Da "Lutte de Classe" n° 223 – Aprile 2022
Mentre moltiplicano le consegne di armi all'Ucraina e glorificano la resistenza della sua popolazione, i dirigenti europei e americani ripetono in ogni tono che "non si tratta di schierare truppe o aerei della NATO in Ucraina" (1). Direttamente responsabili della spirale che ha portato Putin a invadere l'Ucraina, vogliono evitare una guerra frontale contro la Russia.
Intanto, se una prossima guerra mondiale non è ancora iniziata, è scritta nei geni del capitalismo e l'umanità se ne avvicina un po' di più. Sia sul terreno militare che su quello dell'arruolamento morale delle popolazioni, la guerra in Ucraina funge già da prova generale e allo stesso tempo esaspera tutte le contraddizioni di questo ordine sociale ingiusto.
Il grande gioco americano contro la Russia con la pelle degli ucraini
La decisione di Putin di lanciare la sanguinosa e fratricida invasione dell'Ucraina il 24 febbraio può aver sorpreso anche i generali europei ben informati. Tuttavia, i dirigenti occidentali difficilmente possono affermare che sia stata una decisione d'impulso. Putin, l'architetto della restaurazione di uno stato russo forte al servizio dei burocrati e degli oligarchi che l'hanno sostenuto dopo il crollo del decennio di Eltsin, ha denunciato per anni il doppio gioco dei dirigenti imperialisti.
"Ci hanno mentito ripetutamente, hanno preso decisioni alle nostre spalle, ci hanno messi di fronte al fatto compiuto. Questo è successo con l'espansione della NATO a est, così come con il dispiegamento di infrastrutture militari ai nostri confini", aveva già detto il 18 marzo 2014 in un discorso che giustificava l'annessione della Crimea (2). Putin si riferiva in particolare alle promesse del segretario di Stato americano James Baker a Mikhail Gorbaciov nel febbraio 1990 a Mosca, durante le discussioni sulla riunificazione tedesca: "L'attuale presenza militare della NATO non si estenderà di un centimetro verso est".
Gli Stati Uniti si sono presto dimenticati di questo impegno. Approfittando della debolezza politica di Eltsin, della crisi economica in Russia e delle richieste dei nuovi governi degli stati dell'Europa orientale, hanno lanciato il processo di adesione alla NATO per sei di questi paesi dell'ex zona d'influenza dell'Unione Sovietica e i tre stati baltici nel 1997. Dopo il 2001, sotto la copertura della guerra in Afghanistan, hanno stabilito basi militari permanenti in Uzbekistan e Kirghizistan, e basi temporanee in Tagikistan e Kazakistan. Le cosiddette rivoluzioni di colore del 2003-2004 hanno dato loro un punto d'appoggio in Georgia e Ucraina.
Nel febbraio 2014, il rovesciamento del presidente ucraino filorusso Janukovic, in seguito all'occupazione di piazza Maidan nel centro di Kiev da parte di manifestanti numerosi e diversi. ma guidati da politici reazionari, consigliati e finanziati da rappresentanti della Germania e degli Stati Uniti, con una presenza visibile di gruppi di estrema destra, ha rafforzato le posizioni statunitensi in Ucraina. Le dichiarazioni e le misure russofobe del nuovo governo erano state usate come pretesto da Putin per annettere la Crimea e per sostenere la secessione dei filorussi nel Donbass. Fu questo il momento in cui la guerra in Ucraina iniziò davvero.
Tra il 2014 e il 2021, gli Stati Uniti stanziarono circa 2,7 miliardi di dollari di aiuti all'esercito ucraino. Oltre ad armi, droni, missili anticarro e antiaerei, hanno inviato istruttori per addestrare e guidare i soldati regolari e le milizie ultranazionaliste impegnate nel Donbass. In pochi anni, gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO hanno ricostituito, modernizzato ed equipaggiato l'esercito ucraino.
