Tra i libri che, sulla scia del centenario della rivoluzione russa, troviamo o ritroviamo in libreria, merita senza dubbio una particolare attenzione “Da Lenin a Stalin” di Victor Serge.Come scrive il curatore, DavidBidussa, “Il testo si presenta come una storia sintetica dell’URSS, dalle premesse della rivoluzione del ’17 fino agli ultimi esiti rappresentati dai “grandi processi” e dalla repressione interna”. Sintetica lo è davvero, perché si tratta di un saggio di nemmeno duecento pagine. Pagine dense, che poteva scrivere solo un testimonedella Rivoluzione e della sua successiva deformazione reazionaria.
In rapidi schizzi sfilano i protagonisti degli anni che vanno dal 1917 al 1937, Lenin, Trotskij, Kamenev, Zinovev, Bucharin, Stalin. Ma Serge non si limita a questo: riesce a dare al lettore il senso di quegli anni, dalle grandi speranze dei primi anni, alla delusione degli anni successivi, dalle appassionate battaglie politiche all’interno del Partito bolscevico e dell’Internazionale Comunista, strumenti vivi di organizzazione proletaria, privi di orpelli, di formalismi e di burocrazia, alla trasformazione del partito in organo di una burocrazia sempre più vasta e vorace che si insedia in tutti i gangli dello stato e piega anche tutta l’Internazionale ai suoi interessi “nazionali”.
L’epilogo sono i processi di Mosca, attraverso i quali Stalin eliminerà tutta la vecchia guardia bolscevica. Serge documenta come, tra i maggiori dirigenti bolscevichi, le future vittime dello stalinismo vivessero l’avvento del terrore come un’onda potente contro la quale ogni sforzo di resistenza appariva vano. Tra le migliaiadi militanti meno noti dell’Opposizione, invece, la fiducia nell’avvenire non venne mai meno. Pur convinti che l’evoluzione andasse verso un periodo “termidoriano” non cessarono mai, finché ebbero un fiato di vita, di lottare e di rivendicare la bandiera rivoluzionaria e internazionalista dell’Ottobre.
Gli spunti che può suggerire la lettura di questo libro sono molti. C’è una riflessione che a noi appare importante e che rivela le peculiarità del pensiero di Serge come militante rivoluzionario: “A volte capita che i criteri morali assumano un valore più grande dei giudizi basati su considerazioni politiche ed economiche.
La politica e l’economia, per il loro aspetto estremamente complesso, fanno sì che nella formazione del giudizio possano avere peso statistiche e parole d’ordine ingannevoli. Anche possedendo un’ampia conoscenza delle cose, è spesso impossibile una conoscenza esatta di questi fattori. L’ingiustizia, il trattamento indegno, gli inganni verso coloro che solo ieri erano compagni, la degradazione umana, e il fatto che la polizia sia inserita nelle discussioni a livello di partito, tutte queste cose rivelano qual è la verità”. Più oltre scrive: “Non è vero, non è assolutamente vero che il fine giustifichi i mezzi…ogni fine richiede i propri mezzi e ciascun fine si raggiunge con i mezzi che gli sono congeniali.
La Rivoluzione, prosegue Serge, deve “trovare le proprie armi, e può andare avanti solo migliorando le condizioni materiali e morali delle masse. Più benessere personale, più libertà, meno menzogne, più dignità, più rispetto dell’umanità”. Queste parole furono scritte in un momento storico in cui i più “accreditati” intellettuali progressisti europei incensavano Stalin e i risultati dei piani quinquennali, fingendo di non vedere la catasta di morti che il regime della burocrazia “sovietica” stava accumulando in tutta l’URSS e riservando derisione e disprezzo ai “trotskisti” che denunciavano il carattere sempre più controrivoluzionario dello stalinismo.
DavidBidussa, nella sua introduzione, ricorda come la scarsa notorietà di Victor Serge, la sua assenza dal “Pantheon” culturale nel quale sono riusciti ad entrare Ignazio Silone, George Orwell o Arthur Koestler sia la più evidente prova dell’ipocrisia di chi sostiene che la coerenza alla fine paga, in termini di notorietà e di riconoscimento artistico. Serge fu infatti un eccellente scrittore, ma uno scrittore troppo scomodo, troppo poco disponibile a farsi usare per scopi che non condivideva. Ma per tutti quelli che sono venuti dopo di lui e che, come lui hanno militato e militano per l’emancipazione umana in una società comunista, Victor Serge non sarà mai uno sconosciuto.
R. Corsini