Anche la sicurezza e un’opinione

Il Governo Salvini-Di Maio ama le parolone. Dopo il decreto DIGNITÀ, ecco il decreto SICUREZZA. Come per il primo, nella sostanza del decreto poca attinenza alle promesse, ma attacchi concreti e repressione per gli immigrati


Il rapporto Censis sul 2017, che - come avviene ogni anno da una cinquantina d’anni - si occupa dei fenomeni socioeconomici in atto nel nostro Paese, descrive lo stato d’animo della popolazione italiana con una parola pericolosa: “Rancore”. Gli anni della crisi, della disoccupazione e dell’impoverimento, aggravate dall’assenza di una guida e di concreti obiettivi per le classi sfruttate, hanno prodotto le condizioni ideali in cui possono sguazzare a loro agio i peggiori fanfaroni e i più infidi manipolatori delle paure, vere o indotte che siano. Secondo il Censis, l’84% degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78% nel Governo, il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali, il 60% nella democrazia. Ciononostante, più o meno il 73% di loro si è recato alle urne nelle ultime elezioni politiche, e con l’occasione ha votato chi prometteva “un cambiamento”, e/o comunque prometteva di restituire tutele tolte o mai avute. Sta andando come era prevedibile: delle promesse resta soltanto una buccia senza contenuto; avanzano invece provvedimenti repressivi travestiti da nuove garanzie, che trovano un terreno favorevole nel “rancore” di cui parla il Censis e una valvola di sfogo nel populismo, nel sovranismo e nella paura dell’immigrato.

Il Ddl 840/2018, approvato il 27 novembre in via definitiva dalla Camera, segue esattamente questi percorsi. Sul testo il Governo non ha avuto scrupolo di mettere la fiducia. Ricordiamo che gli stessi partiti che oggi la utilizzano ne avevano criticato aspramente l’uso da parte dei precedenti esecutivi; ma ormai è acqua passata, e le vecchie opposizioni oggi al potere non sentono il bisogno di esibire coerenza. Il testo è variegato, anche se i vari provvedimenti hanno in comune l’avversione contro chiunque si trovi al margine della società, e sia percepito – a torto o a ragione – una minaccia per i buoni borghesi. Vanno in questa direzione l’introduzione del reato di “esercizio molesto dell’accattonaggio” (da 6 mesi a 3 anni se sono impiegati i minori) e pene più aspre per i parcheggiatori abusivi; ma anche la sperimentazione della pistola a impulsi elettrici per i vigili urbani.

Il vero obiettivo però sono gli immigrati, per i quali è abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito dai permessi speciali temporanei, previsti solo per sei fattispecie specifiche (ad es. i gravi motivi di salute o le calamità nei Paesi di origine o l’essere vittime di tratta); non è più riconosciuto per cittadini stranieri vittime di persecuzione politica o di genere nel loro Paese…una tutela prevista in Italia dal 1998. Si attua la revoca o la negazione della protezione internazionale anche nel caso il rifugiato si macchi del reato di furto in abitazione, compreso quello non aggravato. D’altra parte, il Ministero degli Esteri dovrà redigere un elenco di Paesi “sicuri”, Paesi cioè che – sulla base di informazioni ufficiali di agenzie europee e internazionali – non presentano rischi, e pertanto la domanda di protezione internazionale sarebbe considerata del tutto infondata. Va da sé che vengono aumentati i fondi per il respingimento e il rimpatrio, che raggiungeranno un milione e mezzo di euro nel 2019 e nel 2020. Inoltre, la permanenza nei Centri di permanenza per il rimpatrio si allunga da 90 a 180 giorni, e vale anche per i richiedenti asilo; questi ultimi possono essere trattenuti fino a 30 giorni nei Cas, centri di accoglienza straordinaria, prima di essere trasferiti nei suddetti Cpr. Quindi, anche solo per determinare la sua identità, un richiedente asilo potrà essere praticamente carcerato per 210 giorni senza aver commesso reati di alcun genere, e anzi: se ci sono minori, anch’essi con le loro famiglie possono essere detenuti nelle strutture di prima accoglienza o negli “hotspot” alle frontiere. Nel provvedimento si ridimensiona anche il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), e con esso i progetti di accoglienza integrata che erano stati finanziati e realizzati da diversi Comuni: saranno limitati solo ai minori stranieri non accompagnati e a chi è già titolare di protezione internazionale. Per finire, i richiedenti asilo non potranno essere iscritti all’anagrafe né avere una residenza né quindi un lavoro regolare.

Che il decreto sicurezza sia in realtà un decreto insicurezza, come sostengono le opposizioni, per le migliaia di disperati pronti a tutto che potrebbe creare, è difficile negarlo. Facile immaginare nuove leve per la manovalanza criminale, ma ci sono anche implicazioni più sottili ma non meno disastrose, come fa rilevare il ricercatore di Eurispes Marco Omizzolo sul Fatto Quotidiano del 6 novembre u.s.: “Quello che sta emergendo nei territori è un legame sempre più stretto tra caporalato e cattiva prima accoglienza, con i Cas che diventano di fatto centri in cui caporali e padroni vanno a reclutare persone da sfruttare nelle campagne”.

Il cerchio si chiude: la realtà che è costata solo questa estate l’assassinio di un bracciante e la morte di altri 16, mentre venivano trasportati nei campi, stipati fino all’inverosimile su furgoni scassati, non si interromperà. Al cordoglio ipocrita di quando ci scappa il morto, fa da contraltare l’indifferenza reale per le condizioni di vita delle persone reali. Anzi, a quanto pare la legge di Bilancio non prevede l’istituzione del famoso “tavolo contro il caporalato” che avrebbe dovuto riunire varie istituzioni per la lotta a quella che viene definita a più riprese “piaga”. Ma è una piaga che fa comodo a molti sfruttatori e ne arricchisce tanti: per questo si tocca malvolentieri.

Aemme