L'accordo siglato lo scorso marzo tra Lenin Moreno, presidente dell'Ecuador, e Christine Lagarde, allora direttrice del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha conseguenze drammatiche contro le quali le masse popolari protestano.
Mentre paesi come gli Stati Uniti o la Francia possono prendere denaro in prestito a tassi quasi nulli o addirittura negativi, lo scorso gennaio l'Ecuador ha dovuto accettare un tasso d'interesse del 10,75%, segno che i banchieri e i mercati finanziari hanno considerato il paese vicino al fallimento.
Due mesi dopo, in cambio di aliquote ridotte, il FMI, insieme ad altre istituzioni, ha imposto drastici risparmi sul bilancio dell'Ecuador, compreso la fine delle sovvenzioni corrispondenti alla metà del prezzo del carburante. Lenin Moreno non voleva far pagare le classi ricche.
Eletto nel 2017 contro un avversario banchiere, Lenin Moreno era stato il Vicepresidente di Rafael Correa, che tra il 2007 e il 2013 aveva mandato il FMI a quel paese per provare a ridurre la povertà grazie ai proventi del petrolio. Una volta eletto, la sua politica, apertamente antioperaia e sottomessa a quella degli Stati Uniti, ha presto deluso la popolazione. Con gli attacchi di Moreno, alleato con il dirigente dei padroni che ha fatto suo ministro delle finanze, la rabbia ha seguito la delusione. La pressione del FMI, agente esattore delle banche, ha fatto esplodere la pentola.
J. S