L'aumento dei tassi d'interesse delle banche centrali occidentali, che fa lievitare il costo di tutti i prestiti e permette ai finanziatori di inasprire le condizioni alle quali accettano di prestare, sta minacciando diversi Paesi africani.
Questi Paesi sono ben lontani dall'essere i più indebitati al mondo. Il debito dei 48 Paesi dell'Africa subsahariana rappresenta il 57% del loro PIL, ben lontano dai livelli di indebitamento degli Stati Uniti (120% del PIL), dell’Italia (145% del PIL) o della Francia (100%). Ogni anno, questi stessi Paesi rimborsano 21 miliardi di dollari in interessi, la stessa cifra che è stata messa sul tavolo in una sola notte per salvare la Silicon Valley Bank della California! Eppure, questi Paesi hanno difficoltà per rinnovare i loro prestiti, avendo le agenzie legate alle banche abbassato il loro rating. Otto Paesi, tra cui Etiopia, Kenya e Congo-Brazzaville, sono considerati sovraindebitati dal FMI, mentre Zambia e Ghana sono già falliti.
La bancarotta e il sovraindebitamento costringono i governi a rivolgersi al FMI o alla Banca Mondiale per ottenere una riduzione o una riorganizzazione del debito. La contropartita è sempre drammatica: tagli ai sussidi per i prodotti alimentari di base, introduzione di tasse, licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici e cessione di infrastrutture portuali, fabbriche e miniere nazionali a gruppi occidentali. Questo duro regime ha dissanguato la popolazione di diversi Paesi africani negli anni Ottanta e Novanta.
I creditori del continente, il 60% dei quali sono banche e altre organizzazioni finanziarie private come JP Morgan e Black Rock e il 40% sono governi, stanno ora rendendo difficile la continuazione dei prestiti. In questo periodo di crisi, in cui il commercio internazionale è rallentato, sono ancora meno che in passato disposti a investire in infrastrutture o fabbriche. Persino la Cina, che detiene solo l'8% del debito degli Stati africani ma che è stata dipinta dai commentatori occidentali come la nuova sanguisuga dell'Africa, ha ridotto i suoi prestiti e progetti.
L'aumento dei tassi di interesse in Europa e negli Stati Uniti sta incoraggiando i finanziatori a concedere prestiti innanzitutto agli Stati imperialisti, che in nome della transizione energetica e della delocalizzazione stanno mobilitando migliaia di miliardi di dollari per aiutare i loro capitalisti. Con tassi di interesse sempre più alti, anche quando non rischiano la bancarotta, i Paesi africani devono destinare una quota sempre maggiore del loro bilancio al rimborso del debito, denaro che manca crudelmente per la sanità e l'istruzione.
Il 22 e 23 giugno il "vertice per un nuovo patto finanziario globale" organizzato a Parigi doveva discutere del debito dei Paesi poveri che devono affrontare gli effetti aggiuntivi del riscaldamento globale, ma la sua vera preoccupazione era quella di evitare il collasso delle banche occidentali. I popoli africani, costretti a pagare un debito che arricchisce i finanzieri di tutto il mondo, possono solo aspettarsi ulteriori colpi dai dirigenti imperialisti che pretendono di alleggerire il loro fardello.
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