Si riaccende il conflitto imperialistico in Ucraina

Gli scontri, innescatisi il 29 gennaio nell’Ucraina orientale, rappresentano il momento di conflitto più intenso da quando sono entrati in vigore gli accordi di Minsk del 2015, che avrebbero dovuto disciplinare una sorta di ritorno alla normalità nel territorio ucraino, di fatto diviso tra l’area soggetta alla sovranità di Kiev e quella delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. L’epicentro degli scontri è stata la zona della cittadina di Avdiivka, nella regione del Donbass. La ripresa delle ostilità ha indotto il presidente ucraino Petro Poroshenko ad interrompere la sua visita a Berlino. Sulla stampa internazionale si è fatto con frequenza riferimento all’insediamento negli Stati Uniti dell’Amministrazione Trump come motivo di fondo del riaccendersi del conflitto: l’esigenza di presentarsi su posizioni di forza di fronte al nuovo vertice politico del primo imperialismo al mondo e insieme la propensione a testare in qualche modo l’indirizzo della nuova Amministrazione nei confronti della crisi ucraina e della Russia.

Ma, al di là della pur fondamentale questione dell’attuale orientamento statunitense, il nodo ucraino riveste una conflittuale centralità fin da prima della maturazione del quadro imperialistico. Punto di snodo e di frizione delle influenze delle potenze in lotta per l’egemonia nell’Europa centro-orientale almeno fin dal XVII secolo, i territori oggi ricompresi sotto la (contestata) sovranità dello Stato ucraino, sono stati teatro di aspre contese e di momenti di poderoso conflitto anche nel corso delle due guerre mondiali. La fine dell’Unione Sovietica ha riproposto alla luce del sole la presenza in quest’area di una linea di faglia del confronto imperialistico globale. Stretti tra il magnete tedesco, pienamente risorto, l’azione di Mosca, volta a salvaguardare una presa su spazi come la Crimea, tuttora di importanza strategica per l’imperialismo russo, la proiezione di Washington, ancora in grado di intervenire nelle crisi del Vecchio Continente come “potenza europea”, e le mosse di potenze regionali come la Polonia, i territori ucraini, essi stessi segnati da storiche linee divisorie, sono tornati ad infiammarsi.

Recenti avvenimenti contribuiscono a mostrare come quest’area continui ad attrarre l’attenzione di molteplici centrali imperialistiche e possono a loro volta concorrere a determinare una situazione di permanente tensione che trova nelle zone ancora contese dell’Ucraina un punto nevralgico. Basti pensare alle forti turbolenze politiche che stanno attraversando la Romania, elemento cardine del fianco sud-orientale della Nato e che ospita una delle componenti dello scudo antimissile statunitense che ha suscitato aspre condanne da parte russa. Né la diplomazia di Berlino è rimasta inoperosa in un quadro regionale animato dal riacutizzarsi del conflitto ucraino. Ai primi di febbraio la cancelliera Angela Merkel ha effettuato una significativa visita in Polonia, interlocutore regionale tanto imprescindibile quanto delicato e impegnativo nell’orizzonte dell’azione della Germania nella propria storica sfera di influenza.

Dietro i colpi di artiglieria in Ucraina orientale si muove l’immane dinamica del confronto imperialistico che alimenta e conferisce drammatica sostanza al conflitto. Limitare lo sguardo politico ai diretti contendenti – il Governo di Kiev e le repubbliche separatiste – imbastendo un ragionamento ispirato a criteri da tifo variamente declinati (fascismo e antifascismo, democrazia occidentale e totalitarismo di stampo moscovita etc. etc.), significherebbe ignorare l’essenza imperialistica di questa guerra. Una guerra che per ora ha ancora la dimensione e i caratteri di una piccola guerra dell’imperialismo, stadio capitalistico capace di esprimere ben più vaste e devastanti forze distruttive, ma che sta già facendo pagare un doloroso prezzo alle popolazioni civili direttamente coinvolte. Oltre ad intossicare con il veleno del nazionalismo e della contrapposizione etnica il proletariato dell’area, che già nella storia ha sperimentato nel modo più terribile la violenza e l’inganno di cui è capace l’imperialismo.

P. Rosmar