LA CINICA CELEBRAZIONE DEL PRIMO MACELLO MONDIALE

Celebrando il 4 novembre, lo Stato repubblicano italiano ammette e addirittura rivendica la propria continuità con la monarchia dei Savoia. Questa continuità è ricca di implicazioni e di significati. Il 4 novembre 1918 fu il giorno della “vittoria” pagata con la morte al fronte di 650mila soldati italiani, parte dei 9 milioni di ragazzi austriaci, tedeschi, francesi, inglesi, americani e russi che morirono in combattimento.

Inaugurando a Roma il “Villaggio della Difesa”al Circo Massimo il primo di novembre, il ministro Crosetto, ha dichiarato che questa specie di luna park dovrebbe “promuovere la cultura della Difesa”. Crosetto ha parlato di valori democratici e nazionali di cui sarebbe il simbolo proprio la partecipazione italiana alla prima grande carneficina imperialista della storia.

Oggi che i venti di guerra soffiano di nuovo impetuosi, il governo perfeziona le tecniche di imbonimento di massa, cercando di preparare la popolazione - cominciando dalle scuole - al “valore” di difendere la patria.

La propaganda di regime, ben rappresentata dalle maggiori firme del giornalismo, ci presenta oggi una situazione internazionale caratterizzata dallo scontro tra democrazie ed autocrazie. Democratica è l’Ucraina e autocratica la Russia, democratico è Israele e autocratico è Hamas. Tracciando linee del genere si tenta di orientare l’opinione pubblica verso un carattere “morale” di guerre alle quali potrebbe domani partecipare direttamente anche l’Italia. Poco importa che Israele stia uccidendo decine di migliaia di innocenti a Gaza e nel Libano e poco importa se le “libertà democratiche” concesse dal governo Zelensky non siano molto più sicure di quelle concesse ai russi.

La verità è che le guerre della nostra epoca sono tutte essenzialmente imperialiste. Scaturiscono dalla volontà di apparati statali grandi e piccoli, asserviti alle varie borghesie nazionali, di spartirsi territori e delimitare sfere d’influenza per motivi strategici o per il controllo di materie prime.

Intanto, l’Italia partecipa alla corsa al riarmo. Come documenta un articolo di Gianni Dragoni, pubblicato dal Sole 24 Ore il 2 novembre scorso, la spesa militare calcolata per l’anno corrente è di 32,2 miliardi, maggiore del 4,5% rispetto a quella inizialmente prevista. Un fiume di denaro che continuerà ad arricchire gli azionisti e i manager dell’industria di guerra.

Storicamente, è dal movimento operaio, o meglio, dai suoi rappresentanti più consapevoli , che è sempre venuta la resistenza più coerente alla guerra e la denuncia degli interessi capitalistici che la causano. È da questa storia e dal suo patrimonio di battaglie e di elaborazioni politiche che gli antimilitaristi di oggi potranno trovare le risorse migliori per combattere le guerre contemporanee.

Senza farsi ingannare dalla retorica patriottarda del governo Meloni e dalle falsificazioni sistematiche della storia, i militanti internazionalisti di oggi non dimenticano che fu proprio nei mesi che precedettero l’ingresso in guerra del regno d’Italia che Mussolini, tradendo il campo socialista e approdando a quello dei guerrafondai interventisti, fondò il nucleo del movimento fascista. Sono i fatti della storia che smascherano il racconto menzognero che oggi viene proposto dal governo e dallo stato maggiore della difesa. Gli unici “valori” per i quali si inviò alla morte un’intera generazione di contadini e di operai in divisa furono quelli dei grandi industriali e delle banche che infatti con la guerra si arricchirono enormemente.

Come militanti internazionalisti e nemici del militarismo dobbiamo fare di tutto perché il nazionalismo e il culto delle forze armate non avveleni la popolazione e i nostri stessi figli.

R. Corsini