Più di quattro milioni di profughi, migliaia di morti tra combattenti e popolazione civile, violenze di ogni tipo, città come Kharkhiv e Mariupol distrutte. Tutto questo è solo un primo bilancio della guerra in Ucraina, ma offre anche l’immagine di quello che potrebbero divenire l’Europa e il resto del mondo se la guerra si generalizzasse.
Putin ha scatenato questa guerra per cercare di riprendersi una parte del vecchio territorio dell'Urss. La sua politica imperialista è apertamente ispirata a quella degli zar ed è stata alimentata dalla progressiva adesione alla Nato da parte degli Stati confinanti. Il risultato è che sul suolo ucraino si combatte una guerra divenuta sempre più sanguinosa che il coinvolgimento delle potenze imperialiste, cominciando dagli Stati Uniti, rende ancora più catastrofica.
La propaganda di guerra, anche in Italia, è già forte e pervasiva. Ne fa parte anche il rivoltante e cinico utilizzo delle sofferenze della popolazione ucraina e del giusto istinto di solidarietà che queste sofferenze suscitano. Gli stessi politici che dicevano di "condividere i timori della cittadinanza" di un paesino del nord-Italia, che respingevano un pulman con quaranta profughe africane terrorizzate, promettono ora un'accoglienza senza limiti di spesa a decine di migliaia di profughi ucraini.
Non esiste un grande quotidiano o una trasmissione televisiva nei quali non campeggino i colori della bandiera ucraina e nei quali ogni voce dissonante non venga sbeffeggiata, disprezzata o additata di “filoputinismo”. Sembra di tornare ai tempi della guerra italo-turca del 1911, quando Turati e i socialisti che, in parlamento e nelle piazze, si opponevano alla guerra, venivano definiti “Turchi d’Italia”.
Una grande differenza da quei tempi sta nel fatto che i socialisti erano, bene o male, i rappresentanti della classe operaia. Una classe che, nella sua parte più attiva e organizzata, si occupava di politica con la consapevolezza di avere propri specifici interessi, opposti a tutte le frazioni della classe capitalistica nazionale e straniera. Oggi, i residui di quello che era stata la “sinistra” sono in testa al coro urlante degli interventisti e votano con entusiasmo l’aumento delle spese militari e l'invio di nuovi armamenti al governo di Kiev.
I Putin, gli Zelensky, i Biden, i Draghi, appartengono tutti alla stessa “razza”. Sono tutti rappresentanti di classi privilegiate che, sia pure in forme diverse, e con pesi diversi, detengono, con il potere economico, il potere politico nel proprio paese. Se, anche in questa occasione, si sta dimostrando che la potenza imperialista più forte è quella americana, che impone e detta la sua linea a tutti gli altri, non per questo gli imperialisti di secondo o terzo rango sono meno colpevoli.
Le conseguenze economiche delle sanzioni alla Russia si faranno sentire sempre di più sui lavoratori italiani ed europei. Il governo ha già istruito i propri pappagalli, nei partiti e nelle redazioni dei giornali e delle catene televisive: "per la pace, per difendere la libertà e la democrazia, bisognerà pure fare qualche sacrificio". Il periodo della pandemia ci ha in qualche modo abituato a questi discorsi. La "guerra contro il covid" esigeva "sacrifici da parte di tutti". Ma alla fine del 2021 le banche italiane hanno annunciato il pagamento di cedole per 8,5 miliardi ai propri azionisti, battendo tutti i record di profitti, mentre i lavoratori, quando hanno un lavoro, prendono lo stesso salario di trent'anni fa.