Cile - Lo sciopero dei minatori del rame

Da giovedì 9 febbraio, i 2.500 lavoratori della miniera di rame di Escondida, nel nord del Cile, sono scesi in sciopero per il salario. In questa miniera situata a 3.000 metri d'altitudine, dove le condizioni di lavoro sono durissime, hanno installato un accampamento e organizzano un fondo di solidarietà per reggere il più a lungo possibile.

In occasione del nuovo negoziato dei salari per il periodo 2017-2019, il sindacato dei minatori ha richiesto un aumento del 7% ed il pagamento di un premio annuale di 25 milioni di pesos (un po' più di 36.000 euro). La direzione della miniera ha proposto soltanto un premio di 8 milioni di pesos (11 700 euro), e nessun aumento generale dei salari. Essendo stata l'inflazione in Cile attorno al 4% durante i due anni scorsi, la rivendicazione dei minatori sarebbe soltanto un recupero. Solo con i premi annuali riescono a sbarcare il lunario.

Questa miniera produce il 5% del rame mondiale ed i suoi principali proprietari, i gruppi BHP Billiton (57%) e Rio Tinto (30%), sono ricchi a miliardi. Nonostante questo, si sono richiamati ad un calo dei profitti legato al ribasso dei prezzi del rame. Ma la BHP Billiton ha dichiarato a luglio profitti per 1,2 miliardi di dollari solo per il primo semestre dell'anno 2016, e la Rio Tinto, alla vigilia dello sciopero, annunciava 4,62 miliardi di dollari di profitti per il 2016.

Il ribasso del corso del rame è solo il pretesto per bloccare i salari. Del resto, quando questo era al massimo, nel 2006 e nel 2011, i lavoratori di Escondida avevano già dovuto scioperare per parecchie settimane per ottenere aumenti del salario e dei premi.

La direzione della miniera ha reagito rifiutando ogni ripresa delle trattative. Quanto al governo cileno, si è dichiarato ansioso, non per il tenore di vita dei minatori, ma per il PIL del paese. Come nel 2006 e nel 2011, questi dovranno contare sulla lotta, per imporre alla direzione di aumentare i salari, prendendo qualcosa dai profitti prodotti dal loro lavoro.

C. D.