In Europa orientale, la NATO ha moltiplicato le manovre militari, come l'operazione Anaconda organizzata nel 2016 in Polonia e nei paesi baltici con 30.000 soldati, tra cui 14.000 americani. Dal 2017, il Pentagono ha quadruplicato la sua spesa in questa regione, in particolare per schierare una brigata corazzata di 4.000 uomini. Nel giugno 2021, Anthony Blinken, segretario di stato di Biden, dichiarava ancora: "Sosteniamo l'adesione dell'Ucraina alla NATO" (3). Questo interventismo militare degli Stati Uniti nelle immediate vicinanze della Russia poteva essere percepito da Putin solo come una minaccia. Un ufficiale dell'esercito francese scriveva già nel 2015: "In Ucraina, la Russia di oggi non può assolutamente accettare di tirarsi indietro davanti a Washington, pena la riproduzione della spirale di rinuncia che ha portato all'implosione dell'URSS. […] Questo dimostra che il Cremlino sceglierà sempre l'escalation piuttosto che correre il rischio di vedere Kiev vincere. [...] Molto chiaramente, gli Stati Uniti si assumono un rischio nel cercare di vincere una corsa agli armamenti usando l'Ucraina contro la Russia per sconfiggerla, in particolare nelle sue vicinanze" (4).
Criminale per i popoli ucraino e russo, decisa con il cinismo e la brutalità di un ex agente del KGB, l'aggressione militare di Putin contro l'Ucraina è un risultato di questa politica dell'imperialismo. I dirigenti statunitensi erano preparati a tale eventualità. Meno di 48 ore dopo l'invasione russa, l'esercito americano inviava circa 17.000 missili anticarro immagazzinati in Germania e Biden decideva un nuovo credito di 350 milioni di dollari.
Eppure, anche se hanno acceso la miccia, i dirigenti occidentali non vogliono impegnarsi in prima persona nella guerra. Il rifiuto degli Stati Uniti di permettere alla Polonia di fornire all'Ucraina gli aerei Mig 21 richiesti dal presidente Zelensky, è significativo. Gli Stati Uniti stanno moltiplicando i finanziamenti, mandano armi sofisticate, mantengono e probabilmente aumentano il numero dei loro consiglieri militari, ma non vogliono rischiare di essere considerati dalla Russia come un belligerante, in modo da non impegnarsi in uno scontro diretto. Anche l'adesione dell'Ucraina alla NATO, che Blinken stava ancora promuovendo nove mesi fa, non è più all'ordine del giorno, poiché questa possibilità è stata la causa principale dell'intervento di Putin.
Messo all'angolo dai suoi protettori americani che cercano chiaramente un esito negoziato della guerra, Zelensky ha detto il 15 marzo: "Abbiamo sentito per anni che le porte della NATO erano aperte, ma abbiamo capito che non potevamo entrare. Questa è la verità e lo dobbiamo ammettere". Insomma, i dirigenti occidentali hanno gettato gli ucraini nella fossa degli orsi e poi hanno chiuso le uscite. Di fronte all'aggressione russa, lodano il loro coraggio e il loro impegno patriottico, ma li lasciano a combattere da soli.
Questa cautela non è il risultato di un senso di responsabilità da parte dei dirigenti occidentali per evitare di iniziare una guerra nucleare, come ripetono i media. Più volte, nel passato e nel presente, dal Vietnam all'Iraq, dalla Libia allo Yemen e all'Afghanistan, sono stati capaci di distruggere interi paesi, di martirizzare le popolazioni e di ricorrere ad armi di distruzione di massa, direttamente o tramite i loro alleati regionali. Inoltre la loro prudenza può rapidamente trasformarsi in una guerrafondaia corsa a capofitto. Tutto dipenderà dalla durata e dall'evolversi della guerra in Ucraina, dalla sua possibile estensione ad altri territori, soprattutto quelli sorti dall'ex Unione Sovietica, dall'impatto sull'economia mondiale dei combattimenti e delle sanzioni contro la Russia, dai progressi dei negoziati, dall'atteggiamento di Putin, dei burocrati e degli oligarchi che lo circondano.
Ad oggi, facendo la guerra a Putin tramite l'Ucraina e approfittando di una resistenza ucraina più forte del previsto, gli Stati Uniti stanno raggiungendo i loro obiettivi: indebolire la Russia, rafforzare il dominio dei loro trust nell'Europa dell'Est e anche nel mondo, rafforzare i loro capitalisti militari-industriali, ma anche riaffermare la loro supremazia sugli alleati europei in un'economia mondiale in crisi.
