Ha scritto Maurizia Ichino, responsabile italiana dell’agenzia non governativa Oxfam: “L’attuale sistema economico crea miseri e diseguali, offrendo lavori rischiosi, sotto-retribuiti e precari e abusando sistematicamente dei diritti di chi lavora. Basti pensare che oggi il 94% degli occupati nei processi produttivi delle maggiori 50 compagnie del mondo è costituito da persone “invisibili” impiegate in lavori ad alta vulnerabilità senza adeguata protezione. Le persone che confezionano i nostri abiti, assemblano i nostri cellulari, coltivano il cibo che mangiamo vengono sfruttate per aumentare i profitti delle corporation e degli investitori”.
Il capitalismo è questo. E non cambia. Le guerre, le persecuzioni, le siccità, contribuiscono, non meno delle crisi economiche a formare masse enormi di poveri che consentono alle imprese di utilizzare una forza-lavoro pagata pochissimo. Questo esercito industriale di riserva mondiale non è un “difetto” del quale ci si possa sbarazzare con una “migliore” gestione dell’economia capitalistica ma è parte integrante di questa. Le è indispensabile. L’ultimo rapporto della FAO denuncia il fallimento degli obiettivi che questa agenzia delle Nazioni Unite aveva lanciato: ridurre la fame nel mondo fino a debellarla completamente nel 2030. In realtà siamo tornati ai livelli di dieci anni fa. 821 milioni di persone di cui 151 milioni sono bambini sotto i cinque anni, sono denutriti. Un abitante della terra su nove rischia concretamente la morte per fame.
Sempre di più, il sistema capitalista si dimostra una trappola senza uscita per l’umanità.
RC