Unicoop tirreno presenta il conto ai lavoratori

Le crisi nei territori sono lontane dall’esaurirsi; non a caso alle tante aziende che annunciano esuberi si aggiunge anche Unicoop Tirreno, un marchio della distribuzione molto diffuso in Maremma e in generale su tutta la costa.


Che Unicoop Tirreno avesse da qualche anno problemi di tenuta ormai era diventato il segreto di Pulcinella; pur non conoscendone il bilancio nei dettagli, era voce comune che la cooperativa fosse in perdita ormai da tempo. Già altre Coop facenti parte della Lega delle Cooperative avevano subito negli anni pesanti perdite, con chiusura di magazzini in Campania, Lazio e Friuli. Unicoop Tirreno, la cooperativa con sede a Piombino, ha risentito d’altra parte sia della crisi generale dell’economia, sia di quella più specifica della zona, con la costante insicurezza sul destino delle sue fabbriche siderurgiche: i redditi delle famiglie operaie, tradizionale bacino di riferimento di Unicoop, hanno subito un declino costante, sia come numero di occupati sia come consistenza di reddito, aggredito da cassa integrazione e contratti di solidarietà.

Fatto sta che in sei anni, dal 2009 al 2015, Unicoop Tirreno avrebbe perso 100 milioni di euro, secondo il dato pubblicato sul Sole 24 Ore del 16.1.17; di cui 24 milioni solo nel 2014, e altri 17 milioni nel 2015. Bisogna tenere conto che anche per le aziende cooperative il settore commerciale è solo una parte delle attività che producono utili, mentre il settore finanziario è cresciuto in molti casi in modo abnorme, tanto da costituire spesso la fonte di profitti principale. Considerato che buona parte del patrimonio delle Coop è costituito dal prestito sociale, una forma di risparmio che raccoglie i depositi dei “soci” prestatori, Bankitalia ha ritenuto di dover intervenire, ingiungendo un rafforzamento del capitale, per rispettare le nuove regole del rapporto tra prestito sociale e patrimonio. Unicoop Tirreno è dovuta ricorrere ai prestiti da parte di altre Coop del Sistema Lega, richiedendo un “intervento di soccorso” per 170 milioni di euro. Naturalmente il problema non può esaurirsi così; Unicoop a questo punto è consapevole di dover essere convincente nei suoi programmi di risanamento. E quale argomento può essere più convincente dei tagli al personale?

I numeri dei tagli Coop hanno cominciato a circolare già a fine 2016, per diventare una minaccia concreta nel nuovo anno. Di punto in bianco, la stampa ha annunciato 481 esuberi a tempo pieno - cioè circa 600 posti di lavoro, considerando che per almeno il 50% si tratta di part time - la chiusura di una dozzina di punti vendita e la cessione di almeno 8 negozi. Di questi esuberi, ben 160 riguardano la sede amministrativa di Vignale Riotorto, e sembra siano difficilmente negoziabili. E’ previsto inoltre il blocco di alcune voci del contratto integrativo, per ridurne i costi di circa 7 milioni di euro l’anno, tra premi di produttività e altri istituti: un buco in busta paga di circa 100 euro al mese, per un lavoratore a tempo pieno.

Per la percezione che la popolazione locale ha avuto negli anni di Unicoop Tirreno, per le abitudini consociative adottate da sempre dalla sua direzione nei rapporti sindacali, i toni perentori usati in un annuncio del genere sono stati una novità assoluta. Inevitabilmente i sindacati confederali, ma soprattutto la Cgil, da sempre interlocutore privilegiato e abitualmente connivente, sono rimasti spiazzati, anche perché si parla tra l’altro di tagli ai permessi sindacali. Sarà interessante vedere come se la caveranno, di fronte a un attacco così massiccio e concreto, i funzionari sindacali abituati a operare per far digerire gli accordi ai lavoratori, ma non per organizzare seriamente delle rivendicazioni.

A gestire il personale Unicoop non ha chiamato un tagliatore di teste qualsiasi, ma addirittura Franco Giampaoletti, ex direttore generale del Comune di Genova, dal 1 marzo chiamato a ricoprire lo stesso ruolo al Comune di Roma. E’ lui che ha rotto gli indugi con tagli ed esuberi, lui che ha condotto la prima parte della trattativa; ma è bene essere consapevoli che – da chiunque venga sostituito – sarà difficile ottenere sconti. Non senza una seria mobilitazione.

I lavoratori Unicoop hanno dato prova in molte occasioni di capacità di risposte e di determinazione, come in occasione degli scioperi all’Ipercoop di Livorno degli scorsi anni. Sicuramente possono farlo con ancora più forza e decisione, ora che viene messo in dubbio il loro futuro. Anche se non conoscono nei dettagli i bilanci di Unicoop, perché non hanno accesso a tutti i maneggi della direzione, possono prendere atto di un punto fermo: per quanto si parli della necessità di un rilancio dei negozi; per quanto si lamenti la cattiva gestione da parte della dirigenza o si incolpi di tutto la crisi e il calo irreversibile dei consumi… di fatto chi viene chiamato a pagare la crisi in prima persona sono i lavoratori!

Corrispondenza Piombino