Un anno di Quaresima per Confindustria è fin troppo. Meglio che ci sbrighiamo a vaccinarci tutti, per finirla con questa storia delle cautele, dei ritardi e della prudenza, per tornare al più presto a far fruttare i capitali e a rifarsi dei profitti perduti. Altrimenti che ce lo abbiamo messo a fare, Mario Draghi alla Presidenza del Consiglio?
A rileggere qualche articolo di giornale datato un anno fa - quelli, per intendersi, in cui si esortava la cittadinanza alla solidarietà, perché la "guerra" contro il virus si sarebbe vinta "tutti insieme", "unendo le forze", etc., o quelli in cui si sosteneva che dalla pandemia saremmo tutti usciti "migliori", viene da commentare che una simile copertura ideologica delle scelte politiche reali non era solo mistificatrice, ma anche ridicola. Prova ne sia che, a distanza di tempo, la retorica della bontà è in via di accantonamento, ogni remora è stata messa da parte, e al centro del dibattito resta, più concretamente, quanto sarà necessario sborsare al sistema delle imprese per "ripartire sul serio". Ed ecco che, messi discretamente da parte i buoni sentimenti, entrano in scena gli interessi veri. I partiti della variopinta accozzaglia di Governo si sgolano ad accreditarsi le scelte più popolari per il proprio elettorato di riferimento, strizzando l''occhio quando a una categoria produttiva, quando all'altra. Il tutto, naturalmente, per "il bene del Paese", argomento sul quale - ovviamente - si dichiarano tutti d'accordo.
Ma nemmeno il modesto Letta, di sane e schiette origini democristiane, riesce ad azzardare una proposta modestissima, quasi irrilevante, come la tassazione sull'eredità dei patrimoni oltre i 5 milioni di euro (peraltro le eredità meno tassate d'Europa), senza suscitare - non sia mai! - l'universale reazione scandalizzata della stampa, e soprattutto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha tagliato corto: "Non è il momento di prendere i soldi ma di darli!". Certo, nel Paese dove tre persone concentrano nelle loro tasche più soldi di quanti ne possegga il 10% della popolazione italiana, non può esserci preoccupazione maggiore, se non quella di assicurare che l'entità delle rendite milionarie resti intonsa. D'altra parte, anche Letta voleva dare i soldi: ai diciottenni di fresca maggiore età, come gruzzolo di partenza, tipo il primo cent di Paperon de' Paperoni. Ai diciottenni, chi? Tutti? Nullatenenti e milionari? Comunque, una dote per mettere una pezza sulle opportunità che la società non sa offrire ai suoi componenti più giovani, un incentivo individuale perché poi si arrangino come possono.
Ben altre - e concrete - risposte il Governo è disposto a fornire alle richieste di Confindustria. Allo scopo sono pronti svariati strumenti: il Decreto Sostegni bis, lo stop alla proroga del divieto di licenziamenti, la nuova normativa sugli appalti in via di elaborazione.
Il decreto sostegni bis prevede uno stanziamento di circa 40 miliardi di euro in totale, che dovrebbero servire a contenere l'ulteriore diffusione del contagio e a fronteggiare le conseguenze economiche e sociali della pandemia. Fatto sta che, della cifra stanziata, oltre 15 miliardi vanno direttamente alle imprese, per un pacchetto di contributi a fondo perduto, e stavolta, a differenza del primo decreto sostegni, senza alcuna limitazione di settore industriale, o di classificazione delle attività economiche. Posto che per usufruirne le aziende dovranno dimostrare un calo di fatturato, resta solo da immaginare la mole di salti mortali che redattori di bilanci e studi di commercialisti metteranno in campo per non farsi scappare l'occasione. Un altro paio di miliardi andranno alle imprese sotto forma di esenzioni dal pagamento di Tari, bollette elettricità, sostegni di vario genere, e altri 9 miliardi per facilitare l'accesso al credito, sotto forma di garanzia pubblica di portafoglio, moratoria sui prestiti, agevolazioni fiscali, crediti d'imposta, etc.
Se a qualcuno fossero rimasti dei dubbi circa il reale obiettivo del decreto, faccia conto che la cifra stanziata per il rafforzamento del sistema sanitario in risposta alla pandemia è pari a 2,8 miliardi di euro; la cifra stanziata per le azioni a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, delle persone e delle famiglie in difficoltà economica è pari a 4,2 miliardi; per gli Enti pubblici locali, che hanno dovuto affrontare misure straordinarie nei territori, 1,9 miliardi, di cui la miseria di 500 milioni per il trasporto locale, straordinario veicolo di virus, dato l'affollamento delle vetture; 1,4 miliardi di euro per i giovani, il sistema scolastico e universitario; briciole per 50 milioni di euro allo sviluppo della ricerca fondamentale, per quanto si sia dimostrata indispensabile proprio in occasione della pandemia.
Come se non bastasse, Confindustria ha trovato il modo di lamentarsi, per bocca del suo presidente Bonomi, anche del blocco dei licenziamenti: "Ricordo che è una misura che stiamo adottando solo noi a livello planetario, siamo col blocco da febbraio 2020 " ha sentenziato. Prontamente, nonostante la flebile protesta dei sindacati, ne è stato disposto lo sblocco. E nonostante il dibattito all'interno del Governo sulle modalità da adottare, dal 1 luglio liberi tutti: largo ai licenziamenti per tutte le aziende, tranne quelle che usufruiranno ancora della Cig ordinaria e straordinaria senza pagare i contributi addizionali fino al 31 dicembre.
Nessuno ha la sfera di cristallo per sapere cosa succederà dopo l'estate, ma una cosa è certa: il "bene del Paese" non ha niente a che vedere con gli interessi degli industriali.
Aemme