Europa e Stati Uniti
La guerra in Ucraina dimostra ancora una volta che gli Stati Uniti rimangono il gendarme capo, anche in Europa. I media hanno fatto molto rumore sulla decisione dell'Unione Europea (UE), descritta come storica, di prelevare 450 milioni di euro e poi finalmente un miliardo dal cosiddetto "strumento europeo per la pace (EPF)" (sic) - per mettere in comune il costo delle armi inviate in Ucraina. Ma allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno alzato il loro aiuto militare ed economico all'Ucraina fino a 14 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda le sanzioni economiche, i dirigenti europei si sono preso il loro tempo per deciderle, escludendo fino a questa parte il gas e il petrolio, tanto è grande la loro dipendenza dalle materie prime e la presenza dei loro gruppi industriali o commerciali in Russia, che varia da un paese europeo all'altro. Macron o il cancelliere tedesco Scholz, come rappresentanti delle due principali potenze dell'UE, hanno potuto agitarsi e pretendere di parlare all'orecchio di Putin, ma non avevano altra scelta che seguire più o meno docilmente la politica di Biden.
Che piaccia o meno a Zemmour o Mélenchon, che rappresentano due varianti di posizioni anti-atlantiste in Francia, non è una questione di personalità al potere o di orientamento politico, ma di rapporti di forza. Se i governi dei paesi dell'Europa orientale si sono rivolti alla NATO e agli Stati Uniti per la loro difesa e non all'UE, è perché quest'ultima rimane un'assemblea di paesi concorrenti che non ha un esercito comune. Dopo anni di chiacchiere, i paesi dell'UE hanno annunciato l'adozione di una "bussola strategica" con l'obiettivo di armonizzare la difesa europea e forse creare una forza di reazione rapida o addirittura un comando unico. Il solo termine "bussola" indica che la difesa europea che Macron sostiene di difendere è una chimera.
Come ha detto recentemente un ex segretario generale della difesa e della sicurezza nazionale sotto Hollande: "Il problema dell'Europa è che ogni paese sta costruendo un piccolo esercito nel suo angolo, con ridondanze e costi strutturali inutili" (5). Un ex ambasciatore dell'UE lamenta che l'Europa abbia "una moltitudine di veicoli blindati, aerei da combattimento, e che l'industria militare europea non sia molto integrata" (6). Questi diplomatici, come i militari che scrivono sempre più spesso sui giornali, sono preoccupati della dipendenza dell'Europa dalle decisioni americane, ma non possono farci niente.
Questa guerra sottolinea la misura in cui gli interessi divergenti degli imperialismi francese, tedesco e britannico impediscono loro di avere un esercito comune. Senza parlare degli obiettivi bellici potenzialmente diversi di questi paesi, la semplice costruzione di carri armati, missili o aerei da combattimento è l'occasione di mercanteggiamenti e mette in evidenza le rivalità.
La corsa agli armamenti
Non appena Olaf Scholz ha annunciato una dotazione di 100 miliardi di euro per riequipaggiare l'esercito tedesco, quest'ultima ha annunciato un ordine di aerei F-35 dall'americana Lockheed Martin, con grande dispiacere di Dassault, che vorrebbe vendere i suoi Rafale, e del consorzio franco-tedesco-spagnolo intorno a Dassault, Safran, Airbus e Indra, che sta progettando la produzione di un aereo militare europeo, lo Scaf.
In questo campo, come in molti altri, la guerra in Ucraina sta rimescolando le carte e aprendo gli appetiti. Il militarismo e l'ipertrofia dei bilanci della difesa sono da anni una delle risposte alla crisi dell'economia capitalista. Secondo un rapporto dell'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, nel 2020, nel bel mezzo della pandemia di Covid, la spesa militare globale aveva raggiunto quasi 2000 miliardi di euro, l'equivalente di 250 euro per ogni essere umano sul pianeta, compresi i neonati. I soli paesi della NATO hanno speso 1100 miliardi di dollari. La guerra in corso cambierà la portata di questi bilanci.
Questa corsa agli armamenti senza precedenti dimostra che tutti i dirigenti imperialisti, i governi, i loro generali, i loro diplomatici si stanno preparando per il futuro macello. È significativo che l'invasione dell'Ucraina sia stata salutata in borsa da un'impennata delle azioni di Thales, Dassault, Lockheed Martin e altri venditori d'armi. Praticamente ogni paese ha annunciato, uno dopo l'altro, un aumento del proprio bilancio della difesa che vuole portare al 2% del PIL. La Danimarca vuole aderire alla "Europa della Difesa" e sta anche aumentando il suo bilancio militare. Pochi mesi prima, era stato il Giappone ad annunciare un aumento di 6 miliardi dei finanziamenti per il suo esercito e il raddoppio del suo bilancio della difesa sotto la pressione degli Stati Uniti.
