Il primo governo Conte si è dedicato molto di più a sfornare misure contro i migranti, caldeggiate particolarmente da Salvini che a mettere in pratica le pur modeste riforme sociali volute da Di Maio. Così i Decreti sicurezza hanno inasprito le condizioni per il soggiorno dei migranti rendendo loro sempre più difficile l’accesso a casa e lavoro. È stato abolito il permesso di soggiorno per motivi umanitari, che poteva essere rilasciato per due anni, e lo Sprar (sistema di aiuti e protezione per i rifugiati). Sono state introdotte anche altre limitazioni come ad esempio la restrizione del diritto di manifestare, tutto questo senza che il Movimento 5 stelle avesse niente da eccepire. Salvini, appoggiandosi sui diffusi pregiudizi xenofobi, è apparso il ministro più efficace,capace di difendere la classe lavoratrice dagli immigrati stranieri che “rubano il lavoro e le case” e sarebbero quindi responsabili dell’aggravarsi della situazione della classe operaia. Molti lavoratori approvano la politica di Salvini anche perché di fatto non esistono altre forze politiche che sappiano, con decisione, indicare loro un’altra prospettiva!
Intanto si sta verificando una tra le più grandi migrazioni interne ed esterne: pare che tra il 2002 ed il 2017 circa due milioni di persone si siano spostate dal sud al nord dell’Italia o all’estero, il sud si sta svuotando. Se facciamo una verifica dei dati si può vedere che una parte di questi lavoratori sono poi tornati, ma mancano all’appello 852 mila persone circa gli abitanti di una città come Napoli! Sono di fatto di più gli italiani che si spostano dal sud al nord o all’estero che gli immigrati stranieri che decidono di rimanere al sud. Chi sono quindi gli immigrati? Gli italiani o gli stranieri? Al sud viene a mancare soprattutto la manodopera giovane, qualificata e specializzata che cerca altrove condizioni di lavoro e di vita migliore. Chi resta spesso non è specializzato, è spesso più anziano e appartiene ad una fascia di età difficilmente ricollocabile. (I dati sono ripresi dal quotidiano La Repubblica del 2/8/2019): questo squilibrio, che si concretizza in una differenza di pil notevole tra le regioni del sud e del nord, non fa altro che approfondire il divario tra il capitalismo italiano e quello dei paesi europei più sviluppati.
In questa situazione, il processo per la costituzione delle “autonomie differenziate”, avviato dal governo Gentiloni, caldeggiato dalla Lega, ma non ancora compiuto, va proprio nella direzione di aumentare il divario tra nord e sud.Se ciascuna regione investe secondo le proprie risorse saranno sicuramente le regioni del sud le più penalizzate. Al sud ci saranno le scuole peggiori, la sanità peggiore e, in generale, i servizi peggiori. Si potrà obiettare che la situazione è già in gran parte così, è vero, ma rendere istituzionale il divario regionale renderà quasi impossibile ogni tentativo di miglioramento per le regioni più povere. Anche il salario dei lavoratori del sud, seguendo questa logica, diverrebbeancora più basso e si scivolerebbe verso quelle gabbie salariali che il movimento sindacale ha contrastato da decenni.
Se questo è il quadro che si prepara, ci sarà ancora più gente che dal meridione fuggirà in cerca di una vita migliore. Presto saranno di nuovo i meridionali accusati di“rubare il lavoro” ai disoccupati del nord. Ci sarà da aspettarsi un ritorno alla Lega delle origini che se la prendeva con i “terroni”. Per non parlare dei giovani italiani che cercano lavoro all’estero, “rubandolo” ai coetanei locali.
Ma a questa guerra insensata tra lavoratori di varie regioni e nazionalità ci si può opporre. Innanzitutto rivendicando il principio “a eguale lavoro, eguale salario”, senza differenze di sesso o di nazionalità. I pregiudizi razziali e sessisti fanno comodo solo a chi, scatenando i lavoratori gli uni contro gli altri, vogliono sfruttarli tutti nelle peggiori condizioni possibili, appoggiandosi sulla loro divisione.
CP