Nei giorni scorsi la Direzione regionale di Trenitalia ha annunciato nuove gare d’appalto per la pulizia dei treni. In un incontro coi sindacati, i rappresentanti di alcune imprese subentranti hanno sostenuto che la riassunzione dei lavoratori in forza alle precedenti ditte di appalto non sarà né completa, né automatica. I lavoratori si sono immediatamente mobilitati e ci sono stati presìdi e volantinaggi. Secondo un comunicato delle segreterie regionali dei sindacati firmatari del Contratto nazionale, “Trenitalia ha la responsabilità di aver gettato nel dramma l’intero settore con un cambio appalto che mette in pericolo la riassunzione dei lavoratori da parte delle ditte entranti”. In particolare si sottolinea che al rinnovo degli appalti questa volta sono destinate più risorse della volta precedente ed è quindi “inaccettabile per tutte le persone di buon senso” che non si proceda senz’altro al passaggio diretto degli attuali lavoratori nelle imprese subentranti.
Ma, se si confronta questa vicenda con tante altre sparse per il Paese, l’eventualità di licenziamenti non è così priva di senso. Dappertutto il padronato ripercorre gli stessi passi: ad ogni riorganizzazione del lavoro, ad ogni ristrutturazione, anche nei casi in cui queste si facciano non per mancanza di carichi di lavoro ma spesso per un loro aumento, i datori di lavoro cercano di imporre peggiori condizioni agli operai. Del resto, questa possibilità trapela dallo stesso comunicato aziendale di Trenitalia che, mentre assicura il mantenimento dei livelli occupazionali, precisa che questo vale per i lavoratori “con almeno 9 mesi dianzianità nelle medesime attività oggetto di gara”.
Si ripropone in modo drammatico, ancora una volta, la questione della “clausola sociale” che, al momento della firma del Contratto nazionale di lavoro delle Attività ferroviarie veniva presentata dai sindacalisti confederali nelle assemblee come un dato acquisito. In realtà quel contratto non contiene nessun vincolo certo per le ditte degli appalti. Anzi contiene un appiglio per sottrarsi alla riassunzione pura e semplice di tutti i “vecchi” dal momento che vi si legge, all’articolo 16, che le riassunzioni si faranno “a condizione che siano armonizzabili e coerenti con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante e in relazione al perimetro e/o ai volumi delle lavorazioni/servizi oggetto di appalti”.
Certo, nessuna clausola, di per sé, neanche la migliore del mondo, garantisce automaticamente i diritti dei lavoratori. Al momento opportuno, in ogni caso, bisogna mobilitarsi e scioperare anche per ottenere quello che è già scritto nero su bianco. Ma una vera “clausola sociale”, cioè l’obbligo della riassunzione di tutti i lavoratori conservando, come minimo, il trattamento contrattuale già acquisito, sarebbe stata un buon punto di appoggio per le mobilitazioni di oggi.
Corrispondenza ferrovieri Toscana