Infatti l'Europa non è l'unico continente da cui provengono rumori di guerra. Schierando le sue forze aeree e navali nel Mar della Cina o nello stretto di Taiwan, gli Stati Uniti esercitano lo stesso tipo di pressione militare sulla Cina che hanno esercitato sulla Russia (7). Nel voto delle Nazioni Unite per condannare l'invasione della Russia in Ucraina, la Cina si è astenuta, guadagnandosi l'ira dell'Occidente, che l'ha esortata a scegliere da che parte stare.
Contemporaneamente concorrente e partner dei paesi imperialisti, la Cina di Xi Jinping farà di tutto per non schierarsi, perché non ha interesse a rompere né con gli Stati Uniti né con la Russia. Le sanzioni occidentali contro Putin le possono permettere di aumentare il proprio commercio con la Russia. D'altra parte, la guerra in Ucraina è un fattore di instabilità che aggrava la crisi economica mondiale e indebolisce i capitalisti cinesi.
La classe operaia e la guerra
Per i lavoratori ucraini, la guerra è un cataclisma che minaccia direttamente la loro esistenza. La brutalità dell'invasione russa, la distruzione delle case, dei luoghi di rifugio e persino degli ospedali stanno spingendo anche gli ucraini filorussi nelle braccia delle milizie nazionaliste.
In Russia, all'angoscia delle famiglie dei soldati che rischiano la vita per gli interessi della burocrazia e dei privilegiati del paese, ai sacrifici imposti dal governo in nome dello sforzo bellico, al rafforzamento della dittatura poliziesca che viene imposta a tutti gli oppositori, si aggiungono i molteplici effetti dell'embargo occidentale. Per le centinaia di migliaia di dipendenti delle imprese occidentali che hanno interrotto le loro attività, la guerra significa licenziamenti e disoccupazione. Per molti altri, significherà penurie e nuove difficoltà nella vita quotidiana. Tutti dovranno affrontare prezzi più alti, non solo per i beni d'importazione.
Per centinaia di milioni di persone, nei paesi poveri importatori di grano, la guerra in Ucraina sta già facendo salire il prezzo del pane, con la minaccia della carestia. Questa impennata è principalmente il risultato della speculazione del quartetto di multinazionali che controlla il 90% del mercato mondiale del grano. In poche settimane, il prezzo di una tonnellata di grano è passato da 280 a 380 euro. In Egitto, che importa l'80% del grano dalla Russia o dall'Ucraina, il prezzo della farina è aumentato del 50% in pochi giorni.
Per i lavoratori d'Europa e d'America, la guerra in Ucraina significa anche un'accelerazione dell'inflazione causata dalle operazioni speculative dei profittatori di guerra quali sono i gruppi energetici e agroalimentari. Col peggiorare la disorganizzazione dell'economia causata dalla Covid e la guerra economica condotta dai grandi gruppi capitalisti per monopolizzare la massima quantità di plusvalore, il conflitto intensifica la guerra sociale che il grande capitale sta conducendo contro i lavoratori. Esacerba la rivalità tra i capitalisti e i poteri che difendono i loro interessi. In diverse aziende, l'interruzione delle forniture causata dai combattimenti in Ucraina o dalle sanzioni contro la Russia viene già utilizzata per imporre giorni di cassa integrazione e nuovi passi indietro nelle condizioni di lavoro.
Questa guerra è utilizzata da tutti i governi per cercare di unire la popolazione dietro di loro, in nome della difesa dei valori democratici contro la dittatura di Putin, in nome della pace o della minaccia di una guerra nucleare. La legittima emozione di fronte alle immagini di cadaveri, delle distruzioni, delle folle di rifugiati, l'ondata di solidarietà disinteressata per aiutarli, la messa in scena di volontari che si arruolano per combattere in Ucraina, servono per provare a creare l'unità nazionale e per preparare gli animi all'idea che è legittimo difendere la propria patria e che bisogna essere pronti a morire per essa.
Oggi, questa unità nazionale è ben lungi dall'essere raggiunta. In Francia, la sfiducia e persino l'odio verso Macron che si sono espressi durante il movimento dei gilet gialli e hanno proseguito durante i due anni di gestione autoritaria della pandemia e del suo utilizzo per tenere in riga i lavoratori, ostacolano l'adesione all'unità nazionale.
