Le ultime rilevazioni pubblicate dall’Istat attestano che il numero dei poveri in Italia è arrivato a 5,7 milioni, cioè circa due milioni e 220mila famiglie.
Nella classe operaia, i dati sulla diffusione della povertà mostrano l’importanza della questione salariale. Il governo vanta i “successi” raggiunti non solo in termini di occupazione ma anche in materia di salari. Ma, come scrive La Repubblica del 18 ottobre,“da un anno all’altro l’incidenza della povertà assoluta tra gli operai è salita al record storico in Italia: dal 14,7 al 16,5%. Poveri anche lavorando”.
Altre ricerche, come quella fatta dal centro studi della Cgil, hanno il pregio di fotografare la condizione economica reale della classe operaia, tenendo cioè conto delle ore effettivamente lavorate, in media, per ogni lavoratore. Così risulta che più di quattro milioni di lavoratori del settore privato hanno una retribuzione di fatto inferiore a 12mila euro lordi l’anno.
I più colpiti sono gli immigrati che, pur rappresentando solo l’8,7% di tutte le famiglie residenti, pesano per quasi un terzo sul totale dei poveri.
Come scrive Silvia Truzzi sul Fatto del 17 ottobre, “...il punto è che il governo che letteralmente affama i cittadini, lo fa perché così sono costretti ad accettare contratti sempre più precari e salari, appunto, da fame. Per la gioia (anche) di padroni e padroncini, i loro elettori”.
Effetto non secondario di questa situazione è il numero vergognoso di morti sul lavoro.
R. C.