaforma rivendicativa.
Le richieste dell’Assemblea si concentrano sulla rivalutazione di quelle indennità che caratterizzano lo specifico lavoro del personale dei treni (e non solo) e che sono rimaste le stesse da vent’anni a questa parte. Sul piano normativo, la piattaforma dell’Assemblea definisce nel dettaglio alcuni punti che caratterizzano lo svolgersi concreto delle mansioni dei capitreno e dei macchinisti e che incidono sulla salute degli stessi, dai limiti della prestazione giornaliera, al tempo per consumare i pasti, alla effettiva durata dei riposi. Ma torneremo su questi argomenti, anche per spiegare meglio a chi non è del settore come si svolge concretamente il nostro lavoro.
I sindacati firmatari della “ipotesi”, hanno ignorato il movimento dei macchinisti e dei capitreno fino dall’inizio. Nel corso dei mesi – il contratto nazionale è scaduto dall’estate del 2023 – questo movimento, che ha deciso di chiamarsi semplicemente “Assemblea”, ha formulato una piattaforma con la collaborazione di circa 3000 lavoratori che hanno partecipato alla consultazione e ha promosso 9 scioperi nazionali che hanno avuto un buon seguito. È quindi un organismo che ha dimostrato nei fatti di essere rappresentativo. Nonostante questo, i “grandi” sindacati hanno deciso fin dall’inizio di far finta che non esistesse.
La cosa però, con ogni probabilità, non finisce qui. Mentre scriviamo, è già stata convocata un’altra assemblea ed è probabile che la lotta continui.
Corrispondenza ferrovieri Pisa