Martedì 26 febbraio si è svolta sotto la sede della Amazon-Italia a Milano una protesta dei “driver”, gli autisti che lavorano per la Amazon in Lombardia. Il motivo principale di questa protesta erano i ritmi insostenibili.
Questi autisti lavorano per ditte d'appalto o subappalto. Cooperative e altri tipi di società che eseguono gli ordini della Amazon. Alcuni sono anche partite IVA o lavoratori “cococo” (collaboratori coordinati e continuativi). Questi ultimi, come i rider di Deliveroo o gli autisti Uber, possono teoricamente scegliere se lavorare o meno. È chiaro però che se vogliono avere ordini da parte dell'azienda devono essere più disponibili possibile. Comunque si è potuto verificare, tra i lavoratori presenti al presidio, che le condizioni sono pessime qualunque sia il loro datore di lavoro o tipo di contratto.
Tutti, dalla mattina alla sera, devono sempre correre. Il tempo per caricare è ridottissimo e devono subito scappare per consegnare pacchi sempre più numerosi. Il numero di consegne per un driver può arrivare a 160 pacchi al giorno, cioè una media di 3 minuti a pacco per le 8 ore di lavoro quotidiano. I lavoratori hanno protestato contro una gestione che li mantiene sempre sotto pressione. I loro turni sono fatti in modo che non ci sia tempo per mangiare, bere o addirittura andare in bagno. Il programma che gestisce i turni non tiene alcun conto degli incidenti stradali, del traffico o solo del tempo di attesa del cliente sotto casa. Questo programma informatico serve a spremere meglio i lavoratori. Appena sul GPS si vede che un furgone è fermo, l’autista viene chiamato.
Per i driver la consegna a domicilio significa andare su e giù per le scale dei palazzi milanesi. Molti sono giovani, ma quanto tempo riusciranno a moltiplicare le consegne al quinto piano? Inoltre, per vincere le gare d’appalto le aziende risparmiano sul materiale. I furgoni vanno in giro con le gomme lisce, senza frecce o a volta con porte che non chiudono più. Le trattenute sul salario si moltiplicano. Appena c’è un graffio sulla carrozzeria l’azienda preleva 200€ sulla busta paga.
Contro queste condizioni di lavoro, la pressione permanente e le paghe bassissime gli autisti della Amazon si sono fatti sentire. Una protesta che non fa che cominciare contro un'azienda che appartiene all'uomo più ricco del mondo Jeff Bezos, la cui fortuna quest'anno è stata triplicata.
Corrispondenza Milano