Gli incerti sviluppi della crisi economica e l’eventualità di un diretto coinvolgimento nella guerra, stanno davanti ai popoli europei. Sono il loro domani più prossimo.
Il governo italiano, di fronte a queste circostanze poco promettenti, si vanta dei “livelli record” raggiunti dall’occupazione “dati Istat alla mano”.
Ma se i lavoratori vogliono farsi un’idea di quale sia la situazione complessiva della loro classe sociale devono misurare i fatti prendendo in esame un lasso di tempo più ampio. Devono saper cogliere le tendenze di lungo periodo, che scavalcano la durata delle singole legislature e coalizioni di governo.
Il tasso percentuale di occupazione raggiunge oggi il 62%, ma, intanto, è ben lontano dal 77,5% della Germania e dal 68,7% della Francia, e in ogni caso risente di un calo demografico della popolazione in età lavorativa. Dal 2008 a oggi si sono “perse” 1,7 milioni di potenziali forze di lavoro. Se a questo si aggiunge che l’età pensionabile è stata spostata sempre più avanti, si capisce come queste percentuali sono quasi del tutto un “effetto ottico”. Per quanto riguarda il numero degli occupati, bisogna tenere presente che circa la metà della crescita del quindicennio è dovuta a contratti a termine. Il tasso di precarietà, nel periodo considerato, è cresciuto dal 13,1 al 15,7%. Il lavoro part-time involontario era il 41,3% del totale nel 2008 ed è passato al 57,9% a fine 2023.
Il quadro non sarebbe completo se non si tenesse conto dei bassi salari contrattuali che, sommati a una miriade di incentivi per le imprese che fanno nuove assunzioni, hanno favorito il dilagare di lavori a bassa qualifica, consolidando quindi la vasta area dei “lavoratori poveri”. Oggi le statistiche Istat ci dicono che questo settore del lavoro dipendente è il 7,6% del totale. Era il 4,9% nel 2014. ma le cose stanno molto peggio per le categorie operaie vere e proprie in cui i poveri passano dal 9 al 14,6 per cento del totale. Se si consente di pagare la prestazione di un operaio con una ciotola di riso, si può anche raggiungere il 100% del tasso di occupazione!
Parlare di crisi, quindi, ha un significato preciso per i lavoratori e per le loro famiglie.
Certamente la grande borghesia non vive queste preoccupazioni. E il governo Meloni, come quelli che lo hanno preceduto, cerca di interpretare al meglio gli interessi complessivi di questa classe. Così in politica estera si è premurato, fino ad oggi, di apparire il più atlantista d’Europa, sapendo che sopra ogni altra considerazione e sopra ogni interesse particolare e contingente, l’intero edificio finanziario del capitalismo italiano ha nella benevolenza e nella protezione della prima potenza mondiale la garanzia principale.
Resta il fatto che la guerra russo-ucraina, che è in realtà una guerra degli Stati Uniti contro la Russia e anche, in fin dei conti, contro l’Europa, combattuta con la pelle degli ucraini, conosce continui pericolosi sviluppi che rischiano di coinvolgere ancora più direttamente i paesi “amici” dell’Ucraina, tra cui l’Italia. Sia il ministro della Difesa, Crosetto, sia il ministro degli esteri, Tajani, in contesti diversi hanno recentemente affermato che l’Italia, secondo la propria Costituzione, può fornire al governo di Kiev armi per difendersi ma non per attaccare il suolo russo. Affermazioni che, nel merito, appaiono solo una “furbata”, dato che, secondo il diritto internazionale, l’Italia e gli altri paesi europei della Nato sono già belligeranti. Lo ha spiegato bene Enzo Cannizzaro, docente di diritto internazionale alla Sapienza di Roma, in un’intervista apparsa su ilSussidiario.net dello scorso 24 maggio. Cannizzaro rileva che, il “Diritto di neutralità” non consente di inviare armi a una parte belligerante. Se si inviano, non si è più neutrali e quindi, già oggi, “la Russia avrebbe diritto di operare militarmente nei nostri confronti”. Forse i distinguo di Tajani e Crosetto rispetto ai vari Stoltenberg e Borrell, hanno una matrice elettoralistica, per togliere argomenti a Salvini che gioca a fare il “pacifista”, forse riflettono la preoccupazione che nonostante i suoi guai giudiziari, Trump possa diventare presidente degli Stati Uniti e imprimere un altro corso alla politica estera americana. Resta il fatto che, in Italia come negli altri paesi dell’Unione europea, le fabbriche, i porti, le infrastrutture stradali e ferroviarie, con tutti i lavoratori che ci operano, possono, dall’oggi al domani, divenire il bersaglio di attacchi aerei o missilistici.
La classe lavoratrice accetterà che le classi dirigenti, oltre a sfruttarla e a mantenerla nella precarietà economica la trasformino anche in carne da macello? I militanti comunisti del movimento operaio dovranno moltiplicare gli sforzi affinché l’unica guerra che operai, tecnici e impiegati siano disposti a combattere sia quella contro la borghesia e il militarismo di “casa propria”.