Presidente della NATO dal 1 ottobre 2024, Mark Rutte non ha perso tempo. Alle soglie del 2025, invita tutti i Paesi membri a prepararsi adeguatamente, perché - dice - "È tempo di passare a una mentalità da tempo di guerra." E' il programma per i prossimi 4-5 anni, anni duri che richiederanno "che tutti noi siamo più veloci e più feroci. E di dare una spinta alla nostra produzione e spesa per la difesa" (Il Sole 24 ore, 12.12.24)
Di ferocia supplementare nel sistema economico sociale della nostra epoca non se ne sentiva particolarmente il bisogno, ma a quanto pare la direzione che stanno prendendo gli equilibri generali del pianeta vira decisamente lungo questa china. Lo si sente dagli accenti di chi a parole auspicherebbe la fine dei conflitti in corso, ma nei fatti tende a instillare nell'opinione pubblica i veleni dell'educazione alla guerra e alla creazione del nemico. Lo si vede dagli atteggiamenti e dai discorsi dei governanti presenti ai sempre più frequenti summit, incontri bilaterali, multilaterali e via dissertando. Lo si legge chiaramente nei bilanci pubblici, che vedono ridursi progressivamente le spese sociali per aprire la strada all'aumento delle spese per la cosiddetta difesa.
Di fronte ai bisogni immediati delle persone è difficile definire indispensabili e improcrastinabili le spese per gli armamenti, ma - senza fare troppo chiasso - nel 2025 la spesa militare del nostro Paese sarà superiore ai 32 miliardi, con un aumento del 12% rispetto al 2024. Se poi allarghiamo lo sguardo agli anni ancora precedenti, abbiamo l'amara constatazione che nell'ultimo decennio queste spese sono aumentate di ben il 60%. Secondo il sunnominato capo della NATO non sono ancora sufficienti, dato che ogni Paese membro dovrebbe arrivare a investirvi almeno il 3% del prodotto interno lordo dello Stato. Anzi, fonti informate del Financial Times riferiscono che Donald Trump chiederà agli Stati membri della Nato di aumentare la spesa per la difesa al 5% del Pil, per allinearsi con le spese americane: "Ho detto all'Unione Europea che devono compensare il loro enorme deficit con gli Stati Uniti con l'acquisto su larga scala del nostro petrolio e del nostro gas. Altrimenti, saranno dazi a tutto spiano!!!" (Ansa, 20.12.24).
Il patto europeo di stabilità, sospeso dal 2020 a causa della pandemia, è stato ripristinato nel 2024. Non sarà facilissimo spiegare alla popolazione come le regole finanziarie presentate da almeno venticinque anni come leggi inviolabili scolpite nel granito, tanto da ridurre un intero Paese alla fame (la Grecia) pur di rispettarle, siano obbligatorie finché si parla di servizi alle persone (sanità, istruzione, opere pubbliche, interventi nel sociale) e diventino un colabrodo se si tratta di armamenti, spese che ben difficilmente possono essere definite improcrastinabili e indispensabili secondo una logica razionale.
Comunque, il taglio ai servizi pubblici è già abbondantemente in atto, e lo è da anni. Nella legge di Bilancio 2025 è previsto "un ulteriore taglio di 1,3 miliardi per i Comuni e di 150 milioni per province e città metropolitane per il periodo 2025-2029." (Il Manifesto, 21.12.24) Sono tutti tagli alle spese indispensabili nei territori, con l'assurda schizofrenia dell'investimento più sostanzioso della Finanziaria, 1,4 miliardi per il mitico ponte sullo stretto di Messina, un pozzo senza fondo ancora prima di essere costruito. Sulla sanità si è detto e scritto di tutto, resta il fatto che le spese previste per il servizio sanitario nazionale scendono in percentuale rispetto al prodotto interno lordo, e lo stanziamento non tiene il passo con l'inflazione, confermando che l'obiettivo rimane un progressivo disinvestimento nella sanità pubblica, a vantaggio del settore privato. Lo stato sociale rischia nel complesso la stessa fine, quella di diventare oggetto di commercio per i gruppi finanziari e assicurativi, costringendoci a ricomprare a caro prezzo quello che abbiamo perso. Non basteranno gli illusori compensi degli sgravi IRPEF, quando servirà molto di più per pagarsi una pensione, le visite mediche private e magari una scuola privata per i figli. Secondo il Censis, per dire, la spesa per il ricorso alle cure private è cresciuta del 23%, 44 miliardi nell'ultimo anno; e 4,5 milioni di persone rinunciano a curarsi. Quindi non merita commenti l'aumento per le pensioni minime inferiore a 2 euro, nemmeno per paragonarlo ai milioni di profitti realizzati da banche, società finanziarie, farmaceutiche e dell'energia, o per criticare il contemporaneo aumento di 7000 euro proposto per i ministri non parlamentari, poi convertito in rimborsi spese (chissà, magari saranno anche più abbondanti, ma meno appariscenti).
Nel frattempo, l'aumento del lavoro povero e della povertà assoluta sono ormai fenomeni strutturali. Archiviato il reddito di cittadinanza, l'attuale Governo è riuscito a ottenere il record di persone al di sotto della soglia di sussistenza, 5,7 milioni secondo il rapporto annuale dell'Istat. Oltre a questi, che vivono in condizioni di deprivazione, c'è il 17% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà relativa, quindi in difficoltà per affrontare spese impreviste, ma anche banalmente per scaldarsi d'inverno e mangiare decentemente. Il tasso di occupazione italiano resta uno dei più bassi in Europa rispetto alla popolazione attiva, anche se viene considerato occupato perfino chi ha lavorato un'ora sola in una settimana.
Questo è. No, non sarà obiettivamente facile spiegare, non solo alla popolazione del nostro Paese, ma anche alla restante popolazione europea, che l'urgenza del momento consiste nel rifornirci di carri armati e droni di ultima generazione.
Aemme