Il 3 ottobre 2013 un barcone libico carico di migranti affondò in mare proprio di fronte alle coste di Lampedusa. Le vittime accertate furono 368 e circa una ventina i dispersi presunti. Dopo sei anni da quella che è considerata una delle tragedie più gravi avvenute nel Mediterraneo dall’inizio del nuovo secolo, e dopo uno stillicidio di migliaia di morti annegati ogni anno nel nostro mare, dalle coste africane si parte ancora e di fronte alle coste italiane si muore ancora
Dalla commemorazione delle vittime del naufragio di Lampedusa del 2013 erano passati solo quattro giorni, quando un altro naufragio di fronte a Lampedusa ha provocato l’ennesima tragedia. Tredici corpi recuperati in mare, tutti di donne o bambini, ma secondo le testimonianze dei sopravvissuti potrebbero mancare all’appello dalle quindici alle trentacinque persone. La dinamica dell’affondamento segue purtroppo una sequenza già vista: all’arrivo dei soccorsi, i naufraghi che si spostano tutti insieme in direzione della salvezza, la barca carica all’inverosimile che non regge e si rovescia, niente giubbino di salvataggio, nessun salvagente, le vittime che annegano sotto gli occhi dei soccorritori. Niente di nuovo nel Mediterraneo, se sono vere le stime secondo cui, da quel 3 ottobre 2013 di sei anni fa, i morti sono stati almeno 19.000, oltre mille solo dall’inizio di quest’anno. E chissà quanti non sono stati contati, soprattutto da quando i vari programmi come Mare Nostrum e Sofia sono stati interrotti, e i migranti lasciati al loro destino.
Se qualcosa è cambiato in sei anni, sono forse le vicende di chi sul dramma dei migranti ha costruito la propria fortuna politica. Tutti i capi dei partiti sovranisti europei e dei vari movimenti razzisti, neofascisti o neonazisti che affondano le radici nella crisi che scuote da un decennio il continente, hanno attinto a piene mani dalle opportunità di condizionamento ideologico che offre il fenomeno dell’immigrazione. Nessun argomento è parso di più facile utilizzo che scaricare sui migranti il pesante bagaglio della miseria, della disoccupazione, della mancanza di servizi di cui è sovraccarica la maggioranza della popolazione. In Italia ne abbiamo avuto dimostrazione dal portentoso balzo in avanti della Lega di Salvini, che in pochi mesi, utilizzando l’altoparlante del Ministero degli Interni, ha moltiplicato voti e consensi. Una scalata facile e rapidissima, praticamente a costo zero, tutta a carico di chi in mare continuava a morire, e usando spudoratamente argomenti falsi; ma di sicuro con un certo acume e molto senso dello spettacolo. Difficile infatti negare l’abilità con cui ha giocato sui simboli: come le Organizzazioni non governative presunte alleate degli scafisti, lo scontro con la “capitana” Carola Rackete, per giunta donna e giovane, facile da schernire e da additare agli idioti dei commenti sui social, la grancassa contro l’accesso delle navi ai porti, il sequestro di migranti per giorni e giorni sulle navi, senza pietà sotto il sole o con il mare grosso, la propaganda sulla presunta diminuzione degli sbarchi, ecc. ecc.
Senonché, oggi che il Ministero degli Interni ha cambiato casacca, tutta questa cianfrusaglia ha fatto il suo tempo. Non si può dire che non serve più, serve ancora e all’occorrenza servirà; c’è una fetta di popolazione molto affezionata a questi temi e molto manovrabile per questa via, per cui è certo che non verrà abbandonata. Ma ci si può permettere di far trapelare anche qualche notizia più sensata, e un approccio più razionale. Tanto è vero che il Sole 24 Ore del 1.10.19 ha pubblicato un’inchiesta sugli sbarchi che esordisce così: “Abbiamo passato tutto questo tempo ad assistere al braccio di ferro fra la politica e le Ong mentre la maggior parte degli sbarchi avviene in maniera indisturbata con barchini, facebook e contatti Skype”. A quanto pare, solo il 20% delle persone sbarcate in Italia lo hanno fatto su navi mercantili, navi di Ong o soccorsi dalla Guardia costiera. L’80% è approdato in maniera autonoma, con gommoni, barche o barche a vela. Sono dati del Viminale, quindi dati ufficiali aggiornati a fine settembre. Del resto non sono nemmeno una novità, perché persone su gommoni e piccole barche approdavano a Lampedusa, riprese dalle telecamere, anche mentre le navi delle Ong sostavano cariche di immigrati lontane dal porto.
Gli sbarchi in Itala a quanto pare sono diminuiti, e si attesterebbero intorno alle 7.000 persone; ma quanto alla diminuzione dei morti in mare, altro argomento utilizzato a promozione della politica governativa, non ci sono dati a sostegno di questa tesi. Di più: se non viene attuato nessun programma di monitoraggio, controllo e soccorso in mare, semplicemente non sapremo mai né quanti sono i migranti che portano a termine il loro viaggio, né quanti sono quelli che lo finiscono in fondo al mare. Così conferma il procuratore di Agrigento Salvatore Vella: “Non possiamo dire che siano davvero questi i numeri. Gli sbarchi fantasma sono quelli in cui l’imbarcazione accompagna i migranti sulla spiaggia, i migranti scendono e l’imbarcazione torna indietro. Quindi gli sbarchi fantasma non vengono per la maggior parte individuati. Il numero di approdi che conosciamo è solo una stima del totale ed è sicuramente una stima per difetto. Per gli sbarchi fantasma a volte non abbiamo nessuna traccia dell’imbarcazione”.
Aemme