In Francia le elezioni precedenti, segnate in particolare dai successi del Fronte nazionale di Marine Le Pen, hanno evidenziato il grado di putrefazione del meccanismo di alternanza di governo che funge da democrazia nella repubblica borghese. Lo confermano, anche in peggio, i molteplici episodi che hanno preceduto l'elezione presidenziale prevista per 23 aprile 2017, che sarà seguita a giugno da elezioni politiche.
È in questo contesto che l'organizzazione Lutte ouvrière (Lotta operaia) partecipa alle elezioni presidenziali, con la candidatura di Nathalie Arthaud. Lutte ouvrière si presenta alle elezioni da quando ha ritenuto di avere la forza di parteciparvi, cioè dal 1974. Ma la crisi dell'economia capitalista, gli attacchi della grande borghesia contro i lavoratori, la decomposizione del sistema politico, rendono più che mai necessario di fare sentire un punto di vista comunista rivoluzionario.
Il programma portato avanti da Lutte ouvrière in questa elezione si rifà essenzialmente a ciò che Trotsky chiamava nel 1938 il Programma di transizione, per sottolineare che non mirava a trovare, nell'ambito del capitalismo, soluzioni impossibili alla crisi del suo sistema. Doveva essere un ponte che potesse condurre la classe operaia, a partire dalle sue esigenze di classe, alla coscienza che, per realizzarle, occorre attaccarsi alle radici del capitalismo e al dominio della borghesia. Oggi, si tratta di ispirarsi a questo programma per propagandare obiettivi essenziali per la classe operaia:
- Contro la disoccupazione, ripartizione del lavoro tra tutti senza diminuzione di salario.
- Contro il ribasso del potere d'acquisto, aumento generale dei salari e pensioni e loro indicizzazione ai prezzi. Cioè scala mobile dei salari e delle pensioni.
- E soprattutto, messa in discussione della proprietà privata dei mezzi di produzione mediante il controllo dei lavoratori su questi.
In mancanza di prospettive proprie, la classe operaia è disorientata di fronte al caos di una società borghese agonizzante. È vitale per tutta la società che conquisti una sua coscienza di classe fino alla sua espressione ultima: la volontà di rovesciare il potere della borghesia.
L'unica cosa utile che i comunisti rivoluzionari possono fare in queste elezioni è cogliere l'occasione di innalzare la bandiera della trasformazione rivoluzionaria della società. Nessuna campagna elettorale basterà a trasmettere idee e pratiche che derivano da decenni di battaglie operaie e che sono state rinnegate e abbandonate dai partiti riformisti e stalinisti. Ma occorre che la corrente che si riconosce in queste idee si faccia avanti e si esprima. Per la loro natura stessa, le elezioni generali, presidenziale e politiche, conferiscono alla politica rivoluzionaria un'altra dimensione che la semplice difesa degli interessi operai quotidiani. Conferiscono anche un'altra dimensione agli sforzi dei militanti nelle imprese o nei quartieri popolari.
Le ingiustizie permanenti dello sfruttamento o le mille turpitudini dei politici, della polizia e della giustizia spingeranno inevitabilmente nuove generazioni a contestare l'ordine sociale stabilito. Occorre che queste donne, questi uomini, oggi dispersi, prendano coscienza che non sono soli.
Servirsi delle campagne elettorali per suscitare nuove vocazioni militanti fra i lavoratori; dare loro la volontà di agire nel campo politico; portarli a prendere coscienza dei legami tra le conseguenze della loro situazione di sfruttati e di oppressi e la necessità di rovesciare il potere della borghesia, sono altrettanti passi verso la costruzione del partito comunista rivoluzionario.
Finite le elezioni, il lavoro politico dovrà continuare per convincere, rendere coscienti, trascinare i lavoratori. Non susciterà l'interesse dei media della borghesia e dei suoi clan di politici. Ma le idee rivoluzionarie non hanno bisogno dei grandi media per progredire nelle imprese, nei quartieri popolari. Ed è lì, comunque, che si preparerà il futuro.
A.F.