Un'intera frazione della classe operaia di questo paese, per i suoi legami con il Maghreb, l'Africa o il Medio Oriente, è legittimamente sconvolta dalle differenze di trattamento tra i rifugiati ucraini e quelli del Medio Oriente. Questi lavoratori sanno quali sono le responsabilità dell'imperialismo e dei suoi alleati nella distruzione dell'Iraq, della Libia, dello Yemen o della Siria. Questo rifiuto dell'imperialismo, quando non è basato sulla coscienza di classe, porta alcuni di loro a vedere in Putin, a torto, un eroe dell'anti-imperialismo.
Ciononostante, in vari ambienti e anche tra i lavoratori, si sono fatto sentire i sostenitori del ripristino del servizio militare obbligatorio. La Svezia l'ha appena reintrodotto; in Germania i partiti di governo ne stanno discutendo. Sembra che la Legione Internazionale per l'Ucraina creata da Zelensky abbia trovato reclute, e non solo tra gli ex-militari o i militanti di destra bisognosi di adrenalina. Non c'è un afflusso massiccio e siamo ancora lontani da una militarizzazione generale della popolazione. Ma uno degli obiettivi dei governi occidentali, che lodano l'eroismo degli ucraini e la legge marziale che impone il divieto a tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni di lasciare il paese, è proprio quello di preparare le menti alla guerra. Due anni fa, il generale Burkhard, attuale capo di stato maggiore dell'esercito francese, notava che i giovani ufficiali non erano "abbastanza temprati". Un addetto alla formazione della scuola militare di Saint-Cyr lamentava che "la società francese si sia allontanata dalla tragedia e dalla storia" (8). La guerra in Ucraina è usata dagli ufficiali borghesi per tenere corsi intensivi di "tragedia e storia".
I comunisti rivoluzionari e la guerra
Questo condizionamento è favorito dall'agitazione di varie correnti politiche che chiedono armi per l'Ucraina, comprese quelle di sinistra che prendono le distanze dalla NATO. Così Ensemble! il partito di Clémentine Autain, ha scritto in un volantino in giallo e blu, colori della bandiera ucraina, in data dell'8 marzo: "Noi diciamo sì alle consegne di armi difensive richieste dalla resistenza e dal governo dell'Ucraina". I gruppi eredi del Segretariato Unito della Quarta Internazionale (SU) sono sulla stessa posizione: "Solidarietà e sostegno alla resistenza armata e non armata del popolo ucraino. Consegna di armi su richiesta del popolo ucraino per combattere l'invasione russa del suo territorio". Biden, Macron e altri dirigenti occidentali non hanno aspettato Ensemble! o il SU per consegnare effettivamente le armi. Li forniscono senza limiti all'esercito di Zelensky, un "democratico" che non spicca nella galleria di presidenti corrotti che hanno governato l'Ucraina per più di vent'anni, e alle milizie territoriali ucraine in gran parte sotto controllo dell'estrema destra.
Chiedere "armi per l'Ucraina", senza distinguere tra gli opposti interessi sociali in questo vasto paese, significa considerare che l'invasione russa ha posto fine ad ogni tipo di lotta di classe in Ucraina. È affermare che gli interessi di milioni di lavoratori, lavoratori agricoli degli ex kolchoz privatizzati, operai siderurgici di Azovstal a Mariupol, minatori del Donbass, tranvieri di Kiev o Kharkiv o pensionati con sussidi miseri, sono gli stessi di quelli degli oligarchi ucraini, successivamente filorussi o filoccidentali.
Se non siamo in grado, da lontano e senza una presenza militante in questo paese, di proporre ai lavoratori dell'Ucraina una politica che corrisponda ai loro interessi, possiamo tuttavia affermare alcuni assi di quella che potrebbe essere una tale politica: rivolgersi ai soldati russi per cercare di staccarli da Putin e dai generali che stanno organizzando questa guerra fratricida, facendo leva sui molteplici legami personali, familiari, economici e culturali che ancora uniscono i russi e gli ucraini piuttosto che esacerbare i sentimenti nazionali ucraini; rifiutare qualsiasi accodamento dietro Zelensky, sottolineando la sua dipendenza dai borghesi e dagli oligarchi ucraini, le politiche antioperaie che ha perseguito da quando è stato eletto, le sue relazioni con le milizie territoriali di estrema destra e, fondamentalmente, con le potenze imperialiste che hanno preparato la catastrofe attuale.
