I lavoratori dell’Ilva prigionieri della crisi politica

In pieno agosto, la politica borghese, nelle sue varie componenti parlamentari, ha dato sfoggio della propriainconcludenza. Si è aperta una crisi politica avente come protagonisti chi aspirava ad elezioni anticipate, chi voleva rinegoziare gli equilibri interni alla maggioranza di Governo, e chi, per evitare una nuova tornata elettorale, si è dimostrato disponibile a formare nuovi Esecutivi attraverso spregiudicate ed inedite alleanze parlamentari. In questo nuovo teatrino della politica borghese sono emersi tatticismi esasperati, comportamenti trasformistici e azioni politiche mosse dall’assoluta incoerenza:quello che si diceva solo qualche settima fa è ormai dimenticato, i nemici di ieri diventano, senza colpo ferire, gli amici di domani e viceversa.

Tutto questo è avvenuto tralasciando i problemi concreti della classe operaia, lasciando a se stesse crisi aziendali che rischiano di incancrenirsi peggiorando così la situazione occupazionale di migliaiadi lavoratori coinvolti. Solo per fare un esempio, la Repubblica (edizione on-line del 23 agosto) riportava la notizia di come le vicende parlamentari abbiano reso 14 mila operai dell’Ex Ilva «ostaggi» della crisi politica in atto, una situazione confermata dallo stesso capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi di Maio, che, uscendo dallo studio degli Specchi del Quirinale, nella consueta conferenza stampa, ha strumentalmente dichiarato, davanti ai giornalisti, che a causa della crisi, il Consiglio dei ministri non riesce ad approvare le leggi che servono a salvare il lavoro a migliaia di italiani: «Whirlpool a Napoli con 400 operai rischia di chiudere, la ex Ilva di Taranto con migliaia e migliaia di lavoratori è sospesa in un limbo, la ex Alcoa in Sardegna non può riaprire, i rider non avranno le tutele che hanno gli altri lavoratori».

Tra i provvedimenti rimasti ostaggio dello scontro parlamentare ci sono tutte una serie di iniziative legislative che avrebbero dovuto intervenire su alcune crisi industriali in atto e su problematiche specifiche legate al lavoro: stanziamenti di circa 3,5 milioni per le emergenze in Sardegna (Portovesme con la ex-Alcoa e Porto Torres), 30 per la Sicilia (Termini Imerese con Blutec in prima fila), un milione per Isernia, agevolazioni tariffarie per le industrie energivore (ancora la ex-Alcoa), nuove tutele per i rider, la proroga delle retribuzioni dei lavoratori socialmente utili e la stabilizzazione dei precari Anpal, oltre al decreto salva Ilva. Un decreto considerato vitale per l’acciaieria di Taranto: il 6 settembre scade infatti la cosiddetta immunità per i proprietari e gli amministratori della ex Ilva, e senza il decreto in stand-by il gruppo indoeuropeoArcelor-Mittal potrebbe rinunciare all’investimento in Italia accentuando la «voglia di fuga» della nuova proprietà costretta a misurarsi anche con il calo del mercato europeo dell’acciaio, per il quale ci sono 1400 lavoratori Ilva in cassa integrazione, e con la chiusura dell’Altoforno 2 stabilita dalla magistratura. All’incertezza prodotta dalla politica borghesea Taranto si è aggiunto un ulteriore problema che ha alzato la tensione tra gli operai e l’azienda: il sindacato di base Usb ha proclamato un giorno di sciopero per il 2 settembre, dopo la distribuzione agli addetti dello stabilimento di una tuta dotata di microchip. La novità era stata annunciata ai sindacati il 17 giugno quando la direzione aveva spiegato come lo scopo dell’iniziativa fosse quello di garantire la tracciabilità del ciclo di vita della tuta, strumentale al lavaggio e alla sanificazione, nel rispetto delle norme di legge. L’Usb non ha firmato il documento finale, e ha, annunciando lo sciopero, ricordato che proprio le norme prevedono la necessità di un accordo preventivo con i sindacati: «Si può fare un uso distorto della tecnologia – dice Francesco Rizzo, coordinatore Usb Taranto -. Nelle tute ci sono gli operai e controllando le tute si possono controllare le persone». La Fiom-Cgil ha invece firmato il documento, ma senza considerarlo un verbale di accordo ediffidando l'azienda dall’iniziare ad utilizzare il sistema di controllo.

In un momento in cui le forze politiche parlamentari dimostrano aperte contrapposizioni, divisioni e incoerenze, emerge un tratto di unitaria coerenza nella loro azione politica: il disinteresse per le reali problematiche dei lavoratori, utili solo quando si vota o quando il loro sostegno serve a rafforzare istanze di frazioni particolari della classe dominante.

Pr. Ma.