I comunisti rivoluzionari non sono pacifisti. I lavoratori che lottano per difendere il loro diritto ad esistere, contro gli eserciti di occupazione stranieri o contro i loro sfruttatori nazionali, dovranno trovare modi e mezzi per armarsi. Ma la questione delle armi è legata a quella del potere. Nella Spagna repubblicana del 1936, in lotta contro le truppe di Franco, che è stata paragonata da alcuni, tra cui l'ecologista Yannick Jadot, alla situazione in Ucraina nel 2022 per giustificare l'invio di armi, non erano le armi a mancare, ma una politica rivoluzionaria.
Prima di essere schiacciati militarmente da Franco, gli operai e i contadini spagnoli furono disarmati politicamente dai repubblicani, socialisti e stalinisti che rifiutarono di ratificare l'esproprio dei grandi proprietari e capitalisti, che rifiutarono di proclamare l'indipendenza del cosiddetto Marocco spagnolo e che presero o ripresero con la forza il controllo delle milizie operaie e delle Brigate Internazionali per sottometterle agli ufficiali dell'esercito repubblicano. Un'altra politica, una politica operaia di classe, come durante la rivoluzione russa del 1917, sarebbe stata una leva potente per togliere il terreno da sotto i piedi di Franco. Ben prima delle armi materiali, i lavoratori hanno bisogno di un'arma politica: la coscienza che devono organizzarsi separatamente, difendere i loro interessi di classe, prendere il potere su tutta la società. Questo è vero in tempo di pace, rimane vero quando scoppia la guerra.
L'invasione dell'Ucraina da parte degli eserciti di Putin ha tuffato il mondo in una nuova era, segnata dall'accelerazione del militarismo e la marcia verso la guerra totale. Di fronte alla militarizzazione di tutta la società, in tutti i paesi del mondo, poco prima della seconda guerra mondiale, il Programma di transizione (1938) redatto da Trotsky difendeva: "Non un uomo, non un centesimo per il governo borghese! Nessun programma di armamenti, ma un programma di lavori pubblici! Completa indipendenza delle organizzazioni dei lavoratori dal controllo militare e di polizia!" E ancora: "Istruzione militare e armamento degli operai e dei contadini sotto il controllo immediato dei comitati operai e contadini. Creazione di scuole militari per la formazione di ufficiali dalle file dei lavoratori, scelti dalle organizzazioni dei lavoratori. Sostituzione dell'esercito permanente, cioè l'esercito di caserma, con una milizia popolare in connessione indissolubile con le fabbriche, le miniere, le fattorie, ecc".
I lavoratori e i giovani non devono lasciarsi arruolare, ingabbiare sotto il controllo di ufficiali e sottufficiali che inculchino loro a colpi di bastone l'obbedienza alla gerarchia, l'amor della patria e qualche altra virtù come l'odio per gli stranieri, il maschilismo o l'alcolismo... Se devono imparare il maneggio delle armi, questo deve avvenire nel loro luogo di lavoro o di studio e per mezzo di istruttori che scelgano loro. Ma devono tenere a mente che, nelle guerre tra briganti imperialisti o tra potenze che sono pronte a gettare i loro popoli nella guerra per tutelare il loro accesso ai mercati e alle materie prime, "il nemico principale è nel nostro stesso paese!"
21 marzo 2022
(1) Dichiarazione di Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, citato da Les Échos, 17 marzo 2022.
(2) Le Monde Diplomatique, settembre 2018.
(3) Le Monde Diplomatique, febbraio 2022.
(4) Colonnello Philippe Sidos, "Une vision stratégique d'une aide militaire à l'Ukraine", Revue de défense nationale, n° 779, 2015/4.
(5) Louis Gautier in Les Échos, 14 marzo 2022.
(6) Marc Pierini, ex ambasciatore dell'UE, intervistato da TV5 Monde il 28 gennaio 2022.
(7) "Cina - Stati Uniti: una concorrenza feroce ma ineguale", Lutte de classe n°221, febbraio 2022.
(8) Osservazioni del generale Patrick Collet citate da Le Monde, 7 settembre 2020.
(9) Comunicato del 1° marzo 2022 dell'Ufficio Esecutivo della Quarta Internazionale.